giovedì 25 marzo 2010

Nuovi endecasillbi

L'idea di base dietro a questa poesia mi gironzolava in testa da molti anni, come minimo sette o otto. E' ironico che io sia riuscito a elaborarla proprio in un periodo di crisi creativa.


Non un urlo, non le grida violente
Sono vera libertà, presenza grata,
Sogno futuro, balsamo presente.
Solo una voce, appena sussurrata,
Può fregiarsi di questo amato nome.
La voce di chi sa, di chi possiede
Se stesso, con la sua vita, come
Un uomo che è certo, anche se non vede
Il proprio volto, di essere se stesso
In ogni istante, e non deve gridare
La sua identità al mondo. Eppure, spesso,
Troppo spesso ormai, il poter reclamare
La propria identità è un privilegio
Concesso a pochi, e un urlo di dolore
Contro questo nuovo potere regio,
Voce estrema di libertà che muore,
È quel poco che oggi ancora ci resta.
Il potere strilla, urla a voce piena
La sua ingiustizia violenta, la festa
Delle angherie e della nostra pena.
Non imitarlo: non devi coprire
I sussurri di tutti gli altri oppressi
Con un grido: non può certo morire
Così il potere, neppure se facessi
Tremare la terra di indignazione,
Neppure fra cento stelle in caduta.
Se non l'accompagnano altre persone,
Una sola voce è sempre perduta.
Han più vigore dell'urlo più forte
Mille sussurri sinceri, compatti:
Essi soltanto daranno la morte
Alla tirannia ed ai suoi misfatti.

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