domenica 18 gennaio 2015

Croniche pentadiendiare: atto VI

Martedì 23 abbiamo giocato l'ultima partita di D&D prima della pausa natalizia, l'ultima partita del 2014. Causa impegni vari la sessione è durata meno di quattro ore, ma è stata densa di avvenimenti: alcuni personaggi hanno guadagnato qualcosa, altri hanno perso qualcosa; gli eventi sono in moto, e i cambiamenti si profilano all'orizzonte fra le nebbie del domani.

Pseudoaulicità da panettone a parte, sul versante regolistico abbiamo iniziato a implementare alcune varianti della Dungeon Master's Guide, previa discussione delle stesse coi giocatori. Ve ne accorgerete dalla narrazione, almeno per una di esse.


ATTO VI


Sono trascorsi sette giorni dalla notte del lupo mannaro quando al villaggio di Ponte Nuovo arriva un forestiero decisamente inusuale: un altro dragonide, il primo della sua razza che Shamash abbia visto da molti mesi a questa parte.
I pochi avventori della taverna, ormai riaperta ma ben lontana dall'atmosfera di festa che vi aleggiava nei giorni precedenti alla scomparsa di Marisa Fogliarossa, guardano con stupore il secondo rappresentante di una genia tanto esotica fare la sua comparsa nel loro piccolo villaggio di frontiera. Anche lui sembra essere un combattente di qualche tipo: indossa una comoda armatura da viaggio sopra la pelle bronzeo-castana, e dal suo fianco pende il fodero di una spada.
Lasciati i compagni al proprio tavolo, Shamash si alza in piedi per dare il benvenuto al suo simile, e i due iniziano a tessere una fitta conversazione in lingua draconica. Il nuovo venuto, ben lieto di stringere la mano a un suo simile, dice di chiamarsi Aragak (1) e di essere un mercenario; i timori del nostro si placano quando il nostro venuto fa sapere di non appartenere al clan rivale che sterminò quello del guerriero, ma di essere bensì un esule volontario che ha abbandonato volontariamente le proprie terre e la propria gente, gli Araxal, per non essere più sottoposto alla tirannide dell'oppressivo Imperatore Draconico Yester Il Bianco
Sembra quasi che i due siano fatti per intendersi: entrambi spiriti liberi, entrambi legati alla propria gente ma insofferenti delle tradizioni che condannano i dragonidi a essere meri servitori dei draghi, entrambi forti guerrieri desiderosi di migliorare le condizioni dei propri simili... (2)

... anche per via della forte affinità fra i due, Aragak non si pone problemi nel rivelare a Shamash la meta del suo viaggio: egli sta abbandonando le terre ducali per arruolarsi fra le milizie di Nuova Igniger. Si è sparsa la voce che il regno voglia creare un nuovo reparto scelto composto interamente da dragonidi, e che a fine servizio i soldati verranno ricompensati con delle terre tutte loro di cui essere veramente padroni - un'occasione più che ghiotta, un'occasione che tenta il nostro eroe.
Così, dopo una bevuta al bancone, l'avventuriero invita il suo nuovo amico a sedersi al tavolo dei suoi compagni, da dove Quarion e Nete non hanno compreso un accidenti di niente di quanto i due si stavano dicendo. Dopo le presentazioni di rito, alquanto fredde nei confronti del mezz'elfo in verità (3), Aragak ripete anche agli altri due Eroi Di Ponte Nuovo quale è la meta del suo viaggio. Shamash fa balenare ai suoi la prospettiva di unirsi al dragonide, entrando a far parte dell'esercito di Nuova Igniger: dopotutto un ingaggio vale l'altro, e così lui avrebbe la possibilità di incontrare altri della sua stirpe.
Ma l'infernale vede subito una falla enorme in questo piano: lei è e rimane una devota (o attaccata al titolo?) *contessina* del Granducato Di Aquavernalis, e mai potrebbe allearsi alla nazione rivale; specialmente, come fa notare lo stregone, alla luce delle informazioni scoperte di recente riguardo alle manovre del regno per destabilizzare le zone di confine. Anzi, nel caso di un ulteriore peggioramento dei rapporti fra le due corone Nete potrebbe ritrovarsi nella spiacevole situazione di ostaggio, qualora venisse scoperta entro i confini del reame. Decisamente questa non è una via percorribile - non da tutto il gruppo quantomeno. Ma la possibilità di recarsi a Nuova Igniger è comunque interessante.
Congedatisi da Agarak, gli avventurieri continuano a rimuginare sulla questione, arrivando a stabilire che forse potrebbe valere la pena di intrufolarsi nel regno come spie a vantaggio di Aquavernalis, magari dopo essersi recati nella capitale per ricevere una qualche investitura ufficiale a riguardo. Shamash non è troppo contento di dover aspettare quasi due mesi per vedere altri suoi simili, ma dopotutto il piano sembra ben congegnato, e fare il doppio gioco a vantaggio del granducato potrebbe essere per la barda un modo per ottenere notorietà e influenza politica. Quanto a Quarion, approva il piano senza porsi troppi problemi.

Mappa alla mano (4), si decide di proseguire via terra fino al protettorato di Lusna (5) e da lì imbarcarsi su qualche chiatta fluviale in direzione della capitale.

I nostri decidono così di lasciare Ponte Nuovo all'alba del giorno successivo, e dedicano alcune ore a comprare delle provviste e a prendere commiato dalle autorità locali. Particolarmente sentito è il saluto a Rufio Salvi, il fabbro nonché capo delle guardie locali nonché "un figo" secondo tutto il gruppo; il borgomastro Lucilio Corsi, nel dire addio agli eroi che salvarono il suo villaggio, lascia loro alcune lettere di presentazione per le autorità locali e suggerisce al gruppo di recarsi anche da padre Arminio Silvestri, il prete locale: suo figlio Fabiano studia come corista (6) proprio a Lusna, e potrebbe fare da contatto per gli avventurieri.
Facendo tesoro del consiglio i tre si recano dunque dal sacerdote, fino ad allora molto assai snobbato da un gruppo che della religione non sa che farsene, e di certo valutano - per ora - di meno la lettera per Fabiano Silvestri rispetto al ronzino che Corsi ha loro donato per trainare il carretto su cui hanno posto tutti i loro averi.
A sera, infine, i nostri sono nella locanda e stanno sorseggiando la loro ultima birra prima della partenza, quando si avvicina loro un viandante giunto da poco...

... un simpatico gnomo, rispondente al nome di Gimble (7) Figlio Di Gimble, vetraio figlio di vetraio e nipote di vetraio (8). Egli ha lasciato il regno per dirigersi a Lusna, dove la fabbrica dell'enorme cattedrale in edificazione può fornirgli l'occasione ideale per mettere bottega; data la longevità della sua razza, infatti, ci vorrà molto tempo prima che possa ereditare il laboratorio paterno.
Quando ha saputo che anche gli Eroi Di Ponte Nuovo erano diretti nella stessa direzione ha deciso di viaggiare assieme a loro per godere di maggiore protezione, ed è anche disposto a pagarli per i loro servigi.
Gli avventurieri, in verità, sembrano non gradire molto il gioviale gnomo, ma dopotutto egli deve fare la loro stessa strada e la sua compagnia non pare certo rappresentare alcun rischio. Al contrario, Gimble si dice disposto a pagare loro una moneta d'oro al giorno, più una ulteriore moneta d'oro una volta giunti sani e salvi a destinazione.
Un facile guadagno insomma.
Quarion, Shamash e Nete accettano di scortare il vetraio: partiranno l'indomani all'alba tutti assieme. E, con estrema gioia, lo gnomo si dirige subito a informare della cosa Caterina Fogliarossa. *Quella* Caterina Fogliarossa, quella che gli avventurieri sospettano di aver ucciso la sorella, averne occultato il cadavere, aver rubato le feste, aver sputato nei loro boccali di birra ed essere in sostanza la fonte di ogni mala malvagità. Estremo è il disappunto di Gimble quando i nostri si dimostrano contrari a trascinarsi dietro anche la ragazza, accusandolo anzi di averli voluti trarre in inganno: come spiega loro, infatti, lui era convinto che la figlia del locandiere dovesse già partire con loro, dato che anche lei gli aveva precedentemente parlato della sua intenzione di partire per Lusna.
I nostri in questa faccenda vogliono vederci chiaro, e decidono di parlare sia con Caterina, sia col di lei padre Atarasso. L'equivoco viene chiarito rapidamente, e lo stesso locandiere conferma di aver, seppur a malincuore, acconsentito a che la figlia abbandonasse Ponte Nuovo; come dice lei stessa, e nel farlo sembra sincera ai sospettosi avventurieri, le è difficile vivere nel paese ora che sua sorella è scomparsa. Visti i fatti, i tre decidono che sì, scorteranno lo gnomo e la ragazza, ma vorranno essere pagati una moneta d'oro al giorno *a testa* più una ulteriore moneta d'oro *a testa* quando giungeranno a destinazione. Gimble stringe subito la mano ai tre, siglando l'accordo, e solo dopo specifica che la sua intenzione iniziale era pagarli un totale di due monete d'oro al giorno a testa.
Non proprio confortati dalle proprie scarse doti di contrattazione, i nostri nondimeno vanno a dormire, dato che la mattina dopo li aspetta un lungo cammino.

E' l'alba quando la piccola comitiva formata da Caterina, Gimble, Nete, Quarion e Shamash si mette in viaggio lungo la via ducale, accompagnata dall'umidità mattutina, dal cigolare delle ruote del carro e dall'occasionale ragliare di Geremia, il mulo del vetraio.

Il dragonide apre la fila, anche con l'obiettivo di stare il più lontano possibile dal loquace gnomo. E, forse per poterlo ignorare, forse per conoscerla meglio e poterla rivalutare, forse per aspettare che cada in fallo e tradisca uno dei suoi supposti orditi piani criminali, la barda passa la marcia a parlare con l'unica altra ragazza della compagnia.
Il pranzo viene consumato rapidamente mentre il gruppo è ancora in marcia, ed è solo al calare della sera che la ridottissima carovana si concede il lusso di una sosta da accompagnare a un pasto caldo. Caterina, figlia di locandieri, si offre di cucinare il pasto per tutti; vorrebbe fare un buon bollito aromatizzato con la lepre catturata da Shamash, ma questi non sembra apprezzare la possibilità di vedere un ottimo bocconcino sanguinolento rovinato dalla cottura.
Gli avventurieri stabiliscono quindi dei turni di guardia, durante i quali tutto procede senza problemi.
Anche la giornata successiva trascorre senza intoppi, praticamente identica alla precedente se non per la grossa preda che il guerriero riesce a catturare, un cervo che viene diviso equamente fra tutti i viandanti e perfino messo a cuocere in pentola, con risultati alquanto gustosi.
Ma, attorno al fuoco di bivacco, c'è un problema da affrontare, dato che la mattina successiva si incontrerà una biforcazione: bisogna decidere se prendere la strada più lunga ma battuta oppure se passare dalla via meno frequentata ma più breve, quella taglia attraverso Bosco Selce. Un tempo le pietre che si trovano copiose in quella foresta venivano raccolte e impiegate da artigiani locali, ma sono già trascorse diverse generazioni da quando l'area restò quasi deserta e quel tratto di strada venne lasciato a se stesso. Gimble è molto interessato alla possibilità di raccogliere campioni di selce: da bravo vetraio sa infatti che da essa si può ricavare dell'ossidiana, un vetro molto particolare e apprezzato nel fabbricare gioielli, mentre dal canto loro gli avventurieri non sono molto contenti di accorciare il viaggio e ridurre dunque la propria paga.

Pure alla fine acconsentono alla richiesta dello gnomo, e così la mattina dopo il gruppo si dirige verso il sentiero che si addentra fra gli alberi, comprendendo ben presto il perché del nome della foresta: non è difficile trovare per terra campioni di selce anche piuttosto raffinati, un vero e proprio patrimonio per chi non conosce l'arte della metallurgia ma sfortunatamente inutili in un'epoca di bronzo e acciaio. Gimble è euforico, e rallenta parzialmente la marcia fermandosi a raccogliere ogni esemplare che gli sembri interessante. Anche per questo, forse, la giornata è più estenuante rispetto a quelle precedenti, ma se non altro già prima del mezzogiorno successivo si dovrebbe uscire da Bosco Selce.




Tutto sembra procedere per il meglio, fino a quando poco prima del tramonto Shamash non si allontana per catturare qualche altra preda: mentre sta tornando al bivacco il dragonide ha infatti la spiacevole sensazione di sentire rumore di passi felpati alle proprie spalle, e quando si gira scorge con la coda dell'occhio due sagome umanoidi che si dileguano fra i cespugli. La notizia mette gli avventurieri sul chi vive, ma ciononostante la cena e il primo turno di guardia trascorrono senza intoppi.
Le cose vanno diversamente, mentre è Quarion a vigilare sul sonno dei compagni: d'improvviso il mezz'elfo viene colpito da due dolorosi proiettili di fionda, e non fa in tempo a dare l'allarme che quattro sagome umanoidi e contorte si levano dalle ombre e si dirigono contro il gruppo. Caterina e Gimble sono in preda al panico, è questo il momento per gli avventurieri di guadagnarsi la propria paga.


Il guerriero e la barda sono lesti ad alzarsi e a impugnare le armi, anche se il primo non stava dormendo con indosso la sua armatura e deve quindi contare solo sulla scarsa protezione offertagli dal gambeson. Nondimeno riesce col suo soffio a ferire due degli aggressori, che si stavano buttando in corpo a corpo su di lui - percepito forse come il più pericoloso del gruppo?
Nete si dà da fare con la balestra, mentre Quarion dapprima lancia un incantesimo di luce per permettere a Shamash di vedere cosa sta accadendo, quindi... quindi viene raggiunto da una delle creature rettiloidi, che emana un odore a dir poco mefitico, qualcosa di impossibile da sopportare.
Mentre lo stregone viene colpito dalle creature, che sembrano utilizzare solo rudimentali armi in pietra, i dardi della balestra dell'infernale fischiano nell'aria e il martello del dragonide spacca le ossa dei suoi non troppo simili. Pur se ferito gravemente, il mezz'elfo incanala il suo potere magico in una serie di raggi roventi, diversi dei quali centrano il bersaglio spandendo nell'aria uno spiacevole odore di carne sporca e putrefatta arrosto. Lo scontro ormai è segnato, e anche se Quarion riporta diverse ferite i nostri riescono nondimeno ad aver presto ragione degli aggressori.

Aggressori che, come si comprenderà in seguito, dovrebbero essere dei trogloditi: una razza rettiloide e primitiva, abitante del sottosuolo e poco incline all'avventurarsi in superficie anche a causa di una forte fotofobia. Che cosa può averli spinti ad attaccare così lontano dal sottomondo? La risposta è davanti agli occhi del gruppo: perché i trogloditi ignorano l'arte della metallurgia, e sono dunque costretti a utilizzare armi in pietra; e poche pietre sono migliori della selce per creare lame e punte di freccia, dopotutto. A conferma di questa tesi, non solo i proiettili di fionda che hanno colpito lo stregone erano grossi pezzi di selce, ma ogni aggressore aveva una rozza borsa in pelle colma di tali pietre.
Il problema a questo punto è un altro, capire se questi erano gli unici trogloditi della zona o se piuttosto c'è un'intera banda da affrontare. In ogni caso è necessario che il gruppo si goda un riposo come si deve, dato che Quarion ha quasi esaurito le sue energie magiche.

Il sole è già alto quando, la mattina dopo, i nostri riflettono sul da farsi.
Se ci sono altri trogloditi in zona è probabile che provino ancora ad attaccare il gruppo, se non altro attratti dalle loro luccicanti armi in metallo, ma è difficile che lo facciano durante il giorno. Ci si potrebbe affrettare per uscire dal bosco prima del tramonto, ma visto quanto si è allungata la sosta sarebbe difficile farcela e niente, in sostanza, garantisce che i nemici si lascino sfuggire così facilmente il bottino. La cosa migliore, in sostanza, sarebbe verificare se ci sono ancora trogloditi nelle vicinanze prima di decidere il da farsi.
Shamash, l'unico fra gli avventurieri a possedere alcuni rudimenti della nobile arte del seguire tracce, si separa così dai suoi compagni, che resteranno a difendere lo gnomo e l'umana da eventuali aggressioni. Il dragonide non ha difficoltà a rintracciare le impronte dei trogloditi, così simili alle sue - una versione più rozza delle sue, si potrebbe dire -, e a seguirle per un'oretta fino a un'area collinosa posta a occidente della strada.
Guardingo, lo scudo levato a difesa della sua persona, il guerriero si avvicina con tutta la inesistente furtività di cui è capace a una caverna che si apre al livello del terreno, e anche con la poca luce solare che filtra vede che dentro la caverna vi sono altri quattro trogloditi che lo guardano in cagnesco digrignando i denti.
Preso subito da manie di protagonismo, tanto comuni fra i dragonidi (9), il nostro decide di affrontare solo la minaccia: scaglia una delle sue accette contro il più vicino degli umanoidi, riuscendo a colpirlo mentre, abbagliati dalla luce, i nemici non riescono a fare altrettanto con le loro armi. Inorgoglito, Shamash entra dentro la caverna proprio mentre uno dei trogloditi si allontana per chiamare soccorso.

Soccorso che giunge immediatamente nella persona di un troglodita a dir poco enorme, alto più del guerriero e altrettanto muscoloso, con le vene pulsanti sui bicipiti mentre impugna una spada a una mano e mezza di raffinata fattura, certo il frutto di qualche precedente razzia. Gli altri nemici si fanno da parte, mentre il dragonide e il nuovo arrivato si impegnano in una singolar tenzone dalla quale si potrebbe quasi trarre materia di cantiche.
Il nemico attacca senza alcuna remora, scoprendo il fianco e rinunciando a qualsiasi difesa pur di colpire più duramente Shamash. I due si scambiano numerose randellate e innumerevoli fendenti, tanto che nonostante il suo addestramento il guerriero inizia ad accusare la stanchezza e a temere la morte: i suoi compagni sono lontani, se dovesse finire a terra morirebbe da solo in questa misera caverna e forse finirebbe perfino in pasto ai poco gradevoli avversari.
La risoluzione definitiva a ritirarsi gli arriva quando un sesto troglodita arriva sulla scena, un figuro dallo sguardo più intelligente dei suoi simili che si porta appresso strani paramenti, forse il capo della tribù. Ritirandosi nel caldo e sicuro abbraccio del sole, il dragonide vede distintamente il nuovo arrivato cospargere di uno strano unguento le ferite del bruto, che si chiudono istantaneamente.
E i trogloditi *ridono* di lui.

Tornato rapidamente al campo, Shamash informa Nete e Quarion della situazione. Dopo una rapida pausa per curare le ferite del guerriero il gruppo decide quindi di porre definitivamente fine alla minaccia rappresentata dalla banda di trogloditi: come nota il mezz'elfo, dato che i mostri considerano ogni oggetti di metallo un tesoro è altamente improbabile che si lascino sfuggire un bersaglio succulento quale un dragonide in armatura completa letteralmente ricoperto di armi in metallo.
Tuttavia resta il problema di come difendere Gimble e Caterina: seguire gli avventurieri potrebbe essere pericoloso, e comunque il carretto non può viaggiare fuori dal sentiero. Di dividere nuovamente il gruppo non se ne parla, visti i pessimi risultati di prima. Alla fine i due viaggiatori propendono per arrampicarsi su un albero, dopo aver nascosto carro, mulo e cavallo. Lo gnomo, sempre ottimista, sembra molto sicuro di sé e alla fine rivela alla barda il motivo della sua sicurezza: nella fiaschetta che porta appesa al fianco, a cui presta molta attenzione e cura, è contenuta una particolare invenzione gnomesca, una prodigiosa polvere nera che prende fuoco ed esplode alla minima scintilla. Ne ha solo una dose, ma è convinto che basti ad allontanare qualsiasi minaccia.

Così il trio si mette ancora una volta a seguire le tracce dei trogloditi, e non tarda a imbattersi in due umanoidi che stavano a loro volta seguendo le tracce di Shamash; inutile dire che in poco tempo i due vengono uccisi, e il gruppo procede, l'armatura del guerriero illuminata dalla luce dello stregone, dentro la grotta. Lì trovano ad attenderli i quattro avversari rimanenti, compreso l'energumeno armato d'acciaio e il curatore.
Su
Il dragonide riprende il duello interrotto contro il più grosso dei nemici, mentre Nete si tiene a distanza e usa la sua balestra. Ma quando la spada dell'avversario colpisce nuovamente e con durezza il povero Shamash, e il dardo infuocato scagliato dal capo tribù manca di poco il guerriero, Quarion decide di tentare il tutto per tutto e dà fondo alle sue energie magiche per duplicare i suoi raggi roventi, dirigendone la metà contro l'incantatore e metà contro il bruto. Il primo, colpito dalla violenza delle fiamme, muore sul colpo; il secondo sembra solo essersi ulteriormente arrabbiato, e nonostante le martellare del guerriero continua a combattere come se niente fosse.
La sua spada sembra mugugnare con sussurri violenti ogni volta che colpisce, gioendo quasi del sangue versato: è chiaramente un oggetto in qualche modo incantato, e forse la causa della furia che sembra animare il troglodita. Anche i suoi simili si buttano addosso al dragonide, che deve contare sull'aiuto dei suoi compagni per liberarsene e per vedere curate le proprie ferite.
In poco tempo dei quattro avversari resta in piedi solo il più grosso, pieno di lividi e ferite ed escoriazioni eppure inarrestabile. Gli incantesimi dello stregone fioccano contro di lui, ed è forse questo a convincerlo a buttarsi in carica contro il povero mezz'elfo. Questo conferisce a Shamash l'apertura di cui aveva bisogno per terminare lo scontro, ma sfortunatamente il suo martello non riesce a colpire il nemico prima che la spada di questi si conficchi violentemente nel volto di Quarion, ferendolo a morte.
Freneticamente, mentre il troglodita rantola le sue ultime maledizioni in una lingua incomprensibile, Nete si getta sul compagno per curarne l'orribile ferita. Poco a poco, al tocco e alle parole della barda la carne si riassembla e il sangue smette di sgorgare copioso, ma resta comunque un ampio squarcio che lascerà al mezz'elfo una brutta cicatrice... e per il suo occhio, colpito in pieno dalla spada, sembra non esserci niente da fare. (10)
Stanchi, feriti e malconci, i nostri sono nondimeno usciti vincitori dallo scontro. Ma a quale prezzo?


(1) il nome l'avevo tirato fuori senza troppo pensarci per farlo suonare draconico il giusto; ebbene, come ha scoperto la giocatrice di Nete "Agarak" al contrario è "kagara", forma locale per "cagata". Il mio subconscio è decisamente un burlone.

(2) o: PNG cucito su misura.

(3) nel mondo di gioco gli elfi provocarono una catastrofe di natura dimensionale, che portò al crollo degli Dei Dragoni e all'Era Del Caos Inarrestabile, motivo per cui sia i draghi sia i dragonidi sono ovviamente sospettosi nei confronti di qualsivoglia elfo.

(4) la mappa c'è ma è incompleta. Quando l'avrò finita e perfezionata verrà scannerizzata e condivisa, abbiate fede.

(5) presso il lago di Lusna, così chiamato per la sua forma a mezzaluna, sorge il tempio principale della Chiesa Dei Celesti. La Chiesa ha appoggiato il conte di Aquavernalis quando si proclamò granduca, e attualmente mantiene una stretta alleanza col granducato.
Immaginatevi Lusna come una Roma papale del medioevo in chiave politeistica e più o meno ci siete.


(6) giacché gli dei concedono il potere di operare miracoli solo a pochi eletti (chierici e paladini), legati al volere della divinità più che a quello della Chiesa, già da tempo a Lusna operano dei collegi bardici in cui si insegna a operare magia di cura, per il popolino indistinguibile da un vero miracolo, cantando le lodi dei Nove Dei. I bardi addestrati a tale arte sono appunto detti "coristi".

(7) tipicissimo nome gnomesco D&Daro. Nonché nome di uno storico PG di una conoscenza comune.

(8) le battute si sprecano.

(9) di recente ho iniziato a giocare in un piccolo torneo di D&D; il mio PG è un bardo dragonide affetto da sindrome della primadonna, che deve metter becco su tutto e ha rischiato di lasciarci le penne caricando a testa bassa un gruppo di nemici mentre il resto del gruppo restava a distanza.

(10) ironia: al giocatore di Quarion piaccono i videogiochi pirateschi, e gli avevamo appena regalato una spilla con un Jolly Roger avente una benda sull'occhio.

martedì 13 gennaio 2015

Miniature dal passato: elfe oscure streghe

Queste miniature risalgono a poco più di due anni fa, al dicembre del 2012 per la precisione, e hanno una storia un po' particolare. I soldi con cui le ho comprate, infatti, sono stati fra le ultimissime strenne di una zia morta pochi mesi dopo, e il giorno dell'acquisto ha corrisposto col giorno in ci lasciammo con la mia di allora ragazza.
Insomma, due eventi non troppo piacevoli sono legati a queste tre elfe oscure, tre miniature alquanto vecchiotte anche nel modello e che infatti sono state da poco sostituite con altri più costosi (sigh!) modelli.

Dato che non gioco a Warhammer Fantasy Battle, le avevo prese per farne pezzi da modellismo generici.
E le ho dipinte... uhm, ci credete se vi dico che le ho dipinte un poco, moooolto poco per volta nel giro dei due anni? Che ci crediate o no, eccole qui.










Considerazioni sparse:

- bene o male sto imparando a controllare un po' meglio le luci e le ombre, anche se l'ingrandimento rivela orrori che pensavo di non aver commesso in fase pittorica.

- devo imparare ad avere un tratto più leggero, sottile e preciso, e devo continuare sulla strada del colore diluito per davvero.

- non devo dare il trucco alle miniature femminili, o sembreranno al meglio drag queen.

venerdì 9 gennaio 2015

Untori di Nurgle dipinti e pronti al gioco

Grande giornata ieri l'altro. Grande giornata di arrivi e acquisti.
Cellulare nuovo, ché il vecchio ha ben deciso martedì di sostituire il suo monitor con una fusione fra Matrix e un quadro cubista (cristalli liquidi partiti); assenzio rosso 80°, per portare i cocktail dove non sono mai stati prima; e caricabatterie nuovo per la fotocamera, ché il vecchio se ne sta ancora in Toscana e forse ci rimarrà per non so quanto ancora.
Il caricabatterie, in verità, funzionava un po' male - non funzionava, ecco. Dopo qualche scatafazzonatura, però, si è riusciti a farlo funzionare.

E così ho potuto finalmente fotografare i miei ultimi lavori modellistici, risalenti in verità a circa un mese fa.
La mia squadra di untori di Nurgle, un non-proprio-capolavoro dello speedpainting del quale nondimeno vado fiero date le mie molto scarse doti pittoriche. C'è sempre un che di piacevole nel dipingere le unità di Nurgle.

Prima che me lo facciate notare, sì: le foto fanno schifo, non so fare foto e devo riprendere la mano. Sì, l'illuminazione è scarsa. Sì, potevo far meglio le foto ma ci tenevo *tanto* a farle ora.



La base, per tutti i modelli, è stata un fondo di color verde oliva (death world forest della GW), a cui è seguita una lavatura con il marrone (agrax earthshade); quindi ho passato a pennello asciutto una mistura del colore di fondo più un verde più chiaro (snot green), seguita a sua volta da un pennello asciutto con due tonalità differenti a seconda del modello: color avorio per alcuni, senape per altri (rispettivamente ushabti bone e bubonic brown). Infine, alcuni modelli sono stati lavati con l'inchiostro giallo (lamenters yellow), altri con quello verde (waywatcher green). Inutile dire che armi e ossa e visceri sono stati resi in maniera diversa, e che ho fatto largo uso degli effetti sangue, ruggine e pus.


Ma andiamo a vedere i singoli gruppi di miniature.
Partiamo dai 3 del gruppo di comando: stendardiere, musico e "Divo Giulio" il gobbo sudicio.





Seguono quindi i quattro untori originali e non modificati.





E' poi la volta dei gialli.






Chiudono la carrellata i verdi.






Sì:
- modelli scarsi;
- foto niente di che;
- però ne sono contento, diamine. :)