lunedì 25 marzo 2013

Le mie miniature: orde non morte

Ogni game master che abbia giocato di ruolo sufficientemente a lungo, ne sono sicuro, ha nel profondo del cuore i suoi "mostri preferiti"; talvolta si tratta di un singolo mostro (come il Beholder di D&D, chiamato in altri giochi "occhio tiranno" per evitare problemi di copyright, così famigerato da comparire nell'undicesima puntata della seconda stagione di Futurama), talvolta di un'intera categoria.

Qual è la mia categoria di mostri preferita? Dopo lunga riflessione, direi che si tratta dei non morti. Come mai? Per diversi motivi, direi.
In primo luogo, i non morti non sono necessariamente mostri legati al genere fantasy medievaleggiante, il che mi permette di dare una risposta che non mi faccia passare per semplice giocatore D&Daro per il quale non esiste altro.
In secondo luogo, sono mostri legati a doppio filo al genere horror, e come ho già avuto modo di scrivere horror e dark fantasy sono i miei generi preferiti nell'ambito dei giochi di ruolo.
In terzo luogo, la qual cosa comprende anche quanto scritto sopra, i morti viventi sono creature "universali", con una forte carica simbolica. Il terrore e la speranza che il morto non rimanga morto sono al centro di numerose pratiche, fin dalla notte dei tempi; basti ricordare le tombe preistoriche in cui i cadaveri venivano saldamente legati in modo da impedirne la deambulazione, o - sul versante opposto - come le religioni più diffuse al mondo promettano una vita dopo la morte.
Ma una cosa è una resurrezione in condizione di beatitudine, una cosa diversa è un cadavere che si rianima continuando a essere cadavere: è l'essenza del terrore, poiché si tratta del comune, del "proprio", dell'uomo stesso che ritorna contro le leggi della natura sotto forma di qualcosa completamente diverso. Non è un caso se in molte tradizioni si attribuiscono due caratteristiche fondamentali ai morti viventi: il predare gli esseri umani, e la capacità di mutare le proprie vittime in creature simili ad essi. Che il non morto abbia bisogno, onde sostenere la propria esistenza di predare la vita da chi ancora la possiede è una associazione di idee abbastanza scontata; e allo stesso modo il terrore che "se è successo a lui può capitare anche a me" è sotteso nel concetto di "contagio della non morte", vampirismo o epidemia zombi che sia. Stabilire che il contagio debba essere diretto, forse, è solo un modo per mitigare questa paura, cercando una possibile "via d'uscita".
Per queste sue caratteristiche, per l'essere deceduto e tornato dalla morte nel modo "sbagliato", il morto vivente si presta a essere il capro espiatorio perfetto: quante epidemie, non più tardi di due secoli fa, venivano (ir)razionalizzate come effetto delle predazioni nefaste di un vampiro, magari il cadavere rianimato di qualche malvagio? E la maledizione della non morte non era forse lo spauracchio perfetto per dissuadere il suicida?
Ma il morto vivente, talvolta, è anche un'incarnazione dei timori e dei rimorsi dei vivi: a volte il suo scopo non è fare sterminio o compiere atroci malvagità generiche, ma vendicarsi di chi l'ha ucciso. O, per traslato, potrebbe essere un'ossessione di qualche tipo a rianimare l'essenza di un caduto.
E che dire poi dei tanti tipi di morti viventi che esistono nell'immaginario collettivo? Vampiri, zombi e fantasmi sono solo le categorie più ovvie, ma l'immaginario delle diverse culture è stato certamente prodigo di incubi; e dopotutto, anche nell'ambito dei "vampiri d'annata", non possiamo certo dire che la vampira Carmilla sia il corrispettivo perfetto del vampiro Dracula, né dell'eponimo Vampiro di Polidori.
Insomma, si può dire che ci possono essere non morti per tutti i gusti; e se in un dungeon non è fuori luogo far imbattere i PG in un manipolo di scheletri rianimati dalla magia nera, o far rianimare come zombi il loro compagno caduto, la presenza di un fantasma può portare l'ombra dei morti viventi anche in una avventura di GdR ambientata ai giorni nostri.

Dopo questo grande e lungo pistolettone (che, ne sono certo, molti avranno saltato per andare direttamente alle foto), ecco a voi le immagini delle "orde non morte" di cui parlavo. Beh, "orde" per modo di dire. Ma 17 non morti mi sembrano comunque un discreto numero, e bello simbolico - oltre che completamente casuale.


Foto di gruppo di tutti i miei non morti, organizzati per gruppi; tutte le miniature nella prima fila sono prodotte dalla Mantic Games, mentre quelle nell'ultima fila sono prodotte dalla Games Workshop.
Questi modelli sarebbero i ghoul della Mantic; nel dipingerli ho cercato di dare una sottotonalità violetta, in qualche modo innaturale, alla pelle. Il ghoul, secondo la tradizione originaria, non sarebbe tecnicamente un non morto quanto un demone che si aggira per i deserti arabi; ancora in Lovecraft questi masticatori di cadaveri non sono identificati con i morti viventi. E' solo nella seconda metà del secolo scorso, oserei dire con Dungeons & Dragons e i suoi influenti bestiari, che il "ghoul" diventa un non morto vero e proprio. Sotto diversi punti di vista, è molto simile ai classici zombi "infettivi" tanto di moda adesso, ma è anche assimilato spesso e volentieri ai vampiri. E, diciamocelo, queste miniature non sarebbero male neppure per rappresentare dei vampiri particolarmente selvaggi.
Gli zombi Mantic vengono prodotti in sprue da tre pezzi, ma con un minimo di creatività da ciascuno di essi si possono ricavare ben quattro morti viventi, e con un minimo di creatività ci si può davvero sbizzarrire per renderli tutti diversi. Per dire, di base tutti i modelli sono maschili, la "zomba" in prima fila è tutto stucco delle mie scorte.
Questi scheletri sono l'aggiunta più recente alla mia collezione: li ho trovati alla cifra di 5,5 euro in un negozio di modellismo locale; di base avevano tutti lancia e scudo, ma ho usato altri pezzi presi dalla mia "scatola dei pezzi" (vera amica di qualsiasi modellista) per personalizzarli a dovere.

Ecco l'ultimo modello che ho finito di dipingere, lottando non poco col colore nero per dargli una luce accettabile. Una cosa di cui vado abbastanza fiero sono i suoi occhi.

Di base, questo modello sarebbe un necromante. Ma siamo così sicuri del fatto che chi traffica coi morti non sia morto a sua volta? Il mago oscuro che usa le proprie arti su se stesso per prolungare la propria esistenza è dopotutto un classico del genere, da ben prima che D&D introducesse i "lich" (termine fra l'altro molto stupido, voglio dire, etimologicamente vuol dire "corpo"; ah, devo smetterla di fare il filologoco anche quando leggo i manuali di un GdR). Ah, dimenticavo: nella mano sinistra il nostro necromante stringe un teschio nero brillante; sì, è una citazione dalla notte più nera.

Non c'è armata di non morti che possa dirsi completa senza la vampira. E in questo caso direi "che vampira". Trattasi di uno dei modelli di non morto più recenti prodotti dalla Games Workshop, e bene o male mi sembra una delle prove lampanti di come facciano nonostante i prezzi ladreschi a essere ancora leader nel mercato.

Vado abbastanza fiero del rosso con cui ho dipinto la gonna; di contro, non posso dire di aver dato le dovute luci al mantello. -.-
Una banshee della GW, dipinta per essere uno spettro generico (perché se il fantasma vendicativo è di sesso femminile è tutto più cool, vero?). In origine doveva essere al centro di una modifica che poi ho abbandonato, una modifica molto "guardinga" ed "equilibrata", oltre che "aerea".
Per la pittura ho usato uno schema molto semplice: fondo di colore bianco e inchiostro verde. Dà l'idea di un essere spettrale e non necessita di troppo impegno. Devo ammettere che su sfondo nero spicca davvero tanto.


Questo scheletro in armatura è adatto a ricoprire diversi ruoli in diverse avventure fantasy. Escludendo la corona, i cui rimandi alla trasposizione cinematografica della trilogia tolkieniana sono più evidenti che mai, il suo equipaggiamento ne fa un ottimo campione non morto, o anche un semplice scheletro particolarmente attrezzato. Di certo, non sembra un tipo da prendere alla leggera.

Una cosa molto interessante è come la guardia della spada: di certo, a un avventuriero che si trovasse davanti questi figuro, non verrebbe da pensare che si tratti solo di una semplice lama arrugginita... e il giocatore che guida l'avventuriero, probabilmente, si domanderebbe quale diabolico effetto possa scatenare una ferita di questa spada.

venerdì 22 marzo 2013

"Sfogo" e poesie brevi

Alcuni giorni fa avevo scritto che, d'ora in poi, avrei pubblicato le poesie sul blog mano a mano che le scrivevo, seguendo l'ispirazione e nulla più.

Ovviamente, mi sono bastate un paio di settimane per venir meno a questo proposito: una delle poesie che sto per proporre, infatti, l'ho scritta a inizio settimana.
A mia parziale difesa posso dire che non mi convinceva del tutto, e che volevo rivederla un poco; a mia totale difesa, però, posso aggiungere che questi giorni ho avuto un tipico attacco di "scarsa voglia di fare", temibile malattia cronica dell'animo pigro che si acuisce con gli impegni universitari. A mia totale condanna, devo comunque aggiungere che, volendo, queste poesie le avrei potute pubblicare anche ieri. O anche stamattina appena alzato. O anche... insomma, ci siamo capiti: sono pigro.

Ma, autocondanne a parte, vi parlo un po' di queste poesie. Le prime due sono molto brevi, pensate per trasmettere un'immagine con forme meno "stringenti" dell'haiku.
La prima è nata mentre dal pullman guardavo con occhi sonnacchiosi le acque di uno stagno, divise in tante piccole pozze da distese di canne ingiallite appena scosse dal vento; vento che, dalle mie parti, tende invece a diventare un fastidiosissimo maestrale due giorni su tre.
La seconda, invece, è una sorta di "piccola ode" al caffè, una celebrazione di quei caffè da macchinetta non proprio buoni, ma con tanta di quella schiuma da tirarti su di morale prima di qualche impegno mattutino.
Infine, la terza poesia è una riflessione su me stesso, una riflessione più cupa di quanto non sia nella maggior parte dei casi; ma resto un malinconico, e il succo del discorso è sempre quello: aspiro a ciò che non posso ottenere, pretendo da me ciò che non posso dare, e me la prendo con me stesso perché non accetto i miei limiti - che sono, per molte cose, semplicemente i normali limiti di un essere umano.



Specchiati, cielo; lo stagno un'umìle
Foresta di Canne
Secche nel gioco del vento, carezza
Che muta in bufera.

Soffice nettare d'ocra screziato,
Piacevole a bersi,
Calami in gola, caffè delizioso
Che desti la mente.

Sono soltanto, da sempre, la stessa
Persona che sono.
Vivo da sempre la vita che vivo,
Sperando le stesse
Esili e meste speranze di sempre. Ed
Allora perché, mi
Chiedo, perché non sopporto me stesso,
Perché, mi domando,
Mai mi dimostro capace laddove
Vorrei, perché non
Posso riuscire ad amare me stesso
Per quello che sono?
Troppo distante la meta a cui punto,
Lo so, lo so bene; e
Pure non posso accettare la cosa
Che sono, un buffone, un
Misero ammasso di fisime e dubbi e
Difetti, che aspira
Sempre a toccare con mano le stelle, a
Baciare la luna.

lunedì 18 marzo 2013

RuneQuest II: regole sulla magia e altro

Fa uno strano effetto scrivere delle nuove regole per RuneQuest II: le ultime che ho scritto e pubblicato, infatti, risalgono al marzo del 2012, praticamente un anno fa.
In questi trecentosessantepassa (diciamo pure 380, va') giorni, per quanto consideri ancora RuneQuest II il mio GdR preferito, non sono riuscito a giocarci neppure una volta. Ma, a onor del vero, nell'anno appena trascorso non è che abbia giocato molto né di ruolo né in generale, tolto l'ordinario scazzo al computer.

Depressioni e frustrazioni personali a parte, sono contento di aver finalmente concluso la mia "opera principale" nel campo delle house rules su RuneQuest. Vi dico solo che molte di queste regolette mi frullano in testa da quando avevo comprato il manuale base, parecchi anni fa.

Che cosa si trova in queste 20 e passa pagine?
Molte cose, ma in ultima analisi buona parte di esse sono legate al mio concetto del genere fantasy, ovvero dark fantasy che non teme di essere tale. Perciò vi imbatterete in professioni decisamente non convenzionali, come in regole per l'alchimia e per la necromanzia, e in alcuni interessanti effetti magici extra - senza scordare una piccola riscrittura di alcune regole ufficiali per fare felici i guerrieri.




PS: e chissà che non sia la volta buona che riesco finalmente a giocare a RuneQuest...

sabato 16 marzo 2013

Modellismo in corso: strillatori e demonone del portale, elemenenti per dungeon e... cinghiali!

Il periodo è quello che è: sono riprese le lezioni in facoltà e quindi ho meno tempo libero, non sto riuscendo ancora a giocare di ruolo e dunque non ho molti stimoli per creare nuove regole, sono giunto a un livello di "noia da tutto" (addirittura "noia da Skyrim", e ce ne vuole!) che riduce a zero l'ispirazione poetica, e per dirla in due parole sono in fase "voglia di fare ma nessuna voglia di fare" - qualsiasi cosa ciò voglia dire.

Periodi del genere, però, finiscono bene o male per mutarmi in "modellista autistico DOC". E devo dire che i risultati si stanno vedendo. Non penso che riuscirò entro breve a portare a termine tutti i progetti accantonati (o meglio: ne accantonerò di nuovi), ma almeno ho diversi altri modelli in corso di pittura, e soprattutto sto andando avanti con gli strillatori.

Ecco le ali di Strillaterzo con un inizio di copertura in materia verde. le ho lasciate belle ruvide in modo che i successivi strati di materiale facciano presa bene.

Strillasecondo mi sta dando decisamente grandi soddisfazioni. Mi piace la texture che ho scelto per le ali, e sarei tentato di lasciarla quasi a vista. Avrà anche lui le sue belle fiamme, in ogni caso, e tanti bei tentacoli.
Strillaprimo si sta decisamente coprendo di fiamme demoniache belle pulsanti. Ne sarà letteralmente cosparso, sul corpo e sulle ali.
E sì, ci saranno anche delle fiamme nella parte inferiore.

Inoltre, ho dato una risistematina anche all'araldo demoniaco, incollando ulteriori tentacoli sulla sua basetta.

 I tentacoli, ora, sono otto. L'otto, dopotutto, è sia il numero associato al Caos, sia il numero sacro di Khorne, l'entità di Warhammer di cui il nostro demone dovrebbe essere un araldo.
 Per chi si fosse posto il dubbio, questi tentacoli erano già pronti per un vecchio progetto modellistico abortito. In generale, penso che ogni giocatore di WH che usi i demoni dovrebbe avere dei tentacoli pronti da qualche parte: sono l'ideale per adornare le basette di questo esercito.
La visione dall'alto fa decisamente più giustizia al modello.

Ma le vere star sono loro: tre miniature di cinghiali che mi sono state regalate da un amico; a due mancava la coda, così l'ho scolpita io questo giovedì. Il giorno stesso, a cena ho mangiato della squisita carne di cinghiale.
E oggi ho iniziato a dare una prima mano di aggrappante (per i non modellisti: il colore di fondo) ai simpatici suini.

Foto di famiglia dei tre suini. Purtroppo, il proprietario originale ne ha incollato alcuni in modo proprio barbaro e irreparabile. Spero che Varaha lo punisca per questo.
 La nuova coda, pelosa e sbarazzina, di uno dei due cinghiali mutili.
 La coda, ritta e sprezzante olte che spelacchiata, del terzo cinghiale.

Che cosa ho fatto ieri, invece? Barili. Tanti barili. Tanti bei barili da usare per adornare i miei dungeon tiles. E visto che c'ero ho dato pure una passata di colore, non troppo raffinata in verità (sarà un elemento scenico, diamine!) anche al trono.


Il necromante, pezzo in pittura, osserva soddisfatto i barili (NB: nella foto ne manca uno). Saranno colmi di sostanze alchemiche o è semplicemente il nostro mago oscuro ad avere un debole per la birra?

Il trono visto di fronte. E' un po' storto, come se fosse poggiato su un pavimento instabile.

Per i colori mi sono tenuto sul facile: fondo marrone, oro, osso, senape alla base delle corna (molto più gialle in foto che non dal vivo) e una bella mano di inchiostro marrone su tutto il pezzo.

La visione posteriore è forse quella che mi piace di più.

I colori non sono stati ripresi dopo la lavatura di inchiostro, né ho voluto dare le luci finali, per ricreare appunto l'effetto "vecchio trono polveroso semiabbandonato in un sotterraneo".

Che cosa c'è ora all'orizzonte modellistico? Un necromante e una demonessa da finire di dipingere, così come tre elfe; i tre cinghiali, un ragnone gigante, e naturalmente strillatori ed araldo. Ah, sì, e anche un grosso demonone e il carro demoniaco. Devo trovare un modo per clonarmi.

giovedì 14 marzo 2013

Piccole modifiche modellistiche: demone e trono demoniaco.

Il mio autoregalo di compleanno è stato un pezzo per il mio esercito warhammeristico di demoni del Caos, il cannone teschio di Khorne (ovvero una simpatica macchina infernale che lancia teschi sui nemici, nel caso dal nome non si fosse capito).
Ma la cosa veramente ghiotta è che questo kit permette di assemblare non solo il cannone teschio, ma anche un carro con tanto di trono per portare in giro un araldo demoniaco; cosa vuol dire? Vuol dire che anche montando il cannone teschio avanzano i pezzi per uno sciccosissimo trono demoniaco e per un araldo di Khorne. Un risparmio niente male, direi.

Questo, quantomeno, era il mio pensiero quando aprivo la scatola. Poi ho realizzato che c'era un piccolo problema: l'araldo di Khorne del carro stringe in mano una catena con cui aggrapparsi al carro stesso... ma che senso ha che un possente demone della guerra tenga con forza una catena attaccata al nulla?
(la risposta corretta è "nessuno")
Così ho deciso di darmi da fare per dotare di un senso quel particolare del demone, trasformandolo in un aspetto valorizzato e non in una pecca gigante. E qui è nata l'idea geniale: la catena è attaccata al terreno, a una roccia che il demone stesso sta sollevando. Ma perché un demone dovrebbe sollevare una roccia? La risposta è arrivata da sé: sollevando la roccia la creatura apre un portale per il suo mondo demoniaco, diamine: dopotutto è un araldo del Caos, mica un demonozzo semplice, no?

Il lavoro non è stato, tutto sommato, troppo impegnativo: grazie ad alcuni pezzi che avevo, posso anzi dire che è stato piacevole.
E così ora mi ritrovo con in mano non solo un simpatico trono con cui adornare i miei dungeon tiles, ma anche con un demone/diavolo veramente degno di essere il nemico finale di qualche dungeon.
Sono soddisfazioni.


Ecco il trono, ancora da stuccare, e l'araldo demoniaco.

L'araldo demoniaco a confronto con una miniatura di taglia umana; è decisamente corpulento, vero?
Ah, sì, il pezzo è uno di quelli che devo finire di dipingere.

Dettagli del demone: ecco la freccia che sta spaccando con il ditone del piede, ed ecco anche l'aggancio della catena, che comunque andrà ancora stuccato un pochino.

Il faccione del demone; fra i vari demoni del Caos di Warhammer, i sanguinari di Khorne (e gli araldi di Khorne, la loro versione più massiccia) sono quelli che più di tutti si prestano a essere usati come demoni/diavoli generici nelle partite di GdR.

Fra le aggiunte che ho fatto al pezzo c'è anche un briciolo di peluria sull'inguine: i sanguinari di Khorne sono piatti e lisci come un nemico di Dragon Ball, ma un demonone cattivo che va in giro per i dungeon a far fuori gli avventurieri ignari deve mantenere un certo decoro.

Ecco i tentacoli demoniaci che fuoriescono da sotto la pietra.

Ultimo e non ultimo, il trono; per ora è solo appoggiato sulla sua base di das, ma appena questa sarà seccata vedrò di darle un aspetto migliore.

Come dicevo, il trono va ancora stuccato. Ammetterete che, in un dungeon, uno scenario così farebbe la sua porca figura.



PS: e sì, per chi fosse interessato i lavori sugli strillatori stanno procedendo.

martedì 12 marzo 2013

Autocostruzioni warhammeristiche: demoni del Caos strillatori di Tzeentch parte I

Fra i miei molti nerdopeccati ("peccati" di nerdità per alcuni, "peccati" veri e propri secondo altri figuri il cui parere, peraltro, mi pare vada stimato quanto quello di qualsiasi altro idiota esaltato) rientra anche quello di giocare a Warhammer 40.000, nello specifico con una armata di demoni del Caos.

Ma, siccome io sono io (qualcuno potrebbe dire "braccine corte", altri direbbero più nobilmente "portato a voler lasciare ovunque il proprio marchio personale e amante di ogni tipo di personalizzazione e modifica; diciamo che la verità sta nel mezzo), la mia armata non è fatta solo di pezzi ufficiali: ho numerosi pezzi modificati e/o costruiti da me, alcuni anche in tempi nei quali le mie competenze modellistiche erano piuttosto incompetenze modellistiche. Intendiamoci: non che ora sia un drago dell'hobby, questo no; ma all'epoca ero decisamente una lucertola al confronto.
Fra i primi pezzi che avevo cercato di costruire da solo c'erano stati gli strillatori di Tzeentch, delle vere e proprie "mante volanti", demoni capaci di squarciare la corazza di un carro armato con un semplice morso - più spesso, nelle mie mani, era il carro armato a squarciare loro con una semplice raffica di mitra, ma sono dettagli...
Il mio primissimo strillatore autocostruito, che conservo ancora da qualche parte ma che per pudore non mostrerò mai più, era stato realizzato a partire da una manta della Lego.

Manta è pur sempre manta, no? E anche come scala ci siamo, più o meno, no? Peccato che il livello di dettagli sia quello di un giocattolo e non quello di una miniatura. -.-'

In seguito, qualche mese dopo, avevo provato a costruire degli strillatori un pochino più elaborati: le ali erano fatte con pezzi di plasticard (ovvero plastica sottile a fogli, altamente sagomabile), il corpo con il mai scordato das e i pochi rozzi dettagli con un po' di milliput, una sorta di argilla in voga fra i modellisti.
Qualche mese fa, anche questi "strillatonti" hanno raggiunto l'eta pensionabile, o per meglio dire sono stati senza troppe cerimonie messi in un sacchetto ed eletti al rango di "secco indifferenziato". Probabilmente, in qualche discarica ora ci sono dei ratti felici che giocano a Warhammer.

E' stato solo agli inizi di questo mese che mi sono finalmente preso degli strillatori di Tzeentch ufficiali. Nello specifico, ho preso due scatole da tre pezzi ciascuna. E qui ho fatto una ghiottissima scoperta: ogni strillatore è assemblato a partire da corpo con ali, bocca, coda e cresta dorsale; ogni scatola contiene dunque tre corpi con ali, ma ben cinque bocche, cinque code e cinque creste dorsali.
In pratica, con un po' di lavoro manuale è possibile ricavare ben cinque strillatori da una scatola da tre, dovendone scolpire soltanto ali e corpo.
Dato che il mio scopo è avere 9 strillatori, con le due scatole che ho comprato mi avanzano addirittura dei pezzi!

Purtroppo il tempo e la voglia sono quel che sono (poco o niente? Più o meno...), e i lavori vanno a rilento, ma i primi risultati iniziano a vedersi.
Come materiali per questi piccoli lavori ho deciso di usare il milliput bianco (ovvero un milliput di qualità superiore) e la arcinota "materia verde", lo stucco epossodico bicomponente (o, semplicemente, "plastilina per bambini cresciutelli") più celebre e usato.

Sono partito da una base piatta, avente più o meno la forma delle due ali, realizzata con un impasto più o meno omogeneo di materia verde e milliput. Come mai? La materia verde è flessibile, il milliput è rigido; mi serviva qualcosa di intermedio.
Su questa base ho iniziato a lavorare, procedendo a ritmi diversi sui tre diversi pezzi.

Una foto dello stadio iniziale dei lavori su "strillaterzo", il terzo strillatore. Si vede bene la forma di base delle ali, con un po' di materia verde avanzata dai lavori sugli altri pezzi messa per fare un accenno di corpo. Le scanalature servono a far sì che la materia verde successiva aderisca a dovere.

In ogni caso, il passo successivo è realizzare un ingrossamento al centro delle ali - il corpo del pezzo - e montarci sopra coda e bocca.

Ecco "strillasecondo", praticamente ancora fermo allo stadio di "corpo e basta". Rispetto a "strillaterzo", si intuisce già di più di che cosa si tratta, per quanto la forma sia davvero molto scarna.

Il vero pallosissimo lavoro di fino, però, è quello di ricoprire tutto il corpo con la materia verde per dotarlo di particolari, creando anche un incavo per montare il pezzo su un pilastrino che lo faccia sembrare sospeso a mezz'aria.
Per ora, questo lavoro è a buon punto solo uno dei tre strillatori. E, fra l'altro, temo di averlo fatto un po' cicciotto. Ma, dopotutto, sbagliando si impara.

Ecco un bel primo piano frontale di "strillaprimo"; sto ancora lavorando sugli occhietti. Ah, sì, si nota anche la mia camicia pesante a quadri.

 Il corpo e le ali necessitano ancora di alcune rifiniture, così come gli occhi. Penso che, per semplicità, ci scolpirò sopra un po' di fiamme, specialmente sui bordi delle ali.

La parte bassa deve ancora essere rifinita a dovere, specialmente riguardo a corpo e bocca. Potete notare il foro per il perno di sostegno.

Per ora ci siamo. I lavori saranno ancora lunghi, ma spero che alla fine ne possa valere la pena.

 Immagine di gruppo senza basette e sostegni.

E immagine di gruppo con sostegni e basette. Strillaprimo fa decisamente una bella figura al confronto dei fratellini, vero?


domenica 10 marzo 2013

Di tortonerdismi e genetliaci, o: la ricetta de "la mia torta"

Domani invecchio ufficialmente, domani compio 24 anni.

Purtroppo, il compleanno di lunedì è (dopo quello il 29 febbraio) il più sfigato di tutti: festeggiare la sera vuol dire mandare in vacca una mattina lavorativa o di lezioni il giorno dopo, e non puoi nemmeno festeggiare il giorno prima aspettando la mezzanotte perché, beh, il giorno dopo è lunedì.
Così ho rimandato i festeggiamenti veri e propri al finesettimana, ma con la follia che mi contraddistingue ho deciso di fare domani stesso un piccolo festeggiamento minore.

Da qualche tempo, con un gruppo di amici modellisti e wargamer di Cagliari si sta giocando a HeroClix; trattasi di un gioco di miniature predipinte dalla spiccata carica nerd, nel quale è possibile far affrontare più o meno tutti i supereroi principali della scena fumettistica americana, variamente organizzati in mischioni di ogni genere. Ebbene, per l'11 di questo mese c'era più o meno in programma una partita, una partita alla quale ho deciso di aggiungere un piccolo evento collaterale: il compleclix.
 Dietro a questo bizzarro neologismo si nasconde una follia solo in parte partorita dalla mia mente: far affrontare ai più diversi team di supereroi un nemico enorme, un nemico fortissimo, un nemico imbattibile - la mia torta di compleanno! Come dicevo, l'idea è nata da uno spunto non mio: tempo fa lessi che Monte Cook, autore di giochi di ruolo e del primo regolamento di HeroClix, nelle sue partite di GdR usava dei dolcetti al posto delle pedine per i nemici; presto o tardi doveva venirmi in mente un collegamento simile e compleclixoso. Tanto più che da tempo avevo promesso agli amici con cui faccio wargames (un modo altisonante per dire "con cui gioco coi soldatini") di far assaggiare loro "la mia torta".

Cos'è "la mia torta"? Beh, è una torta che non è proprio del tutto mia: la ricetta originale l'ho presa da un libro di cucina al microonde, ma come ho scoperto da bravo filologo la sua versione originale in lingua italiana risale addirittura al mitologico Artusi. Quel che ho fatto io è stato intervenire pesantemente per riadattare la ricetta originale, di evidente provenienza anglosassone, ai nostri meno burrosi palati mediterranei (ovvero, ho più che dimezzato la dose di burro originaria); inoltre, ho lavorato sul ripieno sostituendo gli scialbi canditi con un campionario di frutta secca sarda.
Il risultato è una torta così pesante che un dio non si ciberebbe di essa senza blocco intestinale, provvidenzialmente scongiurato aggiungendo una spruzzata di caffè all'impasto. Tale torta, prima di oggi, era stata cucinata solo tre volte; la terza e ultima volta essa venne servita durante un capodanno che la rese mitologica e che contribuì a crearmi la fama di cuoco discreto dallo stomaco di ferro e dal cuore parimenti duro e gelido, insensibile nei confronti di quelli che al minimo assaggio di torta cadrebbero a terra stecchiti.
Incuriositi? Atterriti? Spinti dalla gola o dal puro amore per la scienza al desiderio di provare anche voi il cimento alimentare con tale bestia pantagruelica? Beh, la ricetta de "la mia torta" è questa.

250 g farina
250 g zucchero
100 g burro
4 uova intere
1 tuorlo d'uovo
85 g uvetta
30 g noci
30 g pinoli
30 g mandorle
30 g nocciole
½ bicchiere di rum
50 g cioccolato a scaglie
polvere di caffè
1 bustina di lievito per dolci

Mettere le uvette in immersione nel rum e fate a pezzetti l'altra frutta secca.
Scaldare il burro in modo che ammorbidisca, quindi versarlo in una terrina e incorporarvi lo zucchero; in seguito aggiungere una ad una le uova, quindi il tuorlo singolo. Scolare le uvette dal rum e versare mezzo bicchiere di alcolico nell'impasto, avendo cura di conservare l'eventuale liquore in eccesso. Incorporare quindi la farina setacciata e infine il lievito.
Mescolare bene gli ingredienti fino all'ottenimento di un impasto omogeneo, quindi aggiungere il cioccolato a scaglie, le uvette e il resto della frutta secca fatta a pezzettini, integrandoli nel composto; a piacere, aggiungere anche del caffè in polvere.
Versare il contenuto della terrina in una tortiera e cuocere per circa 20 minuti nel forno ventilato a 200°, oppure nel forno a microonde con funzione combinato ventilato a 200° e 350 watt.
Durante la cottura della torta bere a piacimento il rum avanzato dalla preparazione.
Dopo la cottura, spolverare la torta con cacao in polvere o zucchero a velo a seconda dei propri gusti.

Una torta decisamente intimidatoria, vero? Ma una torta così ha bisogno di essere rappresentata a dovere, non trovate?
Perciò, quando ho creato le statistiche per farla affrontare agli ignari supereroi in plastica di HeroClix, mi sono letteralmente sbizzarrito nel darle delle statistiche veramente potenti. E mi sono anche preso la briga di darle 24 clix perché, dopotutto, è il mio ventiquattresimo compleanno, diamine.

   CompleTorta by  

Nota esegetica #1: a Sinnai, il mio paese, si definisce con l'espressione sarda "su bucconn'e su bregungiosu", letteralmente "il boccone di colui che si vergogna", l'ultimo resto di una qualsiasi pietanza che tende a preservarsi all'infinito in quanto tutti quanti provano un timore reverenziale nel compiere l'infame atto di "finire" una pietanza.
Nota esegetica #2: "abbioccau" traduce "abbioccato"; il termine viene usato dalle mie parti quasi esclusivamente per indicare la stanchezza che insorge dopo un pasto di laute dimensioni, ostacolando tipicamente il riassestamento di cucina e sala da pranzo e venendo provvidenzialmente bloccata solo dalla fidata caffeina.

venerdì 8 marzo 2013

Ritornano gli haiku

Dopo quasi tre mesi, mi decido nuovamente a pubblicare degli haiku sul blog.
In realtà, più che non aver pubblicato poesie, in questi mesi non ne ho proprio scritto nessuna. Quello trascorso non è stato un periodo molto tranquillo, decisamente no; e la cosa non ha fatto esattamente bene alla mia vena poetica: fra fisime, delusioni, depressioni e lutti in famiglia i versi sono passati non dico in secondo, ma forse anche in quinto o sesto piano.
Questi tre haiku, di fatto, sono le prime poesie che ho scritto nel 2013. Ho deciso di pubblicarle oggi, assieme all'altro post, perché mi sono deciso a cambiare un aspetto fondamentale del modo in cui aggiorno il blog: in passato cercavo di darmi delle date fisse, il che mi ha portato spesso a bloccarmi o a pubblicare boiate tirate via pur di rispettare una supposta scaletta; ora, invece, pubblicherò quel che avrò quando l'avrò pronto. Il che vuol dire pubblicare le poesie non appena sono pronte.

E questo ci porta agli haiku di oggi. Come è mia abitudine (sempre sia lode al cellulare con tastiera qwerty!) li ho scritti in pullman, ispirato da alcune sensazioni o immagini.
Il primo mi è stato ispirato da uno scorcio del porto di Cagliari, una visione del cielo che filtrava fra le nubi cariche di pioggia.
Il secondo, invece, è nato da una delle tante situazioni di vita quotidiana, quegli istanti che si concludono in se stessi e che forse sarebbero potuti, chi lo sa, diventare qualcosa di più. Il che è un modo altisonante, pomposo e nobilitante per dire che oggi ho tenuto aperte le portiere del pullman per far salire una ragazza straniera; lei mi ha ringraziato, e l'abbiamo finita per fare il viaggio seduti su posti affiancati. La tipica situazione che in un romanzetto o in un film porterebbe a chissà cosa, ma che nella vita reale si spegne in se stessa.
Infine, il terzo haiku è scritto ripensando alla giornata di ieri: si dice che marzo sia un mese "pazzo", e il passare da un freddo quasi invernale al caldo primaverile ieri è stata una sorpresa decisamente poco gradita per quanti erano vestiti in "modalità inverno". Come a dire che anche qualche goccia di sudore è degna della poesia; o, forse, che la mia poesia non vale più del sudore stesso.


Il grigio, il bianco,
E l'azzurro velato.
Eccoti, marzo.

Solo una breve
Gentilezza, un sorriso.
Vite sfiorate.

Cala, furtivo,
Questo abbraccio di sole
Stritola il fiato.

I miei dungeon tiles personali

Per chi non lo sapesse (e se non siete giocatori di ruolo è cosa buona e giusta che non lo sappiate), i dungeon tiles sarebbero le tessere variamente componibili con cui creare le mappe del sotterraneo nel quale ambientare le proprie avventure, muovendoci sopra le miniature di personaggi e avversari.

In passato, quando il mio nerdismo non contemplava ancora il modellismo, mal sopportavo i dungeon tiles e l'idea stessa di giocare con le miniature mi risultava aberrante. Che dire, ero seguace di un certo mal riposto purismo che vedeva nell'idea stessa di mappa IL MALE, la morte dell'interpretazione e il trionfo del combattimento tattico. Poi ho scoperto che il GdR stesso era nato dai wargames, e ancor prima mi dovevo talvolta arrendere alla necessità di usare rudimentali pedine per rappresentare i combattimenti più intricati.
Quando poi sono approdato al modellismo, e specificamente da quando ho diverse decine di miniature fantasy generiche prese per puro collezionerdismo (termine del quale rivendico hic et nunc la paternità), ho iniziato a vedere le cose in maniera diversa: con un regolamento da pseudowargame sì, le miniature contribuiscono ad aumentare la sensazione di non avere a che fare con un gioco di ruolo, ma in altri casi sono utilissime per avere un'idea generale di posizioni reciproche, ambiente e aspetto fisico. Insomma, da qualche tempo le miniature sono più che benvenute al mio tavolo di GdR.

Ma dove vanno schierate le miniature? In passato ho provato con la classica mappa quadrettata cancellabile. Non male, ma da modellista la trovo un tantinello troppo "piatta"; ho provato ad ambientare alcune avventure in veri e propri scenari tridimensionali costruiti da me, ma non essendo io una fabbrica le mie possibilità creative sono limitate e dopo dieci fortini tutti uguali anche il giocatore più interessato inizierebbe a trovare le avventure pallose.
Così ho optato per costruirmi anch'io dei dungeon tiles.

Sono partito da dei pannelli di forex (non quello delle non so cosa on line, quello dei messaggini di spam che saltano fuori ogni tre per due, no? No, io vi parlo di un materiale plastico a pannelli mediamente sottili molto noto ad architetti e modellisti) sagomati e ritagliati (con i classici forbicioni in ferro di una volta, quelli che sembrano fatti apposta per sgozzare una persona e spacciarlo per incidente domestico insomma) a formare diverse camere: due brevi corridoi e uno lungo, una piccola stanza rettangolare, una quadrata e una circolare. Quindi, con una penna ho inciso delle mattonelle su un lato delle tessere, mentre dall'altro ho incollato un bel po' di sabbia grossa.
Un fondo di colore nero, una mano di grigio scuro e un po' di pennello asciutto (ovvero dipingere col pennello quasi secco per far depositare il colore solo nelle parti a rilievo) hanno fatto il resto: una serie di tiles double-face.

Tiles in versione caverna: un gruppo di sfortunati avventuriesi se la vede con i lupi e i ratti aizzati contro di loro da un malvagio spettro vendicativo. Anzi, vendicattivo.

Gli sfigatissimi avventurieri della foto precedente si ritrovano ora assaltati su due fronti da una banda di non morti.

Particolare sugli avventurieri.


Una vampira e un temibile scheletro guerriero si preparano a caricare gli sfortunati avventurieri. Ah, sì, notate il diverso stile delle mattonelle: volevo differenziare corridoi e stanze e bla bla bla... ok, lo ammetto: ho realizzato solo a metà lavoro che con un righello avrei fatto meglio e prima.

I tiles, diciamocelo, non sono niente di eccelso. Presto o tardi provvederò ad arricchirli di particolari, ma già ora posso creare tutta una serie di dungeon pavimentati e di caverne. E posso portarmeli dietro in una bustina, a differenza degli altri scenari da GdR. Non posso lamentarmi.

mercoledì 6 marzo 2013

Qualche oggetto per La Marca dell'Est

Con un ritmo al quale non voglio abituare né me stesso, né i miei eventuali lettori assidui e affezionati (poverini loro se perdon tempo con me...), sorprendendo in primo luogo me stesso e tirandola per le lunghe più di quanto sia lecito fare, tiro fuori un nuovo aggiornamento del blog a brevissima distanza dal precedente.

Si tratta di un paio di nuovi oggettini per La Marca dell'Est, tirati fuori in vista del tremendamente improbabile (ma sperare, in questo caso, non costa nulla - a parte qualche travaso di bile di tanto in tanto) proseguimento della mia campagna con tale GdR.
Niente di troppo sconvolgente.
Ok, in realtà sì: penso che armi da fuoco e anabolizzanti potenziamente letali per fregare i personaggi grulli e per potenziare i nemici nel momento del bisogno (per il master!) non siano decisamente le cose più comuni in un retroclone. Ma dopotutto, come direbbero gli antichi Romani, ista magna mentula; o, all'italiana, stogranca**o.


martedì 5 marzo 2013

Filologia portami via: non esiste altro male al di fuori della stronzaggine

Se siete dei nerd filologi, è probabile che questa sia la vostra "lettura da comodino".

(libro rigorosamente scritto in inglese, e con la simpatica scritta "print on demand" sul retro tanto per sentirsi un po' hipster oltre che nerd; per dire, in tutto il sistema bibliotecario sardo c'è solo una copia di questo testo)

Se siete dei nerd filologi, il solo rileggere per l'ennesima volta le solite dissertazioni tendenzialmente inconcludenti che già avete studiato in ogni salsa è per voi fonte di piacere, e trovare una singola etimologia o apprendere di una teoria sconosciuta vi esalta come non mai.

Ma, in una anonima e quasi insignificante didascalia sulla lingua frigia, questo libro mi ha regalato una perla che nessun nerd filologo avrebbe mai sognato di trovare.
Traducendo ciò che c'è a pagina 32, leggiamo che "la seconda iscrizione contiene la parola kakoun "male", che può essere messa a confronto col greco kakòs "male", trasmesso in inglese in parole come cacophony (cacofonia, ndr). La parola sembrerebbe derivare da una parola del linguaggio infantile proto-indo-europeo *kakka, che non dovrebbe richiedere traduzione,"
Sapete quando pensate di aver capito, siete quasi certi di aver capito, ma volete pensare di non aver capito niente? Ecco, nel leggere queste frasi io mi sono sentito più o meno così. Ma andando avanti nella lettura ogni dubbio è venuto meno. Il buon Dr. Mallory, difatti, è piuttosto esplicito.
"cf. armeno kakor "escremento", greco kakkao, latino caco, irlandese medievale caccaim etc."
E' stato come realizzare di aver realizzato l'ovvio, trovando implicazioni di ogni tipo.
In primo luogo, per quanto mi riguarda d'ora in poi la parola "cacca" avrà la dignità di un antichissimo relitto di epoca pre-indoeuropea, assurgendo al ruolo di termine dotto in quanto più che arcaico.
Ma la cosa più scioccante è stata realizzare che per gli antichi Greci i "cattivi" erano piuttosto gli "stronzei" (o meglio ancora gli "stronzi"). Ora, non è difficile immaginarsi un Aristofane che parla di "uomini stronzi", ma Platone?
...
...
... Socrate non sarà mai più lo stesso...



PS: è possibile in realtà che in epoca storica il senso dell'etimologia di kakòs si fosse già perso, ma è anche vero che il verbo kakkao rimaneva in uso. Insomma, nessuno di noi ha difficoltà a ricollegare il termine "cagata" alla parola "cacca", vero? Scioccante, semplicemente scioccante. Ma, dopotutto, è per questo che amo gli antichi Greci.