mercoledì 9 aprile 2014

Eri...

In definitiva, a parer mio la vera discriminante fra prosa e poesia sta nell'impiego dei versi: anche se decadi di letteratura di consumo - certamente fruibile ma spesso elaborata quanto una mela al naturale - ci hanno abituato a pensarla diversamente, la cura formale e l'impiego di figure retoriche non sono certo proprietà esclusive della poesia, così come in tanti casi è "poesia" quella che non esibisce affatto un lessico forbito. La corrispondenza fra forma e contenuto, più o meno l'ABC della letteratura, rende possibile tutto questo.
Ovviamente, ciò non vuol dire che basti andare a capo a sentimento (per non dire di peggio) per far poesia; ci deve essere un effetto, ci deve essere un qualcosa che giustifichi quella scelta formale dell'andare a capo. E quando si riesce a far tutto ciò, a "mettere tutto quel che serve senza metterci nulla di inutile" restando all'interno del metro, si può produrre qualcosa di veramente alto.
Più spesso, ovviamente, si va a capo "seguendo il cuore" (o magari il quore con la q), o si inserisce qualche parolina per far tornare il verso col metro - del resto lo faceva anche Omero o chi per lui, siam forse noi più capaci di Omero o chi per lui? No, ecco.

Talvolta, come in questo caso, si prova a far qualche "esercizio di stile" per migliorarsi.


Eri nel vento
Quando scompigliava le nubi in volo,
Quando col soffio agitava i capelli.
Eri nel sole
Quando splendeva, e abbassavo lo sguardo,
Quando celava il tuo volto, velato.
Eri nel cielo
Lontano e presente, amabile agli occhi,
Sfuggevole al tocco, a baci e carezze.
Eri la luna,
Cantata nei versi, la luna incostante
Che mostra il sorriso celandoti il volto.
Eri nel sogno.


Alternandoli ai quinari, ho voluto giocare un po' con gli endecasillabi fino a trasfigurarli quasi senza colpo ferire in dodecasillabi.
E vado molto fiero del passaggio "la luna incostante che mostra il sorriso celandoti il volto", sappiatelo.

4 commenti:

  1. Già il primo endecasillabo è "strano" perché è di quinta. Tempo fa ho avuto una discussione con un mio amico perché spesso componevo endecasillabi di quinta, che a me piacciono, ma sono assolutamente non canonici.
    I dodecasillabi che hai composto possono essere spezzati all'inizio come quinario più settenario, molto interessante per il ritmo se si pensa che alterni dei quinari; peccato, secondo il mio modestissimo parere, che poi tu cambi a due emistichi di sei sillabe.

    RispondiElimina
  2. In realtà, quelli che identifichi come "primi dodecasillabi" sono volutamente a metà fra endecasillabo e dodecasillabo: se pronunciati con una vistosa sinalefe (in "-va e ab-" e in "tuo"), infatti, diventano endecasillabi non canonici (6+6 anziché 5+7 o 7+5).
    Mi serviva questo aspetto non canonico per passare poi al dodecasillabo canonico e puro in maniera quasi armoniosa.
    Soprattutto, la mancanza di quinario nel penultimo e nel terzultimo verso rende il quinario finale a mio parere più conclusivo.

    RispondiElimina
  3. Adesso lo vedo! Senza la tua precisazione non avrei colto. Ti devo fare i complimenti per il gioco metrico.

    RispondiElimina
  4. Grazie. ^^
    Uno dei pregi della follia è partorire giochetti di questo tipo.

    RispondiElimina