sabato 30 aprile 2011

Ombre antiche sul presente: le ultime due culture

Queste sono le due culture mancanti per Ombre antiche sul presente.
Finita la loro stesura, penso che mi prenderò un giorno o due di riposo prima di dedicarmi ai prossimi capitoli dell'ambientazione: in primo luogo la sezione riguardante magie e aspetti soprannaturali, quindi quella relativa alle diverse organizzazioni attive nel mondo.


Cittadini di Daiva
In un mondo dove edifici in rovina e mura diroccate sono quanto resta delle antiche città, Daiva costituisce un'eccezione talmente unica da essere divenuta mito. Gli abitanti di tutti i rifugi conoscono le mille voci sulla favoleggiata città e sui suoi possenti difensori, ma col passare delle generazioni queste voci si sono arricchite di elementi favolistici, riflesso dei sogni e delle aspirazioni di quanti non hanno avuto in sorte la fortuna di nascere al sicuro fra le mura di Daiva.
Un tempo, in effetti, Daiva era una simile città da sogno: ricca di monumenti elevati con parole arcane, lastricata di marmo e perfettamente autosufficiente, essa doveva la sua fortuna alle geniali intuizioni di alcuni studiosi locali. All'epoca in cui, in ogni altro luogo, gli uomini si dedicavano in massa alla forma più semplice, immediata e diretta di magia, a Daiva si sviluppò una scuola esoterica che imponeva ai suoi adepti una disciplina di ferro, e che riplasmava le forze del caos in forme di più facile controllo. La magia tradizionale non scomparve, poiché la nuova arte era di difficile comprensione e ancor più ardua da padroneggiare, ma il numero di incantatori dilettanti, le cui formule si limitavano ad aprire uno squarcio nel velo che separa il mondo dal caos, si ridusse drasticamente.
Questa nuova magia, inoltre, era molto più potente della vecchia; in un primo tempo, i suoi usi furono fondamentalmente pacifici, e volti a realizzare splendidi monumenti lungo le vie di Daiva, come a conferirle una limitata autonomia alimentare. In quel tempo, comunque, essa non era certo la città più maestosa del mondo, né la più prospera.
Tutto questo cambiò con l'avvento del caos: quando le imprevedibili forze del mutamento si abbatterono sul mondo, il loro impeto fu più violento contro quei luoghi dove, specialmente, c'era una notevole concentrazione di praticanti dell'antica magia. Intere città vennero spazzate via, i suoi abitanti mutati in bestie mentre cercavano vanamente di difendersi con qualche incantesimo o divorati da quelle stesse bestie che, un attimo prima, erano state i loro cari. Ma non a Daiva: se la vecchia magia era un canale aperto per le ondate di piena del caos, di contro la nuova magia praticata nella città risultava troppo potente e strutturata per poter essere sviata e sfruttata da quel caos a cui essa stessa attingeva. Vi furono orribili delitti e mutazioni, e molti cittadini morirono; ma non si scatenò l'inferno, come nel mondo esterno. E quando le orde del caos, bramose di fagocitare e devastare ogni cosa, giunsero alle porte di Daiva, trovarono ad accoglierli schiere di guerrieri-stregoni, primo nucleo di quelle che sarebbero state le future armate cittadine.
Furono questi individui, forti delle proprie capacità sovrumane, ad assumere il ruolo di guide e difensori d'una città ancora in piedi ma prostrata dal cataclisma. In pochi anni, nel consiglio di notabili che in precedenza governava la città si introdussero i comandanti delle principali milizie; con l'ausilio delle arti arcane vennero erette delle mura ciclopiche, dall'aspetto di vere e proprie montagne, a difesa dell'abitato; inoltre, venne rigidamente controllato l'uso della magia stessa, e i pochi praticanti dell'antica arte ancora in vita vennero rapidamente uccisi. Le nuove mura comprendevano al loro interno anche vasti campi coltivabili, boschi e miniere, e nei primi anni buona parte della popolazione di Daiva dovette dedicarsi ad attività non dissimili da quelle che oggi impegnano gli abitanti dei rifugi.
Ma grazie alla vigorosa guida dei suoi capi, la città si riprese rapidamente e, nel giro di qualche decennio, tornò a essere una culla di benessere, l'ultima superstite in un mondo quasi completamente corrotto. Fu allora che alcuni fra i capi cittadini presero in considerazione l'ipotesi di impegnarsi attivamente non più solo nella difesa, ma anche nell'attacco contro ogni infestazione del caos. E fu sempre allora che alcuni di essi pensarono di essere ormai abbastanza potenti da poter maneggiare la magia del caos senza venirne corrotti; in segreto, si addentrarono assieme ai loro seguaci nei segreti di quella stessa pratica che avevano tanto duramente combattuto in passato. Immuni alla corruzione fisica portata dal caos, vennero tuttavia infettati nell'animo fino a bramare un potere sempre maggiore.
Fu così che, trent'anni dopo l'avvento del caos, a Daiva si scatenò una temibile guerra civile. Molti civili morirono, e al loro fianco caddero innumerevoli soldati. Pure, se grande era il numero dei traditori, ancor più grandi erano le fila di quanti fra i guerrieri-stregoni si consideravano ancora i servitori e non i tiranni del proprio popolo. A prezzo di gravi sacrifici, quanti erano stati infettati dal caos vennero sconfitti e costretti all'esilio. Daiva rimaneva ancora in piedi, pura e immune al caos, ma ben lungi dall'innocenza: lo scontro aveva radicalizzato molte cose, e nulla sarebbe più stato come prima.
Sono passati quasi centocinquanta anni da allora; in questi anni, la popolazione di Daiva è vissuta sotto un governo forzatamente dispotico, nel quale pian piano i comandanti delle diverse bande di guerrieri-stregoni hanno assunto un peso sempre più maggiore; la magia che un tempo rendeva florida la città è ora concessa soltanto a quanti scelgono di servire la patria come combattenti, e in generale si sono fatte sempre più pressanti le restrizioni volte a prevenire una nuova invasione da parte delle forze del caos. Gli abitanti della città godono sempre di condizioni di vita ottimali, forse le migliori nel mondo, ma godono di una libertà molto limitata. La popolazione è molto calata, e i guerrieri-stregoni preferiscono far abbandonare interi quartieri piuttosto che ristrutturarne gli edifici in rovina. Nessun contatto è stato più mantenuto col mondo esterno, se non quelli accidentali dovuti alle tante spedizioni punitive contro gli antichi traditori.
Gli abitanti di Daiva conducono una vita molto simile a quella dei secoli andati: autonomi sotto tutti i punti di vista, godono di comodità che il resto del mondo ha dimenticato, e le loro fatiche sono ripagate da una vita pacifica. Eppure, essi sono poco inclini al sorriso: sanno che da qualche parte, fuori dalle altissime mura dietro cui si sono trincerati, un nemico sta radunando le sue forze. Un nemico che conoscono bene, poiché non è altri che la metà oscura del loro stesso volto.
Caratteristiche: Gli abitanti di Daiva sono in tutto e per tutto degli umani comuni. A memoria d'uomo, non è mai nato nella città un bambino mutato dal caos.
Linguaggio: A Daiva si parla un antico idioma, chiamato daivin, non del tutto dissimile dalle parlate che hanno dato origine alla lingua franca dei rifugi. Con una certa dose d'impegno, due parlanti dei diversi linguaggi possono intendersi fra loro applicando la propria abilità nella rispettiva lingua d'origine all'altro idioma imparentato dopo avervi applicato una penalità del 30%.
Background culturale: Esclusivamente Cittadino: anche quanti si occupano delle attività produttive necessarie al fabbisogno della comunità, infatti, possiedono un'educazione formale impensabile per gli abitanti dei rifugi.
Professioni: Come per il background culturale, ma sono escluse tutte quelle professioni che forniscono bonus alle abilità magiche al di fuori della stregoneria.

Mutati dal caos, le orde selvagge
Una sola cosa hanno in comune le popolazioni fin'ora descritte: nonostante le loro differenze, odiano e ripugnano il caos, dalla cui corruzione tentano in ogni modo possibile di salvarsi. Ma questo non è certo stato l'atteggiamento di tutti gli uomini: fin dagli inizi della catastrofe, alcuni individui accolsero con una gioia selvaggia i “doni” conferiti dal caos, gioendo delle mutazioni a cui esso li sottoponeva e unendosi crudelmente alle orde di mostri che predavano quanti un tempo erano stati i loro simili.
È da questi umani imbastarditi, divenuti coi secoli una cosa sola con il caos, che gli uomini sono costretti a difendersi. A forza di unioni promiscue nei luoghi dove era maggiore l'impulso alla mutazione, tali creature hanno piano piano finito per abbandonare le fattezze di un tempo, mantenendo soltanto poche vestigia di quello che era l'aspetto dei loro padri. Tuttavia, negli ultimi decenni il caos sembra aver trovato una sorta di equilibrio nei loro corpi, delle forme comuni alle quali uniformare i suoi principali servitori.
Così, sebbene alcuni individui possano presentare tratti abnormi e talvolta vere e proprie menomazioni, generalmente tutti quanti i mutati attualmente diffusi nelle terre devastate possono essere ricondotti a tre tipologie. I primi sono i cosiddetti “mutati normali”, noti ai propri simili come idithidhis; hanno forma vagamente umana, ma le loro teste ricordano quelle delle bestie più comuni nelle aree da cui provengono, come pure la folta pelliccia che ricopre a tratti la loro pelle dalle tonalità inumane. È agli idithidhis che è affidata la sopravvivenza dei mutati: immancabilmente di sesso maschile, essi sono capaci di impregnare ogni creatura vivente con un embrione di mutato che, maturando nel giro di poche settimane, nascerà già maturo e pronto all'azione dal cadavere del genitore.
Le altre due sottorazze di mutati sono, fortunatamente, meno frequenti. Fra esse, la prima è quella delle “Madri”, le meretmer; esse appaiono come donne umanoidi oscenamente grasse, dotate di una pelle spessa e cangiante in grado di resistere anche ai colpi più forti. Ma la cosa più inquietante del loro aspetto sono le teste senza bocca né naso, completamente calve se non per otto lunghi tentacoli semoventi; ogni tentacolo termina con una piccola bocca, ed è attraverso queste fauci che le meretmer parlano e si nutrono; nelle situazioni di maggior pericolo, inoltre, i tentacoli sono in grado di proiettare un getto di pur icore caotico nebulizzato, capace di offuscare i sensi e danneggiare il corpo di chiunque abbia la sfortuna di respirarlo. Le Madri devono il loro nome alla loro rara capacità di poter partorire un mutato senza per questo incontrare la morte, e di riuscire a portare avanti più gravidanze contemporaneamente; si dice anzi che alcune meretmer siano in grado di riprodursi da sole, ed è per questa ragione che molti umani le odiano sopra ogni cosa.
Infine, l'ultimo tipo di mutati a essersi stabilizzato e di certo il più temibile è quello dei “Nascosti”, i kokrokipt. I kokrokipt infatti, sebbene fisicamente meno possenti degli altri mutati, sono in tutto e per tutto identici ai comuni umani: soltanto un'indagine magica potrebbe rivelarne la natura caotica, ma si tratta di un mezzo del quale ben pochi rifugi dispongono. Ed è grazie alle sapienti infiltrazioni dei Nascosti che, negli ultimi tempi, molti rifugi sono stati catturati con l'inganno. A differenza degli altri mutati, inoltre, i kokrokipt possono essere sia di sesso maschile che di sesso femminile, e sono in grado di riprodursi in maniera standard con dei partner umani dando vita a degli altri Nascosti.
Al contrario, l'accoppiamento fra mutati può dare vita a un figlio appartenente a una qualsiasi delle tre specie, senza apparentemente nessun legame con quelle dei genitori. Gli idithidhis sono comunque i mutati più comuni, pertanto l'occasionale nascita di una meretmer o di un kokrokipt viene sempre vista come una benedizione del caos. In ogni caso, tutte le razze tendono a maturare molto in fretta, e generalmente un individuo di un anno ha già la corporatura e i modi di un adulto. Fanno eccezione i Nascosti, il cui sviluppo fisico segue i ritmi di quello umano.
Dal punto di vista sociale, i mutati vivono in vere e proprie bande di dimensioni variabili, generalmente costituite da un centinaio di individui. Non hanno una struttura sociale vera e propria, e ogni individuo provvede da solo alle proprie necessità con cacce individuali e quel poco di artigianato necessario ai rozzi strumenti di cui si servono. L'unico potere di cui un individuo dispone è quello che riesce a conquistarsi mediante la violenza e la sopraffazione; fanno eccezione le Madri: data la loro rarità, godono sempre di un notevole prestigio e non è raro che si ritrovino a comandare la propria tribù. È a loro che viene affidato il ruolo di “accudire” i nuovi nati, che siano o meno nati nei loro ventri, e molta della crudeltà dei mutati va attribuita alla perversione con cui le meretmer “educano” la prole.
I mutati non fanno generalmente uso di case, né di vestiti o armature; accade però talvolta che un mutato reclami l'armatura o le armi di un umano ucciso, e si ha notizia di intere bande stabilitesi nelle rovine di un'antica città.
Gli unici mutati a possedere una vera e propria organizzazione sociale sono quanti, assoggettati dai guerrieri-stregoni traditori, sono stati forzatamente trasformati in schiavi dei loro crudeli padroni. Questi ancor più pericolosi abomini costituiscono le truppe d'assalto degli esiliati, e non è raro che possiedano rudimentali armi e armature. E se l'incontro con una banda di mutati comuni raramente lascia scampo all'incauto viaggiatore, nessun abitante dei rifugi né zigano è mai sopravvissuto all'attacco d'una simile tribù.
Caratteristiche: I mutati normali usano le statistiche dei broo, mentre i Nascosti fanno ricorso a quelle degli ogre; infine, le Madri usano le statistiche dei walktapi. È anche possibile che un personaggio cresciuto fra i mutati sia in realtà un umano infettato dal caos e dotato di adeguati tratti caotici. Ogni mutato ha una possibilità pari al proprio punteggio di VOL+COS su 1d100 di possedere 1d3 tratti caotici.
Linguaggio: La lingua dei mutati è il goglogot, o quantomeno è questo il termine con il quale essi vi si riferiscono. È un insieme di suoni talvolta inumani, spesso articolati in maniera non comune, che sembra in qualche modo costituire una sorta di vera e propria “lingua del caos”. Qualsiasi parlante del goglogot aggiunge il punteggio critico della sua abilità in tale lingua a tutte le prove di Magia Comune.
Background culturale: Praticamente solo Selvaggio. Anche quegli umani degenerati che decidono volontariamente di unirsi alle orde del caos sono ben presto spinti ad abbandonare la vecchia mentalità per abbracciare quella dei loro nuovi alleati. Tuttavia, un individuo cresciuto presso una comunità di guerrieri-stregoni traditori potrebbe invece appartenere al background culturale Barbaro; si dovrebbe, comunque, trattare di un'eccezione più unica che rara.
Professioni: Come per il background culturale.

3 commenti:

  1. Per le Meretmer ti sei ispirato alla medusa della sirenetta disney? .____.

    RispondiElimina
  2. Voglio essere un Nascosto._______.

    RispondiElimina
  3. No, l'ispirazione per la meretmer deriva piuttosto da un mostro di RuneQuest corroborato da una miniatura che mi sono costruito per Warhammer 40K. ^^

    RispondiElimina