sabato 28 giugno 2014

Avventure per il mare selvaggio: qualche anticipazione

Come avevo non troppo sottilmente accennato alcuni giorni fa, sto lavorando a un riadattamento di Avventure per il mare a un nuovo regolamento.

Trattasi di Savage Worlds, gioco che più o meno mi aveva suscitato qualche interesse fin dalla sua uscita ma che, me tapino e cretino, non mi feci comprare a Lucca dal mio fornitore di manuali preferendo spendere i soldi a favore di Drago Nero GdR (ancora mi fustigo per tale errore). Alcune settimane fa, quando ho finalmente avuto il manuale base e alcuni supplementi fra le mani, ho realizzato che poteva essere un regolamento molto adatto per certe mie esigenze - certe esigenze molto "marinare" e "avventurose".
A suo tempo, nel 2011 avevo mollato la mia ambientazione piratesca in concomitanza con Pathfinder, regolamento che col suo "allargarsi" mi stava sempre più stretto. Di convertire il tutto ad altri regolamenti, allora, non ne volevo sentire: era una ambientazione che con RuneQuest, gioco che adoro ma con un realismo impietoso, o con un qualsiasi retroclone o gioco old school se è per questo, non avrebbe reso il meglio di sé, anzi. Savage Worlds, invece, era il regolamento adatto.

E così è partito l'adattamento, progetto che alla fine si è un pochino allargato. Se l'ebook originario di Avventure per il mare era in A4, quello nuovo sarà in A5 come tutti i manuali di Savage Worlds in Italiano; e, già ora, sono passato dalle 100 pagine A5 originarie a 130 a forza di contenuti aggiuntivi e piccole illustrazioni.
Contenuti che riguardano principalmente le regole, ma ho inserito e specificato alcuni fatti di ambientazione. Ad esempio, ora ci sono due tracce per capire la verità su alcuni personaggio; tracce molto labili, in verità, ed è probabile che pochi le colgano; dopotutto, quando su un forum di modellismo mi sono divertito a fare un giochino per far indovinare la natura della prossima miniatura che avrei realizzato (Wolverine in veste di araldo di Khorne, per chi se lo ricorda), nonostante i numerosi indizi che a me sembravano chiarissimi nessuno è arrivato alla verità. Sono sibillino anche quando non voglio esserlo (preferirei esser sì bellino anziché sibillino, e invece sono poco chiaro e alquanto "brutesco"), per cui è probabile che anche i miei indizi non rimandino alla "vera verità secondo l'autore", ma siano interpretabili da ciascun lettore nell'ottica di stabilire la "sua verità" riguardo ai segreti di Avventure per il mare - e anzi, auspico che vada così!
E, a proposito delle regole, una delle cose fondamentali che ho dovuto fare e che mi sta portando via più tempo è (stata) la creazione di nuovi mostri: se quando scrivevo le Avventure per il mare Pathfinder aveva già un bestiario bello nutrito con tanti mostri a tema, il bestiario base di Savage Worlds è ovviamente molto più scarno e necessitava di una integrazione. 

Pur con tutti questi lavori, spero di riuscire a rendere pubblico il PDF del prodotto finito entro i primi di luglio. Non so ancora *come* lo condividerò, dato che ormai ho deciso di abbandonare Scribd, ma qualcosa mi inventerò.


E ora, per finire (con una conclusione molto corposa, in effetti), alcune anticipazioni su tre creature che includerò nel bestiario.

Nuotatore Primevo
Quanti hanno giocato a lungo con me lo sanno: amo il dark fantasy, e le aberrazioni erano fra i miei mostri D&Dari preferiti. Fra queste, ovviamente, in Avventure per il mare giocavano un ruolo molto importante gli aboleth, giganteschi e lovecraftiani pescioloni primitivi iconici del gioco ma che, non essendo proprietà intellettuale della Wizards of the Coast, vennero inclusi in Pathfinder.
Cosa che probabilmente farà mangiare le mani ad alcuni dei miei giocatori che avranno la costanza di leggere fin qui, la nave tecnomistica più potente della campagna a cui avrebbero avuto accesso si trovava, tanto per fare un esempio, sotto la torre degli abissi ispezionata in una delle prime partite, nascosta nelle fondamenta della stessa e vigilata da numerosi aboleth.
Per tutti questi motivi non potevo rinunciare a inserire nella mia ambientazione un pesciolone così "gustoso", e d'altro canto non volevo limitarmi a convertire gli aboleth alle regole di Savage Worlds. Per come la vedo io, infatti, a un regolamento base diverso devono corrispondere mostri diversi, non pallide imitazioni: se devo usare il regolamento X per replicare in tutto e per tutto le partite giocabili con il regolamento Y, a quel punto tanto vale che giochi con Y facendo due o tre modifiche per venire incontro alle mie esigenze.
Così sono nati i nuotatori primevi, mostri che veramente mi fanno rimpiangere di essere un pessimo disegnatore. Sono partito, potremmo dire, dalle base mischiando diverse creature marine fra le più strane, abissali o primitive che fossero. Ne è saltato fuori un pesce grande come uno squalo ma dotato delle forme di un osteostraco, ivi compresa la testa a ferro di cavallo e la pelle coperta di placche ossee, con una piccola lanterna bioluminescente in cima a un tentacolo posto sul capo e la dentatura di un vero e proprio squalo. La lingua della creatura, poi, è qualcosa di intermedio fra una lampreda e una mixina, ma per certi versi funziona in maniera simile a una sacculina. Aggiungeteci un'intelligenza più che umana, e il mostro è fatto.
Dopotutto, se c'è una cosa che mitologie e leggende ci hanno insegnato, è come è un mostro che si rispetti deve avere la giusta fusione di elementi noti, elementi esotici e/o inquietanti e capacità innaturali (basta pensare al drago, o alla chimera, veri e propri collage di animali). Il nuotatore primevo non sarà un aboleth, ma penso e spero che possa avere impieghi molto simili in Avventure per il mare.

Relitto Che Cammina
Era la fine degli anni '00 (siamo negli anni '10, signori, e io sono uno dei ragazzi dell'89; se scoppia una guerra mondiale sono fregato), e collaboravo con la Asterion Press, editore all'epoca di altri giochi di ruolo a parte il fantastico Sine Requie. Ero stato cooptato nel team di sviluppo di Empyrea, ambientazione planare per D&D che forse era una pallida copia di Planescape in salsa italica con ottima veste grafica, e si stava lavorando dopo il manuale base alla produzione di un bestiario a tema.
Una non troppo particolare particolarità di Empyrea era che i diversi piani dell'esistenza, i diversi mondi che la componevano potremmo dire, erano tutti caratterizzati da un aspetto dominante: un mondo di soli sotterranei, un mondo di sole foreste, un mondo pieno di non morti... e ovviamente un mondo di oceani. Per quella particolare sotto-ambientazione avevo pensato a un mostro molto iconico, un paguro talmente grande da usare come casa non una conchiglia, ma il relitto di un galeone o direttamente una torre!
Col senno di poi, "pensato" è una parola grossa: probabilmente da qualche altra parte l'avrò letto, e come dimostra una rapida ricerca su google di certo anche altre persone hanno pensato a qualcosa di simile, ma di certo l'immagine di un paguro così grande che cerca di fregarti la nave da sotto ai piedi per abitarci lui è qualcosa di decisamente "avventuroso", e molto in linea con lo spirito pulp di Savage Worlds.
Purtroppo, come alcuni sapranno, l'annuncio dell'imminente uscita della 4^ edizione di Dungeons & Dragons (nota anche come "la torre di Babele della WotC", e non nell'accezione esaltante del termine) bloccò tutti i lavori a riguardo: Empyrea era un'ambientazione per l'edizione 3.5, e la Asterion preferì dedicare le sue forze allo sviluppo di vari manualetti di regole per conto della Mongoose Publishing. La cosa non andò proprio benissimo, e con "la cosa" intendo sia questi manuali regolistici (in un'edizione in cui il bilanciamento maniacale era la cosa più importante, anche a costo di appiattire tutto il resto, i cosiddetti "splatbook" di editori terzi avevano poco respiro), sia soprattutto l'avventura della 4^ edizione di D&D: nonostante ci fosse una truppaglia che lodava costantemente le magnifiche sorti e progressive di questo nuovo D&D "focalizzato" ed "evoluto", la direzione presa si è rivelata ad oggi essere a tutti gli effetti un binario morto, una mutazione che ha reso il titolo principe dell'ambiente del gioco di ruolo il quarto titolo più venduto facendolo surclassare come leader del mercato da Pathfinder, in sostanza un aggiornamento delle regole dell'edizione 3.5 di D&D. Altro che evoluzione!
Ma, a causa di questa brutta cantonata della WotC, il bestiario di Empyrea non vide mai la luce, e così il mio paguro gigante - fino ad ora! Perché il relitto che cammina sarà proprio questo: un paguro gigante da inserire nelle vostre e (si spera) mie Avventure per il mare con Savage Worlds.

Varano
Non c'è molto da aggiungere, se non che a mia discolpa posso dire di essere affetto da una non troppo lieve fobia nei confronti dei rettili, ma a mia discolpa posso dire che i più grossi varani sembrano davvero mostri usciti fuori da un film dell'orrore. Sono il classico esempio di bestia naturale che può lasciar pensare vi sia qualcosa di soprannaturale, e possono diventare in un'ambientazione fatta di navi e isole un vero e proprio flagello.

Il mini-bestiario allegato al nuovo manuale di Avventure per il mare, a parte il suddetto varano, conterrà anche altri animali realmente esistenti; l'idea è proprio quella di mischiare le creature naturali ad alcune loro versioni "giganti" (come il paguro di cui sopra) e ad alcune versioni alterate più o meno pericolose (come il nuotatore primevo). Voglio che sia un bestiario adatto ai più diversi stili di gioco, buono sia per chi si immagina i mari della mia ambientazione come poco differenziati dai nostri mari reali, sia per chi se li figura pieni di creature misteriose. Senza dimenticare che, molto spesso, bastano paura e superstizione a trasformare qualcosa di reale come un coccodrillo di mare in un enorme serpente marino.

E questo, per ora, è quanto.

mercoledì 18 giugno 2014

Una manciata di versi per due piante in preda al vento

A onor del vero, va detto che chiamarle entrambe "piante" non rende giustizia a una delle due: per chi non lo sapesse, infatti, il pepe rosa cresce su un albero che può raggiungere anche dimensioni abbastanza ragguardevoli, ma all'ombra del quale non vi consiglio di riposarvi in quanto le bacche cadute tendono a sporcare *molto* i vestiti.

Ma suvvia, versifichiamo.


Ramo di pepe,
Saltella un passerotto,
Oscilla appena.


Sfuma nell'ombra
Il verde dell'incenso.
Ondeggia al vento.

lunedì 16 giugno 2014

Qualche pensiero su un vecchio quaderno.

Non c'è molto da aggiungere, se non che sciaguratamente la situazione è tale per cui poco mi riesca di fare, anche sul versante "cose pubblicabili sul blog".
Qualche notte fa, preso da un ghiribizzo di insondabile rimbecillimento notturno (ogni idea, di notte tarda, è ottima; non fosse altro che perché ti ci dedichi anziché dormire, e deve per forza essere buona), ho messo mano a un quaderno ricevuto in regalo per la laurea, un quaderno che per anni non avevo praticamente toccato. E ho preso anche una penna nuova, intenzionato ad associarli come mezzi per una espressione scrittoria che, avendo un qualcosa di "dedicato", sembrasse ai miei occhi qualcosina di più.
Perché sì: se un tempo condividevo e usavo per inorgoglirmi qualsiasi vaccata scrivessi, ora come ora è altissimo il numero di parole e versi che scrivo e cestino.
Le riflessioni che ne sono nate, tuttavia, più che sulla scrittura di per se stessa si soffermavano sul supporto usato...
(specialmente perché era l'una del mattino quando ho preso in mano la penna, ecco)



Che cosa, in questi due anni? Polvere, nient'altro che polvere, quel modo un po' ambiguo in cui preserviamo le cose importanti condannandole a una lenta morte-in-vita, giudicandole troppo preziose per ricevere il modesto onore del loro uso destinato.
L'uso, appunto: ha scopo ciò che non viene usato, se tutto in esso è finalizzato all'uso? Non è forse questo male inteso onore il modo più alto per privare di importanza un oggetto?

Interrogativi, e menzogne a me stesso. Perché non un mal riposto senso di rispetto, non una sconfinata ammirazione mi hanno spinto – ti hanno spinto, quaderno – verso questo baratro di risibile soprammobileria – è una parola? Ora lo è.
È stato il ricordo di cui è portatore, la persona a cui è associato, a destinare l'oggetto alla solitudine di una mensola.

Keepsake, una parola molto più adeguata del suo corrispettivo nostrano. Keep sake, for sake's sake – e non sono del tutto persuaso che sia un caso se ciò suona come un'ode a un alcolico.
Può un dono divenire autonomo rispetto al donatore? Può un quaderno non nuovo ma come nuovo tenuto, intonso ancora – o quasi, c'è la tua firma dopotutto –, può una penna nuova che fino ad oggi si incupiva nel cassetto in preda all'inutilizzo, possono essi segnare un punto di svolta in una china fatta di parole scritte e cancellate subito dopo, vergognandosi talvolta di averle anche solo concepite?



Se fossi una persona differente, se non avessi reti sinaptiche di ricordi concatenati che mi inchiodano come un tonno da mattanza, questo sarebbe solo un quaderno. Un quaderno con una carta molto buona, un quaderno dalla copertina rigida forse appena un po' pacchiana, ma di quel pacchiano tutto sommato piacevole a vedersi.

E invece, invece no. Perché sono quel che sono, perché sento ora il verso di una cornacchia e di colpo è tutti i versi di tutte le cornacchie che ho ascoltato e visto da che ho memoria, è tutte le sensazioni che ho provato in tutti quei momenti, è tutti i ricordi di tutte quelle esperienze legate all'idea di “cornacchia”.
Perciò no, questo quaderno non è solo – né, forse, potrà mai essere – un quaderno.
È una chiave che spalanca porte di ricordi, è un cancello che si sgretola liberando ciò che celava, è un golfo di memorie amare.


martedì 3 giugno 2014

Araldo-Wolverine dipinto e pronto all'uso

Ci siamo, finalmente; quattro mesi di attesa, ma ora il pezzo è pronto per essere giocato. Mi dispiace solo non essere riuscito a fare buone foto che valorizzassero la pittura, ma in definitiva non è che ci sia tanto da valorizzare nelle mie doti pittoriche.
Ma tanto questo già lo sapete, quindi largo alle foto!


Iniziamo con una sboronata, l'araldo che guida una muta dei miei divoratori di Khorne.


Il volto è più in modalità "brutale" che altro; gli occhi, circondati da un inchiostro lucido blu, risultano particolarmente affossati conferendogli un'aria molto da bruto (più da Wolverine ferale che da celeberrimo Logan).


Per far staccare maggiormente il cavaliere dalla cavalcatura ho optato per un rosso molto più acceso e decisamente arancione (che è stato anche uno dei colori di una delle tute di Wolverine). La catena attorno al braccio copre molti peccati, è molto tamarra e molto khornesca.


Alla fine, per diverse ragioni, non ho inserito nessuna catena attorno allo spallaccio. Notare come lo spallaccio, essendo l'unico elemento di vestiario, sia l'unico a richiamare il colore della divisa più classica indossata da Wolverine.


In foto non si apprezza molto, ma c'è un piccolo gioco di colori anche sulla muscolatura in ombra; in compenso si vede bene la chioma.


In questa foto sono riuscito a beccare molto meglio la luce e i colori dominanti del pezzo. Alla fine è dichiaratamente khornesco, e i capelli e gli artigli fanno il resto.


Se sei un'unità di WH40K non troppo massiccia, questa sarà probabilmente l'ultima cosa che vedrai prima di donare il tuo teschio per il trono di teschi.


La spalla con teschio artigliuto, e la possanza di un braccio muscoloso come non mai. Altro che panca piana!


E, per finire, gli artigli sporchi di sangue.


lunedì 2 giugno 2014

Tre haiku

Il "progresso poetico", alla fin fine, va di pari passo con lo scrivere sempre meno: superare la fase del "qualsiasi cosa io scriva è troppo figa", addentrarsi oltre i cancelli del "più scrivo e meglio è", apprezzare il valore aggiunto di un verso sedimentato... e si spera, prima o poi, che questa abitudine acquisita allo scrivere (si spera!) meglio porti allo scrivere meglio senza divenire poetastri troppo afasici.
Non so se sono arrivato già alla fase dello scrivere meglio, di certo sono sono ancora in preda a una discreta "afasia poetica" dato quanto poco mi riesce di scrivere e "sistemare".


Intempestato
Giorno, cala una notte
Orba di luna.

Qui, lo ammetto, c'è il latinismo e anche in forma ampliata; magari non tanto attestato in Italiano, ma di certo preferibile al dannatamente banale "tempestoso"; e c'è anche un giochino ai limiti dell'ellenistico, in quanto solitamente a essere definita intempesta (o intempestata) era la notte, non il giorno.


In questo azzurro
Ali nere in volteggi
Senza confini.

L'idea originale, qui, era chiudere col verso "senza fine"; ma, sfortunatamente, l'accento cadeva sulla terza e non sulla quarta sillaba. Avrei potuto aggiungere l'articolo magari, e trasformarlo in "senza una fine", ma l'effetto sarebbe stato molto meno incisivo e avrebbe smorzato il nesso su cui tanto puntavo come chiusura della poesia; in definitiva, "senza confini" richiamava lo stesso concetto e per comune terminazione si associava ai volteggi del verso precedente.
Un secondo problema che ho affrontato per questa poesia è stato quello relativo alla ripetizione della preposizione "in". Scrivere "ali nere, volteggi" non mi andava bene: avrebbe distinto in due momenti l'immagine mentale degli uccelli in volo, mentre la percezione era stata continua - avevo preso coscienza delle ali degli uccelli mentre vedevo il loro volteggiare, senza alcuna soluzione di continuità. Ho provato dunque diverse soluzioni per eliminare la preposizione iniziale, ma nessuna era d'effetto come quella che alla fine ho scelto di mantenere. Perché, dopotutto, la sensazione che ho cercato di porre in versi è stata quella di alzare lo sguardo e, aguzzando la vista da fotofobico, vedere le sagome degli uccelli stagliate contro il cielo terso; il doppio "in", pur essendo una fastidiosa ripetizione, rende bene l'idea di questo aguzzare lo sguardo.


Di nuovo, ancora
Quel sapore perduto,
Notti d'estate.

Avrei voluto che il sapore fosse "dimenticato" anziché "perduto", ma la metrica era stringente: un gusto si sarebbe potuto dimenticare, non un sapore. Il sapore si poteva perdere o scordare, ma il "sapore scordato" era, oggettivamente, inascoltabile. Sì, l'avrei anche potuto obliare, ma l'effetto sarebbe stato troppo straniante: volevo un lessico tutto sommato quotidiano, che richiamasse l'idea di un qualcosa non raro e sfuggevole di sé quanto piuttosto messo troppo a lungo da parte.


PS: che stia percorrendo la via dello "scrivere meno, lavorarci di più" me lo conferma il fatto che per una cinquantina di sillabe stiracchiate abbia scritto righe su righe di giustificazione delle diverse scelte.