lunedì 24 marzo 2014

Come un'alba di disillusione

Ho accennato ieri a queste due poesie, ideate e limate durante il fine settimana lungo a Milano (incidentalmente, la stazione di metropolitana più vicina a dove stavo era quella di Lima).
Sono scritte in endecasillabi non canonici, anche se per alcuni versi rimandano al mio periodo più "ingabbiato" dal punto di vista metrico, dato che per mancanza di quaderni a portata di mano le ho trascritte con la tastiera del cellulare proprio come facevo abitualmente i distici a struttura esametrica.

Il grosso limite dell'usare questo metodo anziché un foglio di carta e una penna o una matita (penna nera nel mio caso) è che si è costretti a effettuare subito qualsiasi scelta sapendo che essa non potrà coesistere con le alternative se non nel proprio pensiero: i messaggi di testo, per ora, non hanno scritte interlineari o scolio o note al margine, e anche nei programmi di videoscrittura che permettono di adottare una o più di queste soluzioni c'è sempre una "impaginazione principale" rispetto alla quale le altre non sono alternative, ma tutt'al più varianti.
Questo è uno dei motivi, probabilmente, per cui una poesia con carta e penna mi porta via molto più tempo per essere scritta mentre quando mi affido al qwerty (splendido nome parlante in labiovelare che porta a un livello mai visto l'onomatopea) del telefono i versi sembrano quasi venire da soli, specialmente se hanno una struttura metrica stringente.

Non che sia una sorpresa, in effetti: le tecnologie attuali, con la loro immediatezza, richiamano molto di più la dimensione dell'oralità anche quando fanno affidamento alla scrittura.

(e ora, finalmente, le poesie)


Pallidi sogni, la neve si scioglie
In lacrime alla luce del risveglio.


Due soli versi. Raramente ho scritto così poco ma, anche se mi sembra vi sia qualcosa di grossolano dal punto di vista degli effetti, mi pare che non ci sia nulla da aggiungere.


Ci baciavamo nell'assenzio, un tempo;
Quei giochi di lingua, quei dolci morsi,
Ricordo d'una vita scapigliata
Che non fu mai veramente la mia.
Ma tu, tu mai, neppure nei ricordi
Di vite passate, mai, mai le labbra
Intrecciate nei giochi dell'amore,
Mai le carezze dal brivido intenso.
Mai, solo l'ombra soffusa d'un sogno
Irreale, solo nuvole al vento.


Una confessione: a poesia ultimata, in questo caso, ero tentato di riscriverla in dodecasillabi per partire con "ci baciavamo nell'assenzio, noi due"; mi sono però ricreduto pensando a come, bene o male, le ripetizioni continue creassero nella seconda quartina un andamento peculiare che si infrangeva nella calma disillusa e vagamente nostalgica del distico finale.
Il tema, come si capisce abbastanza chiaramente, è una riflessione e quasi un bilancio di due amori conclusi, dei quali solo uno è stato corrisposto.

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