venerdì 27 maggio 2011

Qualche verso in libertà

Il componimento, molto breve, che segue è in buona misura ispirato a un certo tipo di poesia erotica greca, o meglio ai frammenti che ce ne sono rimasti: descrizioni calde e intense di rapidi momenti d'un amore forse fittizio, forse diretto verso un soggetto che neppure esiste.
Spero di essere stato all'altezza della mia fonte d'ispirazione.


Sogno carezze sul volto, sui fianchi
Che tremano, dolci, al
Tocco gentile di mani, di labbra a-
Morose rapite, in-
Vase dal lieve sospiro d'amante
Cercato e temuto.
Taci, mia splendida rosa: cullata
Dai baci di miele,
Schiudi le tenere labbra soltanto al-
l'amore che sboccia.

domenica 22 maggio 2011

Di nuovo haiku

Ecco qualche altro haiku scritto nelle ultime settimane.

Uno dei componimenti contiene una parziale citazione da Alcmane.


Soffio di vento
Leggero, la carezza
Di primavera.


Dardi crudeli
D'un sole ingiallito,
Fresca la sera.


Dubbi notturni,
M'abbraccia di frescura il
Vento serale.


Danza di foglie
Dipinte dalla luce
D'un cielo terso.


Voci d'uccelli
Le leggi dell'amore
Giovane e puro.


Ed altre spine
Trafiggono le carni,
Rovi invernali.


Senza alcun velo,
Senza nubi soffuse,
Luce crudele.


Nubi distratte,
Si fa nera la notte,
Canti di grilli.

sabato 21 maggio 2011

Ombre antiche sul presente: arti magiche - parte 2

Con un tremendo ritardo dovuto a più ragioni, ecco qui la seconda parte del capitolo di Ombre antiche sul presente dedicato alla magia. Spero di essere più rapido coi prossimi aggiornamenti.


La forza dei devoti, la magia divina.
Anche in passato, quando l'adorazione di dei non ancora morti o dimenticatisi del mondo era forte fra gli uomini, la magia divina era piuttosto rara. Appannaggio di pochi sacerdoti devoti, rappresentava un canale diretto con la potenza e la maestà ultraterrene del quale talvolta gli stessi ministri dei vari culti non erano in grado di usufruire.
Col passare degli anni, l'adorazione delle divinità vere e proprie scomparve, per essere sostituita da quella dei loro ben più presenti araldi e messaggeri. Gli dei erano qualcosa di lontano e distante, come una stella appena visibile a occhio nudo, mentre invece tali servitori erano presenti e fin troppo inclini a palesarsi. Pertanto, alcuni umani iniziarono ad adorarli e riverirli come se fossero essi stessi delle divinità; molti guardiani, specialmente coloro che vigilavano sulla dimensione immateriale e che per tale ragione godevano di maggiori poteri e di minori legami col mondo, arrivarono a incoraggiare apertamente tale idolatria.
Fu in quel periodo, quando l'adorazione degli antichi dei e dei loro servitori rimasti fedeli al proprio mandato era ormai solo l'eccentrica fede di pochi individui perseguitati, che la magia divina divenne tanto rara da essere dimenticata dai più. Per tutelare la propria persona, i pochi devoti si organizzarono in piccoli gruppi, molto coesi, che riuscirono a resistere sorprendentemente bene alle devastazioni portate dal caos.
Il primo di questi gruppi era costituito dagli zigani. Essi erano stati gli ultimi seguaci della fede nelle forze del mondo naturale e nelle sue “guardiane”, le ninfe delle antiche leggende, esseri semidivini incarnati in forma di donne allo scopo di tutelare l'equilibrio naturale incanalando le forze immateriali verso fini benevoli. Costretti a un'esistenza di girovaghi onde sfuggire alle persecuzioni e al disprezzo dei nuovi fedeli, gli zigani svilupparono una cultura fortemente autonoma capace di uscire praticamente indenne dalle devastazioni portate dal caos. Ancora oggi, le carovane con cui si spostano da un rifugio all'altro vengono guidate dai sacerdoti, e ogni membro della comunità è formalmente iniziato all'antico culto.
Lo stesso continuo peregrinare fra i rifugi è per gli zigani una forma di atto devozionale: Daiva a parte, i baluardi degli uomini non sono altro che antichi templi e santuari delle forze naturali, custoditi dalle guardiane superstiti, le quali proteggono l'area circostante dalle infiltrazioni del caos. I percorsi sicuri fra i diversi rifugi non sono altro che le “linee di forza” entro i cui nodi sono collocati gli altari della natura, ed è proprio seguendo tali linee che gli zigani si spostano in sicurezza nelle terre devastate. Di tutto questo, gli altri uomini sanno ben poco, e molti di essi conservano ancora la memoria atavica del disprezzo nei confronti degli “eretici” zigani, sebbene abbiano da tempo abbandonato la propria fede.
Il secondo culto religioso superstite è quello dei cosiddetti “Illuminati”. Mentre la maggior parte degli uomini rivolgeva la propria fede verso le ninfe e gli altri ben più superbi servitori degli dei, costoro riverivano le antichissime divinità dalla cui volontà avevano avuto origine universo materiale e dimensione immateriale. Nascosti agli occhi di un mondo che li vedeva come idolatri, questi devoti finirono per organizzarsi in vere e proprie società segrete all'interno delle quali i riti altamente spirituali e simbolici dell'antica devozione andavano di pari passo con l'adesione a un progetto comune e il mutuo soccorso fra confratelli.
Anche Daiva, come molte delle maggiori città, ospitava una simile cerchia di Illuminati, che uscirono indenni dalle devastazioni del caos come la maggior parte dei propri concittadini. I più brillanti fra loro padroneggiarono ben presto l'arte della nuova magia, diventando ben presto dei grandi guerrieri-stregoni. Ancora oggi, una frangia segreta dei possenti difensori di Daiva è in realtà composta esclusivamente dagli Illuminati, e unisce alle meraviglie della stregoneria le benedizioni concesse dagli dei. Potenti ma numericamente esigui, gli Illuminati rappresentano uno dei gruppi più influenti all'interno della città.
Ma la fede religiosa più influente di tutte, quella che conta il maggior numero di seguaci e i fedeli più spregiudicati, è tutt'altro che antica: poiché si tratta della blasfema fede nelle forze divinizzate del caos, nata due secoli or sono fra i mutati e diffusasi rapidamente fra i guerrieri-stregoni traditori. È ignoto se, nell'infinita molteplicità della dimensione immateriale, si siano davvero formate delle entità definibili come “dei”, ma di certo qualcuno o qualcosa risponde alle invocazioni, ai doni e alle promesse dei folli che si prostrano in adorazione del caos offrendo loro in dono poteri esoterici ben al di là della semplice magia comune.
Potrebbe darsi che, travolti dal caos, alcuni degli antichi custodii siano divenuti tutt'uno con esso, e che le voci sentite da quanti sostengono di comunicare coi fantomatici “dei del caos” siano i loro sussurri corrosi dalla follia, ma nessuno fino ad ora può dire di conoscere la risposta a tale interrogativo, neppure i più scaltri fra i guerrieri-stregoni. Quale che sia la verità, gli adoratori del caos sono l'élite di tutte le tribù di mutati, e in alcune bande di traditori esclusivamente questi pericolosi fedeli hanno diritto a occupare un posto nella catena di comando.
Dal punto di vista delle regole, in Ombre antiche sul presente la magia divina funziona esattamente come indicato nel manuale base di RuneQuest II; meno chiaro è invece se i suoi effetti derivino da vere e proprie divinità o dal legame naturale degli uomini con le forze immateriali raffinato in maniera particolare mediante fede e devozione. Ulteriori dettagli sulle liste di incantesimi specifici per ciascuno dei tre culti sopra indicati verranno fornite in seguito, assieme alle statistiche vere e proprie di tali potenti organizzazioni.

La stregoneria, potente arte di Daiva.
Vuole la tradizione che sia stato un solo uomo, il mitico saggio conosciuto come Empharos, a scoprire l'arte mistica della stregoneria e tutti i suoi innumerevoli incantesimi. Egli sarebbe vissuto qualche generazione prima dell'avvento del caos, e secondo alcuni la sua esistenza si sarebbe estesa su un arco temporale di molto superiore alla media, tanto che fra i cittadini di Daiva c'è chi lo ritiene ancora in vita e intento a difendere discretamente la sua patria. Tuttavia, fuor di leggenda, di Empharos non si sa neppure se sia esistito davvero, né se sia stato davvero il primo stregone o, più semplicemente, un formidabile ricercatore che sul suo grimorio trascrisse ogni singolo incantesimo fino ad allora noto.
Nonostante i forti dubbi esistenti sulla sua figura, comunque, ancora oggi tutti i guerrieri-stregoni di Daiva, traditori o lealisti che siano, considerano Empharos il proprio capostipite spirituale, e definiscono “grimorio di Empharos” la sconfinata collezione di incantesimi al cui studio si dedicano. Un tempo, questa raccolta di formule e rituali era accessibile a tutti i cittadini di Daiva, ma col passare degli anni i guerrieri-stregoni ne monopolizzarono lo studio, facendo sì che solo chi desiderava unirsi alle loro fila potesse apprendere la nuova arte magica. In seguito, dopo la guerra intestina fra le loro diverse fazioni, i comandanti di quanti fra i difensori della città erano rimasti fedeli al proprio mandato ridussero ulteriormente il numero di individui ai quali veniva permesso di accedere alla totalità degli insegnamenti di Empharos: ognuna delle diverse gilde in cui i guerrieri-stregoni si divisero istituì le figure dei “Custodi del Grimorio”, mistici scelti per la loro incorruttibilità e conoscenza arcana, i soli ai quali fosse concesso di conoscere l'intero contenuto del grimorio di Empharos.
Ancora oggi, sono i Custodi del Grimorio a vigilare sulle formule di stregoneria concesse ai loro commilitoni, facendo sì che nessun confratello guerriero ottenga un potere eccessivo per il suo grado di comprensione e per la fedeltà dimostrata alla causa. In questo modo, i guerrieri-stregoni sono riusciti a evitare che le rare diserzioni assumessero le proporzioni del primo tradimento, quando intere squadre di combattenti agli ordini di potentissimi maghi si rivoltarono contro i propri compagni. In ogni caso, i capi dei traditori conservano ancora una conoscenza quasi completa del grimorio di Empharos, e alcuni sostengono anzi di avervi aggiunto alcuni incantesimi personali, ispirati dal caos e ancora ignoti ai difensori di Daiva. Quale che sia la verità, neppure fra i guerrieri-stregoni traditori l'accesso alla stregoneria è rimasto libero, e anzi i comandanti delle bande traditrici stanno bene attenti a vigilare affinché nessun potenziale rivale ottenga un potere pari al loro: chi ha tradito una prima volta potrebbe farlo una seconda, dopotutto.
Dal punto di vista delle regole, i praticanti della stregoneria sono avvantaggiati rispetto a quanto avviene normalmente in RuneQuest II, in quanto in Ombre antiche sul presente tutti gli incantesimi ricadono nella singola abilità Grimorio (grimorio di Empharos); tuttavia, un PG potrà avere accesso nel corso di tutta la sua carriera a pochi incantesimi, concessi dai Custodi del Grimorio solo dopo che questi avrà provato la sua fedeltà nei confronti di Daiva (o del caos, nel caso in cui si trattasse di un guerriero-stregone traditore).
A Daiva girano talvolta delle voci su alcuni grimori minori, compilati negli anni in cui gli insegnamenti di Empharos erano ancora di pubblico dominio, nei quali sarebbero trascritti un discreto numero di incantesimi; tali raccolte di formule sarebbero in certi casi state portate al di fuori di Daiva, e le cupe leggende sorte in alcuni rifugi farebbero pensare che alcuni maghi siano giunti in altre comunità dove sono liberi di praticare le proprie arti senza temere la reazione dei guerrieri-stregoni. Gli “eredi” di Empharos, infatti, non vedono di buon occhio l'esistenza di altri stregoni non sottoposti al loro controllo, e dimostrano poca pietà nei confronti dei possibili rivali. In ogni caso, la persistenza delle voci a riguardo sembrerebbe indicare che nonostante tutto il loro impegno i guerrieri-stregoni non siano ancora riusciti a distruggere ogni singolo grimorio clandestino, ed è dunque possibile che esistano, perfino nella stessa Daiva, dei maghi che operano di nascosto e servendosi di poteri talvolta superiori a quelli dei loro stessi avversari proprio in virtù dell'alto numero di incantesimi ai quali possono avere accesso.

lunedì 16 maggio 2011

Qualche sperimentazione con un metro ormai rodato

Nello scrivere questa poesia, ho deciso di adottare un espediente al quale non ero mai ricorso prima: l'andare a capo dividendo una singola parola fra due versi. Si tratta di una prassi non così rara nella poesia di Saffo, che spero di aver saputo impiegare senza fare troppi danni.


Quanto ho sofferto? Il ricordo talvolta
Mi suscita ancora
Nuovo dolore. Difficile vive-
Re avendo per anni,
Spinto da mille timori, nascosto
Con cuore indurito
Quanto provavo, soppresso gli amori,
Ma ancora più duri
Furono i giorni nei quali scoprivo,
Frenato soltanto
Dalla mia misera, opaca visione
D'amante, che a nulla
M'era servito l'averle svelato,
Sincero, che cosa
M'ero alla fine concesso d'avere
Nel cuore, quel vano,
Pazzo sentire d'un uomo che crede
Diamanti il carbone, e
Molto s'affanna lodando, cercando
La gemma che crede,
Folle, si trovi nascosta laddove
Soltanto i rifiuti
Regnano, e incensa la cenere grigia.
Nel baratro caddi,
Freddo l'abisso mi accolse di quanti
Si dannano, inquieti,
L'anima amando chi vale ben poco, e
Per quanto da tempo,
Gronde di sangue versato le mani
Ferite dai vetri in-
Franti che tutte ricoprono nere
Le mura dell'ampio
Baratro oscuro, abbia infine raccolto
Le forze e scalato
Fredde di morte le mura scoscese
Seguendo la luce
Calda che filtra, lontana, quel gelo
Lo porto nel petto.
Ora m'impongo freddezza, e non amo,
Per quanto talvolta
Lievi, gentili carezze nel cuore
Mi rubino ancora i
Battiti, e donino sogni fugaci,
Già fumo al mattino.
Troppo ho sofferto, il ricordo d'allora
Mi pesa, maligno, e
Quando talvolta mi prende di nuovo
L'amore nascente
Dura m'impongo la stessa domanda:
Ne vale la pena?
Troppo ho timore d'andare di nuovo
Incontro allo stesso
Lungo destino di giorni sofferti.
Non voglio rischiare.
Certo verranno altri giorni, nei quali
Di nuovo l'amore
Mio ricambiato con pari sentire
Sarà col suo abbraccio
Caldo capace di sciogliere il gelo
Che sento, ma intanto
Soffro la fredda corazza nel cuore, ed
Aspetto che quella
Pace, presente nei volti che vivo-
No amore, mi baci.

venerdì 13 maggio 2011

Qualche altro haiku

Mentre la stanchezza arretrata mi rallenta nel completare l'ambientazione per RuneQuest II, vi posto comunque un paio di haiku che ho composto nelle ultime settimane.

Penso, fra l'altro, che a breve etichetterò a seconda del metro anche tutte le mie poesie.
A "breve" per modo di dire, naturalmente.

Per ora vi lascio con questi componimenti, sperando che vi piacciano.


Liquido l'oro
Accarezza la gola.
Calendimaggio.


Verde soffuso
Velato dalle nebbie
Del dolce aprile.


Gelo cocente
Alla luce del sole,
Vento di maggio.

Ritorna il freddo
Dolore in primavera.
Presto l'estate.


Nubi ingrigite,
Lacrime di ricordi,
E dopo il sole.


Forse una brezza
Sulla pelle bruciata
Dal sole bianco.

lunedì 9 maggio 2011

Ombre antiche sul presente: arti magiche - parte 1

Con un po' di ritardo rispetto ai tempi previsti, vi posto la prima parte del capitolo di Ombre antiche sul presente dedicato ai diversi tipi di magia.

Come sempre, l'intero lavoro mi sta portando via più tempo, e sta occupando più pagine, rispetto a quanto non avessi previsto in origine. Tuttavia, spero che ne stia uscendo fuori qualcosa di più valido rispetto a quanto non avessi preventivato, e questo basta a ripagarmi del maggiore impegno che devo dedicare a questo manualetto.


L'infezione del caos
Mentre un tempo l'energia spirituale fluiva nelle creature viventi in maniera armonica, da che il caos ha assunto la sua nuova, minacciosa natura tale flusso è diventato incontrollato, e non di rado ha generato effetti impensabili sui nuovi nati. I mutati rappresentano il frutto più evidente di tali alterazioni dello spirito riflesse nella carne, ma anche fra i comuni umani non capita di rado che nasca un bambino dotato di tratti caotici.
Tali mutazioni casuali possono essere benefiche come letali, ma quale che sia la loro natura esteriore sortiscono tutte un notevole effetto: rafforzando la connessione di un individuo con le forze del caos, lo rendono più capace nell'imbrigliare tali forze allo scopo di generare effetti magici. Tuttavia, tale dono non è privo di prezzo, in quanto un individuo già infettato dal caos incontrerà maggiori difficoltà nel resistere a un nuovo contagio.
In termini di gioco, al momento della nascita ogni essere vivente ha una probabilità pari alla somma dei suoi punteggi di COS e VOL su 1d100 di sviluppare 1d3 tratti caotici; fanno eccezione le persone e gli animali concepiti all'interno di un rifugio o di qualsiasi altra area protetta, compresa la città di Daiva (difesa da potenti barriere arcane). Dato che gli umani hanno l'abitudine di uccidere alla nascita quanti presentano anche la più piccola mutazione, è molto raro che al di fuori delle terre devastate in preda al caos si trovino effettivamente dei mutati. Tuttavia, è sempre possibile il rarissimo caso di un bambino le cui mutazioni siano talmente lievi da non costargli la vita.
Ben più frequente è il caso di uomini e animali nati incontaminati ma imbattutisi nel contagio del caos più avanti nelle proprie vite. A volte può bastare veramente poco per far sì che un vivente venga infettato; è universalmente noto che nutrirsi di piante o animali mutati, così come bere l'acqua che scorre nelle terre devastate, è il modo migliore per subire il contagio. Anche la magia fuori controllo può contaminare chi ne subisce gli effetti, così come il contatto con alcuni mutati, le cosiddette “Madri”. In ogni caso, ogniqualvolta un vivente viene a contatto con un agente di contagio, quale che sia la natura dello stesso, egli deve effettuare una prova di Tempra; nel caso in cui dovesse fallire, otterrebbe automaticamente un tratto caotico casuale.
Indipendentemente dal modo in cui sono stati ottenuti, tutti i tratti caotici causano gli stessi effetti su chi ne ha subito le conseguenze: un personaggio, infatti, ottiene un bonus del 10% al suo punteggio di Magia Comune e uno del 5% a tutte le altre abilità magiche per ogni tratto caotico posseduto. Tuttavia, per ogni singolo tratto egli subisce anche una penalità del 10% alle prove di Tempra effettuate per resistere ad ulteriori influenze del caos. Quando tali penalità sono sufficienti a ridurre a 0 il suo valore di Tempra in tali prove, l'individuo viene letteralmente annichilito dalle forze immateriali che ormai dominano sulla sua anima, e il suo corpo si trasforma in un mero ricettacolo materiale della volontà del caos. In termini di gioco, naturalmente, un personaggio del genere smette di essere giocabile e diventa un PNG sotto il controllo del Game Master.

Immateriali frammenti di caos, le rune
La natura delle forze immateriali note ai mortali col nome di “caos” è tale che il loro esista, in potenza, ogni cosa: ogni elemento naturale ha il suo riflesso spirituale nella dimensione eterica del caos, e secondo alcune vecchie leggende gli dei stessi avrebbero creato il mondo proprio a partire da tali energie.
Le rune hanno sempre costituito la prova più concreta dell'esistenza nel caos di parte d'ogni cosa. Esse infatti rappresentano la concrezione più pura delle diverse forze presenti nel mondo, veri e propri agglomerati immateriali delle forze da cui è stato plasmato il creato. Dato il loro forte legame con la dimensione corporea, rappresentano inoltre l'aspetto del caos col quale da sempre gli uomini hanno potuto entrare più facilmente in contatto.
Un tempo, tuttavia, i legami runici erano molto poco diffusi: sebbene fosse facile per un uomo far entrare il proprio spirito in risonanza con le energie sottese a una runa, la vera impresa era sempre stata quella di rintracciare in mezzo al tutto che costituisce il caos l'essenza pura della runa stessa. In un certo senso, dunque, l'avvento del caos nel mondo ha reso questa impresa meno complessa: attualmente, è il mondo materiale stesso a essere infuso dal potere immateriale, e i mortali non devono più spingersi al di fuori dei propri corpi, in estenuanti cerche spirituali, per rintracciare una runa.
Tuttavia, il caos concentrato che un tempo costituiva solo un aspetto marginale della dimensione immateriale ne è ormai diventato il maggior costituente, riducendo l'influenza e le manifestazioni delle altre cosiddette rune. Ogniqualvolta un personaggio si appresta a diventare un portatore runico, dunque, esiste una probabilità su 1d100 pari a 50 meno la VOL del personaggio stesso che egli entri in risonanza con la runa del caos anziché con quella desiderata. Nel contempo, poiché il caos rappresenta anche la coesistenza degli opposti in un'unica dimensione, un portatore della runa del caos può allinearsi a qualsiasi altra runa, perfino diventando il portatore di due rune fra loro opposte, sempre che riesca a entrare in contatto con le stesse.
In termini di gioco, la maggiore facilità con cui è possibile imbattersi in una runa significa che, anche al di fuori degli insegnamenti di un culto, un personaggio sufficientemente intraprendente potrebbe rintracciare nelle terre devastate dal caos una o più rune. Egli dovrà comunque affrontare una cerca piuttosto ardua, specialmente per i pericoli intrinsechi nell'avventurarsi al di là dei rifugi, ma non avrà bisogno del patrocinio di nessuno.
Inoltre, dato il maggior legame creatosi fra le anime umane e la loro origine immateriale, da che il caos ha invaso il mondo è divenuto possibile per l'anima stessa di un portatore runico farsi ricettacolo di tale potere, e trasmettere il proprio potere a un'altra anima. Il portatore di qualsiasi runa può, mediante un lungo e complesso rituale, rendere un soggetto consenziente o indifeso portatore della sua stessa runa. Tale processo richiede un numero di ore, e una spesa di punti magia da parte del portatore runico, pari al punteggio di VOL del bersaglio; inoltre, nel caso in cui questi non fosse consenziente, avrebbe diritto a una prova di Tempra alla fine del rito per sottrarsi all'influenza della runa. Tuttavia, raramente qualcuno rifiuta un dono tanto potente, e anche a causa di questo motivo intere bande di mutati si sono convertite in squadre di portatori runici, ancor più letali dei loro simili più mondani.

Magia Comune, l'arte che condannò un mondo
Arte mistica di antica origine, la Magia Comune era un tempo universalmente praticata e veniva considerata dagli uomini uno strumento quasi mondano per agevolare le proprie vite. Oggi, dopo essere stata il mezzo che permise al caos di infettare il mondo, tale arte è caduta in rovina: temuta e disprezzata, ha visto i suoi praticanti che erano scampati alle mutazioni venir sterminati dagli uomini superstiti fino quasi all'estinzione. I pochi maghi rimasti in vita dovettero cercare rifugio nelle terre devastate al di fuori dei rifugi, impiegando le proprie doti soprannaturali allo scopo di farsi rispettare dai mutati e dagli animali corrotti.
Nel volgere di una generazione, dunque, la Magia Comune venne completamente scordata dagli umani; al contrario, i mutati impararono ben presto a servirsene abitualmente, grazie anche al forte legame che avevano sviluppato con le forze del caos. In seguito, i guerrieri-stregoni di Daiva che avevano tradito la propria gente vennero in contatto con i maghi mutati, e appresero da loro questa nuova arte vietata nella loro antica patria. Generalmente, le Madri di tutte le tribù di mutati conoscono gli incantesimi più comuni e quelli tipici del background culturale Barbaro, e i comandanti dei traditori hanno appreso ogni singolo incantesimo del background culturale Civilizzato, ma nelle sterminate regioni al di fuori dei rifugi esistono tanti altri maghi dotati di poteri meno comuni, maghi disposti a insegnare la propria arte a chiunque sia disposto a pagarne il prezzo.
Anche se gli unici veri maestri dell'Antica Arte, pomposo nome da alcuni attribuito alla Magia Comune, si trovano solo all'interno delle bande di mutati e traditori più potenti, esiste comunque una schiera di comuni praticanti di tale magia che derivano i loro poteri dal contatto diretto con le forze del caos. Ogniqualvolta un personaggio addestrato nell'abilità Magia Comune viene infettato da una fonte di contagio caotico, egli può effettuare una prova della suddetta abilità. In caso di successo, egli apprende un incantesimo di Magia Comune della magnitudine massima da lui utilizzabile; tale incantesimo viene determinato a caso dal Game Master.
Dal punto di vista delle regole, in Ombre antiche sul presente Magia Comune diventa una abilità avanzata: è una forma di magia alla portata di tutti, in quanto trae potere dalla connessione più diretta che ci sia fra i viventi e le forze immateriali, ma nel corso degli anni è caduta in disuso a causa dei forti rischi che comporta il suo utilizzo.
Infatti, ogniqualvolta un mago lancia un incantesimo di Magia Comune e ottiene un fallimento critico nella relativa abilità, le forze del caos fluiscono incontrollate dal suo corpo: tutte le creature viventi in un raggio di 10 metri per punto di magnitudine dell'incantesimo, compreso lo stesso incantatore, devono effettuare una prova di Tempra contro il contagio del caos, fallita la quale otterrebbero un tratto caotico. È stato a causa di questi imprevedibili e spesso disastrosi “contraccolpi” che il mondo è caduto in preda alle energie immateriali impazzite, ed è per questo motivo che solo mutati e guerrieri-stregoni traditori, ovvero gli individui che col caos convivono e che da esso traggono potere, impiegano tutt'ora la Magia Comune.

giovedì 5 maggio 2011

Un piccolo delirio autobiografico

Prima della poesia vera e propria, un chiarimento: il cosiddetto genere comico-realistico fa parte della tradizione italiana fin dalle sue origini, ha avuto celebri praticanti e ha dato vita a opere celberrime.
Quindi sì, anche temi del genere possono essere oggetto di poesia.
Per quanto la poesia in questione sia... diciamo che vi lascio direttamente alla lettura della stessa, ecco.


Reca il calzare canina una traccia -o
di gatto? L'ignoro-
Presa al mattino correndo veloce,
-Oh lasso, incurante
Delle sorprese marroni che cela
la strada- allorquando
Blu si vedeva già prossimo il pullman
Scattante, ed io dietro,
Spinto a raggiungerlo ignaro del peso
Portato, ben greve,
Sopra le spalle abituate a ben altro.
La corsa mi rese
Solo -terribile errore- ai miei passi
Rivolto, tapino, in
Nulla badavo a quel luogo laddove
Posavo le suole.
Presi la merda col piede. Ed allora?
Che cosa m'importa
Ora dell'esile traccia animale,
Del dono rimasto
Sotto la suola di gomma, sgradito?
Da tempo ho rimosso
Quanto potevo, e la puzza è discreta
-Nessuno s'accorse
Oggi fetente del dono che porto,
Non lascia più segni.
Presto potrò con la balsa sottile,
Flagello alla placca,
Tutta pulire la suola di gomma.
Non vedo il problema.

lunedì 2 maggio 2011

Una poesia di due settimane fa

Nell'attesa delle ultime parti di Ombre antiche sul presente, vi propongo una poesia scritta un paio di settimane fa.

Per inciso, per la stesura questa e altre poesie va ringraziato il mio cellulare col qwerty, sempre ottimo quando si tratta di fissare l'ispirazione di un momento nata in contesti non proprio "adeguati".


Raspano il cuore gli artigli d'un mostro
Feroce e bestiale,
Folle per l'ira da tempo repressa,
Che lotta con rabbia
Sempre più cupida, orrore a vedersi,
Per essere infine
Libero e senza alcun freno alla furia
Provata e sofferta.
Tremo al pensiero del giorno nel quale
La bestia funesta,
Giunta alla fine all'estremo cancello
Del cuore ormai stanco,
Senza alcun freno sarà la padrona
Dell'anima, il corpo
Solo uno schiavo dell'essere oscuro
Uscito alla fine
Dalla prigione d'un cuore che teme,
Di certo vigliacco,
Troppo il dolore provato, talvolta,
Nel freddo soffrire
.