mercoledì 24 novembre 2010

Altra prova

Quella che segue è un'altra prova dello stesso schema metrico.
Stavolta, ho cercato di prendere in prestito anche qualche figura retorica e lo stile generale dall'epica, anche se il risultato non mi soddisfa più di tanto.

Il tema, che ci crediate o no, è qualcosa che mi frulla in testa da davvero parecchi anni, che risale a prima di alcune letture come la saga di Elric e altri fantasy a base di spade traditrici.
Solo oggi, improvvisando in poche decine di minuti -o forse lasciando fiorire quello che avevo covato a lungo-, sono riuscito a dare una forma metrica a questo tema.


Corrono in rotta i nemici sconfitti,
Perduto lo scontro.
Pure, non pago di morte il campione
Incalza chi fugge;
Stringe la lama ben salda nel pugno,
S'avanza feroce.
Quale leone che scorta la preda
Dall'erba più fitta
Subito balza con fare ferino
E s'avventa alla gola
Quando la preda, più debole, e ignara,
Rimane lontana,
Sola, lasciata più indietro dal branco
Che l'offre in tributo,
Pavido, al forte inuman cacciatore
Sperando salvezza,
Data al crudele la vita d'un membro,
Poter ottenere.
Pari al regale felino è il guerriero
Ch'accorre bramando
Sangue e massacri da tinger la lama,
Arnese infernale,
Ora e per sempre con tinte di morte,
Bestial desiderio.
Forte, egli abbatte nemici già vinti
Con colpi feroci
Niente egli celebra a parte la bestia,
Ben squallido eroe,
Gode nel dare una morte insensata
Che plachi con sangue,
Pianti, e con morte, quel nulla che sente
Nell'animo rude.
Empia, alimenta il massacro la spada
Lei beve la vita
Quando da corpi ormai prossimi a morte
Si perde, e ne sgorga,
Simile al fiato di estinta sorgente,
Arrossa la lama.
Nulla più resta davanti al guerriero,
I corpi soltanto
Privi di vita, di sangue, d'affetti
Un tumulo tristo.
Pure la brama non certo placata
Reclama altre vite
Nulla si para davanti al guerriero
Son vinti i nemici
Lungi scappati, cercando rifugio
Da opporre al crudele.
Perfida, brama la spada, il campione,
Mortale altro sangue;
Soli, nel campo lasciati dai vinti.
E s'affonda la lama
L'unica preda scorgendo al suo fianco
E muore, il campione,
Simile morte ai nemici ch'ha ucciso.
La spada ama il sangue.

domenica 21 novembre 2010

Esperimento metrico

Non sono ancora riuscito a mettere mano a niente di decente per nessun GdR, ma sto "covando" diverse idee sui manuali presi a Lucca. "covando" nel vero senso della parola: tengo i manuali sulle sedie.


In compenso, qualche giorno fa sono riuscito a concludere il primo lavoro con un nuovo distico di mia ideazione. E' l'evoluzione del mio endecasillabo dattilico, al quale accompagno un verso da sei sillabe accentato sulla penultima per ricreare lo schema di accenti di un esametro dattilico con cesura debole in settima sede.

Il tema della poesia, invece, è un po' un'autoriflessione su diverse cose che mi sono capitate di recente: tristezza per la vera natura di alcune persone accompagnata alla gioia che rimane comunque al ricordo dei bei momenti passati grazie a loro.


Corrono leste le nubi nel cielo
Ma passano lente,
Quasi irridendo, beffarde, le ore,
Antico splendore,
Mentre s'evolve quel cupo ricordo
Mal nato, e crudele
Figlio di molte cocenti illusioni,
Speranze irreali.
Stelle nel cielo, nascoste e celate,
Che fan capolino
Timide, incerte, fra nubi e tempeste
Rievocan sogni
Lievi, ricolmi di dolce abbandono;
Talvolta sicuri,
Quando richiamano i giorni felici
Da tempo passati,
Quelli trascorsi con gioia ed ingenuo
Sognare, perduto
Dietro a progetti mai resi reali
Ma dolci, ben dolci.

mercoledì 3 novembre 2010

Poesia e piani per il futuro

Sono tornato giusto ieri dal festival di Lucca, con tanto materiale da studiarmi e tante belle idee in testa per i giochi di ruolo, ma con meno tempo libero a disposizione per realizzare tutto entro breve.

Spero comunque di riuscire entro metà novembre a mettere on line una nuova versione di Avventure Per Il Mare riveduta e corretta, priva di un paio di errorini che ho notato solo dopo la stampa -come sempre.

Intanto, vi lascio con una poesia.
L'ho composta lunedì, mentre attraversavo col treno la campagna Toscana. Il metro è sempre quello dei miei endecasillabi dattilici, coi quali sto prendendo sempre più la mano, stavolta sciolti. Quarantatrè endecasillabi dattilici sciolti, per la precisione; niente di particolare, come metro ormai mi viene abbastanza naturale.
Quello che è particolare, invece, è la riflessione dietro alla poesia; riflessione sviluppatasi nelle ultime settimane, ma maturata negli ultimi giorni. La presa di coscienza dell'essermi innamorato, e di averne sofferto per un anno, d'un fantasma delle mie aspettative e dei miei sogni.
Spero che possa essere, finalmente, un modo per riuscire anche ad andare oltre, a mettere dopo tanto tempo la parola "fine" su quel periodo della mia vita, e della mia vena poetica, per riuscire in piena serenità a vivere e parlare e comporre d'altro.


Molto è cambiato dai giorni lontani,
Quando il mio canto a te sola levavo
Quasi sperando che quelle parole,
Scritte con arte sull'arte a me ignota,
Fossero chiave per darmi al tuo cuore,
Come da mesi, soffrendo, sognavo.
Prossimo, forse, è quel tempo per altri;
Pure, lontano lo sento, concluso
Dopo che l'ultimo specchio è caduto,
Velo squarciato a scoprire il reale
Dietro all'effimero sogno d'amore.
Ora capisco: non eri tu certo
Quella che amavo con tutto me stesso,
Forte con anima, e perso sentire;
Solo, lo spettro del sogno d'amore
Ebbe il tuo nome, il tuo aspetto, il tuo volto.
Mia fu la colpa, da solo mi posi
Nell'ingannevole laccio d'amore
Dietro a quel sogno, l'amata ideale,
Molto diversa, di certo, dal vero
Tuo modo d'esser, di agire, di fare.
Senza rimpianti ti vedo lontana.
Soffro, e anche molto, ma, stanne sicura,
Non certamente per te quale sei:
Cupo rimpianto mi prende al pensiero
D'essere solo, e svegliarmi al mattino
Senza quel sogno d'amata ideale
Quale, ricorda, non sei né sarai.
Vattene. Vivi la vita che cerchi,
Soffri i deliri, i capricci che crei.
Io solitario ricercherò ancora
Dietro ogni nome, ogni viso, ogni sguardo,
Questo mio sogno d'amore irreale.
Cerca sclerotica, certo, da pazzo.
Chiamami pazzo, se farlo ti aggrada:
Questo è quel nome che danno ai poeti
Quanti non vedono il mondo ideale
Delle speranze, dei sogni d'amore,
Dove corriamo noi folli, noi scalzi,
Verdi sentendo dell'erba carezze
Mentre nei salti sfioriamo quel cielo
Chiaro e splendente di luce e mistero,
Mentre la brezza ci bacia, soffusa.