giovedì 23 novembre 2017

In vista di una partita di 7th Sea, background dei personaggi pregenerati

Sabato, a una convention ludica locale (il Giocomix, che di recente si è spostato da Cagliari a un albergo sulla litoranea a esattamente un quarto d'ora di auto da casa mia e a venti minuti dalla casa al mare, più "locale" di così), porterò un'avventura per la seconda edizione 7th Sea, il gioco di ruolo che quest'anno ha vinto il premio come gioco dell'anno al Lucca Comics & Games. E' un gioco che non mi convince al 100% su tutto (ma quando qualcosa lo fa è perché ho sospeso il senso critico, e sospendere il senso critico non è mai un bene), ma che al netto di tutto mi ispira parecchio.


Così tanto "parecchio" che l'avventura verrà accompagnata da props, ninnoli e arredi vari.
Ci sarò io con quel cappello e un paio di pistole ad acciarino, ovviamente vestito da pirata, ci sarà lo scrigno contenente monete di cioccolato, e ci saranno ben due tipi di grog per i giocatori maggiorenni, aaarh!

Ovviamente, dato che sono uno stachanovista del superfluo, non potevo esimermi dallo scrivere dei lunghi background per i sei personaggi pregenerati che fornirò ai giocatori.
"Farsi prendere la mano" è una filosofia di vita, no?

VLADIMIR MEDVIED, Eroe di Ussara

Vlad non è particolarmente alto, ma è un uomo dal fisico scultoreo e muscoloso. Il suo sguardo è sincero, per quanto a tratti invasato, e il sorriso che ha stampato sul volto, spesso capace da solo di intimidire i nemici, può derivare tanto da una bella bevuta quanto da una sincera e incontenibile gioia.
Vladimir ride molto spesso, e le sue pacche sulle spalle sono proverbiali fra gli amici. Nonostante questi modi bonari, però, il duellante ussarano è fermamente deciso a vendicare il suo maestro di scherma, ucciso dall’enigmatico Uomo della Sciarpa Nera. Per raggiungere questo scopo, Vladimir non si fermerà davanti a niente; dopotutto non c’è niente, salvo la morte, che lo possa fermare… e anche la morte dovrà vedersela con lui, ed è pronto a scommettere che se la farà sotto in sua presenza, eh!
Quando non si allena con la scimitarra e non è impegnato a cercare informazioni sulla sua nemesi, Vladimir ama trascorrere il suo tempo nelle locande, davanti a una bottiglia di vodka o di qualche altro alcolico che gli tonifichi corpo e spirito. Ama quel senso di felicità ridanciana che deriva da una bella bevuta, anche se non regge l’alcool bene quanto vorrebbe lasciar credere.
Nel profondo sa di essere vulnerabile come chiunque altro, ma fa di tutto per nasconderlo. Se non lascia percepire nessuna debolezza, nessun nemico potrà approfittarsene. La sua forza è un baluardo per il prossimo, dopotutto: chi confiderebbe mai in un eroe vulnerabile? E solo Matushka sa quanto Ussara ha bisogno di eroi, ora più che mai…
Certo, magari l’eroe tipo è meno beone e meno incline alle battute allusive, ma questo è Vladimir Medvied, prendere o lasciare! Da quando ha una relazione con Mykolas Anatanou, però, Vlad cerca di controllarsi maggiormente, quantomeno per rispetto nei confronti del compagno. È stata la ricerca dell’Uomo della Sciarpa Nera a unirli, ma una volta compiuta la propria vendetta i due potranno avere un attimo di riposo, no? Non vede l’ora di presentare il giovane curoniano ai suoi familiari. Sì, Vladimir ha lasciato i suoi fratellini da soli coi genitori quando ha ricevuto il Dono di Matushka, è vero, ma era suo dovere condividere il dono con tutta Ussara, ed è certo che l’abbiano compreso.


MYKOLAS ANATANOU, Eroe della Confederazione Sarmatiana

Mykolas è un giovane sui venticinque, ben piantato e a modo suo elegante; il volto è rasato con cura, i capelli biondi raccolti in una pratica coda. Anche i suoi vestiti, in effetti, sono scelti più per la praticità che non per il loro bell’aspetto: tolta la giacca, Anatanou è pronto per scivolare nelle ombre… e, con le ombre, il giovane curoniano ha molto a che fare. Riservato, silenzioso e pensoso, il sarmatiano sa quando farsi notare e quando invece rimanere una semplice sagoma fra le tante, pronto ad agire con rapidità quando l’avversario meno se lo aspetta.
Un tempo Mykolas aveva un fratello, Antas, un celebre maestro d’armi che veniva visto come l’epitome della cavalleria in tutta la regione; lui, più giovane di alcuni anni, aveva in mente di dedicarsi unicamente alla carriera medica e alla cura dei bisognosi. Ma questi sogni di pace ebbero fine quando Antas venne trovato morto, il suo volto coperto da una sciarpa nera. Mykolas lasciò la sua terra e la sua famiglia per mettersi alla ricerca dell’assassino, un famigerato maestro duellante che costruiva la sua fama con l’eliminazione dei suoi pari: Antas non era morto per una causa più grande, non era stato eliminato da qualcuno che lo odiasse, non aveva sacrificato la sua vita per proteggere qualcuno; era solo l’ennesima tacca che un malvagio aveva aggiunto sulla sua spada. E quel malvagio l’avrebbe pagata.
Ma il minore dei fratelli Anatanou non era un guerriero, né un viaggiatore, e non sapeva come, all’atto pratico, si sarebbe vendicato sull’Uomo della Sciarpa Nera. Fu questa disperazione a spingerlo, una notte d’inverno, a stringere un accordo con un enigmatico straniero dal volto in ombra, una cupa figura che si rivelò presto essere un dievas; con lui, Mykolas strinse un sanderis, un patto che fece di lui un losejas, e apprese così il suo nome oscuro. Coi doni concessi da Skotow- il dievas, finalmente, Anatanou aveva i mezzi per viaggiare e vendicare Antas. Ma più il diavolo concedeva, più reclamava in cambio.
E Mykolas avrebbe perso se stesso, se non avesse avuto la fortuna di incontrare Vladimir, un eroe passionale e inarrestabile spinto dal suo stesso desiderio di vendetta. Un sentimento forte li ha fatti incontrare, ma a forza di viaggiare assieme fra i due è nato un sentimento ancor più forte: diversi come il giorno e la notte (e Mykolas è la notte), i due hanno scoperto di amarsi. Nella vita non c’è spazio solo per la vendetta, no?


PADRE ESTEBAN DE LAS CASAS, Eroe di Castille

Padre Esteban è un uomo dal fisico asciutto, prossimo ai cinquant’anni non portati esattamente bene: i suoi capelli sono bianchi e fortemente stempiati, cosa che dona al suo volto un aspetto ieratico e, in effetti, ben si sposa con la sua personalità. I suoi abiti sono ben curati, anche se raramente e solo in occasioni formali si affida al lusso tanto caro ai suoi connazionali.
Esteban può essere incontrato molto spesso nella biblioteca di questo o quel convento, o a impartire le sue lezioni in questo o quel seminario: membro di spicco dell’Ordo Doctorem Mirabilis, fa dell’educazione dei giovani e della ricerca le sue attività principali. A differenza di molti altri sacerdoti, Padre De Las Casas è un sincero sostenitore della ricerca scientifica e dell’indagine costante del miracolo operato da Theus nel creare Théah: vietare la ricerca, o sostenere che essa sia ormai compiuta, significherebbe negare la complessa grandiosità della Sua opera o, ancor peggio, ritenere di averla compresa appieno, la massima blasfemia di cui un uomo si potrebbe macchiare. D’altro canto Esteban non mette in discussione la struttura della Chiesa Vaticina, motivo per cui, fino ad ora, l’Inquisizione l’ha lasciato in pace.
Padre De Las Casas ha intrapreso la carriera ecclesiastica per vocazione, lasciando il titolo a suo fratello minore Pedro Fernando De Las Casas y Corsenna, un valoroso soldato che combatté con devozione durante la Guerra della Croce. Al ritorno dal conflitto Pedro Fernando si trovò espropriato delle sue terre, che erano state incamerate dalla Chiesa; per non mettere il fratello maggiore nella difficile situazione di non poterlo o non volerlo aiutare, il nuovo hidalgo abbandonò la Castille e si recò a Vodacce, dove ben presto conobbe l’amore ed ebbe una figlia di nome Lucia.
Esteban e Fernando si persero rapidamente di vista, e quando una breve lettera lo informò della dipartita del fratello Padre De Las Casas non fece, in piena coscienza, tutto ciò che avrebbe potuto fare per la vedova e per la giovane nipote. Il lavoro che stava compiendo in patria, si diceva, era più importante di quel che avrebbe potuto compiere a Vodacce, i legami della fede dovevano essere più forti di quelli di sangue. Forse è per questo motivo che, da che Lucia De Las Casas è tornata in patria, Esteban ha fatto del suo meglio per aiutarla, anche se non ne condivide il lassismo morale, né i modi, né tanto meno la scelta di legarsi a un pagano.
Recentemente, i sermoni di Padre De Las Casas hanno attirato una giovane di Montaigne, Vivienne De Buché, intenzionata a espiare per le colpe del suo popolo aiutando le genti di Castille.


LUCIA DE LAS CASAS, Eroina di Vodacce con avi di Castille

Lucia è una bellissima ragazza sui vent’anni dal fisico atletico e ben tornito, consapevole della propria bellezza e sicura di sé. Indossa abiti pratici che non siano di ostacolo nei duelli e nel contempo esaltino le sue forme, insofferente a tutti gli stereotipi e ai ruoli di genere che le sarebbero imposti: nessuno ha memoria di averla mai vista in gonna, e chi ha visto i propri commenti salaci redarguiti solo con un occhiata di ghiaccio e una battuta pungente deve tutto sommato ritenersi fortunato.
Lucia ha perso entrambi i genitori quand’era ancora una bambina, e per quasi dieci anni ha dovuto badare a se stessa in mezzo agli intrichi di strade e criminalità di Vodacce. Sua madre, morta quando la bambina aveva appena dodici anni, era stata ripudiata dai propri familiari; venuta meno la sorella, gli zii materni fecero come se Lucia non fosse mai esistita. Suo padre era già scomparso da tempo, ucciso in un duello che doveva essere al primo sangue ma che si concluse con la prima stoccata fatale; di quell’orribile momento Lucia ha pochi ricordi: l’eccitazione per l’ennesima vittoria imminente dello schermidore De Las Casas, gli occhi crudeli dell’avversario, la lama che si protende in avanti verso il petto di suo padre, il sorriso malvagio appena intuibile sul volto coperto dell’omicida…
Pedro Fernando de Las Casas y Corsenna si aspettava che quello fosse uno scontro come tutti gli altri, e perciò aveva concesso alla piccola Lucia di assistervi; del resto già da tempo stava insegnando alla figlia i rudimenti della scherma secondo la scuola di Torres. Nonostante la perdita, le lezioni di Fernando tornarono utili alla ragazzina quando si trovò a dover badare a se stessa.
Altri avrebbero finito per piegarsi o soccombere, ma non Lucia: Lucia era come il più raffinato acciaio, flessibile e affilata, capace di destreggiarsi e cavarsi d’impaccio in ogni situazione. Ben presto la fama della Spadaccina De Las Casas si diffuse in tutta Vodacce, assieme ai racconti delle sue bravate e delle sue bevute epocali: quella ragazzetta riusciva a mandar giù intere bottiglie di vino, e a tracannare un bicchiere di grappa senza battere ciglio! Fu durante una di queste gare di bevute che Lucia incontrò Oscar, l’unico avversario a tenerle testa in tanti anni; nessuno dei due voleva cedere per primo, e i bicchieri e boccali si accumularono sul tavolo mentre l’intera locanda assisteva in silenzio, le poste delle scommesse salivano sempre più in alto con ogni nuova bottiglia stappata…
A tutt’oggi, né Oscar né Lucia sa chi abbia effettivamente vinto; sanno solo che la mattina dopo si risvegliarono nello stesso letto, e che quello fu solo l’inizio di una relazione fra spiriti liberi. La giovane vorrebbe sposare il suo amato, ma finché non recupererà le terre paterne non si sente all’altezza di una tale unione. Tornata di recente a Castille, Lucia ha contattato suo zio, un sacerdote che ha vent’anni di assenza da colmare.


OSCAR O’MANNIX, Eroe di Inismore

Oscar è un giovane gaudente, affascinante con i suoi abiti impeccabili, i capelli castani e gli occhi verdi e gentili; indossa sempre abiti alla moda, adeguandosi allo stile della nazione in cui si trova, ma un esame attento permette di riconoscere nel suo bastone da passeggio un tipico shillelagh inish.
Non che Oscar O’Mannix lo usi per qualcosa di diverso che come strumento da passeggio, beninteso: il ragazzo ripudia la violenza e, quando ha bisogno di difendersi, preferisce di gran lunga mettere mano alla sua pistola, colpire da lontano e darsela immediatamente a gambe. Ognuno deve conoscere il suo posto, e quello di Oscar non è di certo il campo di battaglia, motivo per cui ha preferito lasciare la sua patria e le aspettative legate al casato.
Gli O’Mannix, infatti, discenderebbero da un mitico figlio di O’Bannon che nei tempi andati resse il trono per conto del padre, o quantomeno è questo che vuole la leggenda. E di leggende delle Isole Incantate, modestamente, Oscar se ne intende parecchio: mai portato per l’arte della guerra o per il lavoro fisico, la fatica che ci si aspetta da un nobile inish, il giovane ha preferito studiare come bardo le canzoni e le gesta degli eroi e dei cavalieri leggendari. Studente modello e dotato di una parlantina prodigiosa, Oscar O’Bannon ha completato rapidamente gli studi e, lasciati da parte i sobri abiti e i doveri della vita a Inismore, si è imbarcato per il continente dove ha intrapreso quello che i nobili montaigne chiamano Grand Tour. Forte dei sui titoli e delle sue sostanze, rimpolpate dal denaro che riesce a procurarsi scommettendo al gioco, Oscar ha girato Théah per un anno buono prima di imbattersi nell’amore della sua vita, la bellissima ed esuberante Lucia De Las Casas.
Fra i due è scoppiato subito il colpo di fulmine e, a un anno di distanza, il loro amore non accenna a diminuire, complici come sono l’uno delle bravate dell’altra – e viceversa. Oscar vorrebbe sposare Lucia, ma lei non ritiene la sua posizione di figlia depauperata di un hidalgo all’altezza del nobile casato di lui… se solo sapesse come vivono in patria i nobili di Inismore! Ma, qualsiasi cosa dica Oscar, nulla sembra farle cambiare idea, e acconsentirà a sposarlo solo quando avrà ottenuto un titolo degno della moglie di un O’Mannix.
Assecondando questo suo desiderio, Oscar l’ha seguita fino a Castille; è stato proprio in una taverna castillana che il giovane bardo ha sentito due viaggiatori parlare di un misterioso duellante della Sciarpa Nera, qualcuno che ricorda molto da vicino il figuro che si macchiò dell’uccisione del padre della sua amata.


VIVIANNE DE BUCHÉ, Eroina di Montaigne

Vivianne è una gran bella ragazza, e lo sa; soprattutto, sa come muoversi, atteggiarsi, truccarsi e vestirsi per rendere il suo fascino discreto, non volgare, eppure irresistibile. I lunghi capelli neri incorniciano un viso delicato e regolare, in cui i due occhi azzurri si stagliano come cieli nei quali più di un uomo si è perso. Vivianne ne è consapevole, e sa sfruttare a meraviglia le sue grazie e le sue doti per raggiungere i propri scopi; ama flirtare e tirare la corda fin quasi al punto di rottura, un gioco appreso per necessità ma attorno al quale ha costruito la sua vita.
Del resto, quando nasci ultima di sette figli in una famiglia di contadini attorno a quel buco di Buché fai di tutto per costruirti un futuro diverso, e se sei brava a fare qualcosa fai del tuo meglio per farne una carriera. In realtà Vivianne si accorse molto presto che le sue doti di danzatrice non erano apprezzate quanto la semplice bellezza del suo corpo, ma non per questo decise di abbandonare una carriera che in molti ritenevano sconveniente. I clienti delle locande e i nobili di mezza tacca che pagavano i suoi servigi come ballerina erano interessati a qualche passo di danza più intimo in privato? E allora? Anche un artigiano viene pagato per cedere ad altri qualcosa di suo, ma a Vivianne non serviva nessuna bottega per esercitare la sua arte, non c’era nessun terreno da coltivare, nessun feudatario a cui consegnare la maggior parte del raccolto, nessuna pioggia o siccità o invasione da temere.
Vivianne era una ragazzina quando si combatté la guerra fra Montaigne e Castille, e non ne apprese gli orrori se non quando, in una locanda, vide le orribili mutilazioni sui corpi di un gruppo di reduci. Il primo sentimento fu orrore, seguito dall’odio nei confronti dei castillani che si erano macchiati di tali colpe. Ma, come apprese ben presto, erano stati gli abitanti del reame vicino a pagare il prezzo più caro in quella guerra, una guerra che era stata iniziata proprio da Montaigne. I colpevoli non erano i soldati di Castille, che avevano difeso se stessi e protetto le proprie terre a costo della vita, ma i nobili di Montaigne, i nobili e l’Empereur, che quella guerra l’avevano voluta e scatenata.
Sentendosi in colpa per il proprio odio iniziale nei confronti dei castillani, per il modo in cui la sua patria aveva invaso e devastato quella vicina, e per come lei nel frattempo si era accompagnata a molti di quei nobili che la guerra aveva contribuito a ingrassare, Vivianne De Buché decise di abbandonare Montaigne e la sua vecchia vita. Si recò a Castille, fermamente decisa a espiare per tutto quel male, di cui in qualche modo si sentiva colpevole: la pietà e l’altruismo erano i cardini della sua fede, e non era forse la fede vaticina a unificare Montaigne e Castille?
Nella cittadina di Tarago, finalmente, Vivianne incontrò un sacerdote che condivideva la sua stessa visione della fede, un uomo giusto le cui parole indicavano la via da seguire; da tempo la giovane segue ogni i sermoni di Padre De Las Casas, ma non gli ha ancora rivelato il mestiere che svolgeva in precedenza...

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Alla fine con un background così i giocatori si fanno quasi da soli la giocata.
      E, dopo il ragazzo che in un'occasione simile usava il PG con lo svantaggio "pacifista" come il classico murderhobo, penso che dare più di due linee guida sia meglio.

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