giovedì 12 settembre 2013

Di vecchi giochi e nuovi progetti

L'idea mi è venuta, così com'è, mentre finivo di chiudere i bagagli per partire in vacanza. L'ho covata nel corso delle due settimane di (niente affatto) riposo, e ora ho quantomeno una bozza degna di tale nome. Ma mi rendo conto io per primo di un paio di cose: in primo luogo di come molti aspetti di questa "cosa" li avessi e covassi in testa già da tempo, in secondo luogo di come ci sia ancora tanta strada da fare per rendere la "cosa" un qualcosa di utile e fruibile.

Di che si tratta? Ma di un gioco di ruolo, ovviamente.

Un gioco di ruolo che vuole, innanzitutto, ricollegarsi all'Old School Renaissance, ovvero al recupero dei primissimi giochi di ruolo, le prime edizioni di Dungeons & Dragons, che stanno finalmente venendo portate fuori dalla loro piccola caverna e apprezzate anche da chi, come me, era troppo non ancora nato per apprezzarle quando uscirono. Questo recupero, in origine, è passato attraverso i retrocloni, ovvero le riproposizioni di vecchie incarnazioni di D&D, ma molto presto è nata la tendenza a creare dei "neo-cloni", o più semplicemente dei giochi che riproponessero con meccaniche moderne alcuni dei temi fondamentali dell'OSR.

Distogliete, se potete, l'attenzione dal mio comodino e dallo sfondo in generale e osservate la scena: una sexi-shaolin che si prepara a combattere contro una possente entità soprannaturale, altrettanto sexy se non fosse per il terzo braccio cheluto, sulla cima di un fortino a forma di teschio. Ecco, questo non è old school.

Tre avventurieri contro un bestio gigante; due di essi si preparano a ingaggiarlo in mischia, mentre il terzo rimane dietro e lo attacca a distanza - e intanto un ratto gigante sguscia alle sue spalle. Ecco, questo è decisamente più old school.

Che cosa caratterizza il GdR "vecchia scuola" rispetto alle più moderne incarnazioni di D&D? La risposta più ovvia è che, come ricorda il nome, il primo Dungeons & Dragons era un gioco ambientato esclusivamente in labirinti sotterranei, dove si affrontavano draghi e mostri di varia natura; ma molti gruppi di gioco continuano a usare allo stesso modo anche le nuove edizioni di D&D: è chiaro che le differenze sostanziali sono altre. Quali sarebbero secondo me?
In primo luogo, il fatto che i personaggi giocanti non siano "eroi" ma "avventurieri"; un "eroe" ha una missione da compiere, un cammino da percorrere e un malvagio da sconfiggere, mentre l'avventuriero va semplicemente all'avventura senza alcun percorso prefissato, con fini prettamente egoistici quali il profitto personale - non dimentichiamocelo: "avventuriero", nella lingua italiana, si qualifica come un insulto. Un eroe non può morire per un accidente del fato, un avventuriero sì, sono i rischi della carriera. Poi un avventuriero sufficientemente potente potrà anche decidere di diventare un eroe, ma sarà una sua libera scelta del giocatore e non certo un requisito fondamentale dell'avventura.
Perché la libertà di scelta costituisce un altro aspetto fondamentale del GdR old school. Apparentemente, un gioco dove i personaggi devono farsi strada in un dungeon arraffando quanti più tesori possibile è l'antitesi della libera scelta. Ma questo vale solo se si parte con la mentalità chiusa che qualche decade di videogiochi incentrati sul dungeon crawling ci ha abituato ad avere. L'obiettivo è uno, i metodi per raggiungerlo sono tanti; il dungeon stesso, con le sue cento stanze e i suoi mille corridoi contorti, è una bella similitudine di come ci siano più vie per arrivare al premio. In più, i giochi "vecchia scuola" incentivavano e incentivano i personaggi a pensare molto di più con la propria testa e a trovare le soluzioni più disparate ai propri problemi: bisogna prendere il tesoro protetto dal troll? Far fuori il mostro è solo una soluzione; si potrebbe sgusciare alle sue spalle, ad esempio; o lo si potrebbe attirare in trappola, magari sfruttando quella fossa con spuntoni trovata nell'altra stanza; oppure si potrebbe convincere la tribù di goblin a dare una mano, promettendo loro una parte del tesoro - che poi la promessa venga mantenuta è tutto un altro paio di maniche. Nei GdR della vecchia scuola, il combattimento non è mai l'opzione preferibile.
Come mai? Perché il combattimento è pericoloso, potenzialmente letale, e ci sono già troppi rischi di lasciarci le penne nell'avventurarsi in un sotterraneo irto di trappole. Ma questo vuol dire che la morte del personaggio va presa con filosofia; ricollegandosi a quanto dicevo prima, se nelle più recenti edizioni di D&D la morte del proprio PG è la compianta e fumettisticamente reversibile morte di un eroe, per quanti seguono l'OSR la morte del personaggio è un accidente previsto, che non fa piacere ma che di certo non si trasforma in una sciagura accompagnata da prefiche e peana per la dipartita dell'infelice destinato a sconfiggere il perfido signore dei demoni.

Osservate come vicino al gigantesco troll ci siano i resti dello scudo di qualche sfortunato avventuriero; e osservate come i suoi avversari non siano certo protetti da una scintillante armatura. Osservate anche come lo scontro si svolga in un dungeon (sistemato sopra un lussuoso letto a una piazza e mezza nella mia camera nuova, ma questi son dettagli...), e come l'atmosfera sia nel complesso più cupa (è bastato chiudere la persiana).

Questi aspetti vanno di pari passo con certe consuetudini del regolamento originale di D&D, presenti in praticamente tutti i giochi dell'Old School Renaissance: 6 caratteristiche, razze, classi e livelli, e spesso razze come classi, punti esperienza (ottenuti rigorosamente con la conquista dei tesori) e punti ferita (drammaticamente pochi, dimenticate i sacchi di carne che possono fare il bagno nella lava), classe armatura (preferibilmente negativa: più è bassa e meglio è) e naturalmente il famigerato "tiro per colpire classe armatura 0". Nei giochi old school tipicamente mancano tutte le tracce di abilità e affini: se il giocatore sa descrivere a dovere l'azione, allora è probabile che il suo personaggio sappia compierla; interpretazione, ingegno e plausibilità bastano a gestire buona parte delle situazioni esterne al combattimento.
Contando i veri e propri GdR della “vecchia scuola” (secondo i più, quelli nati prima del 1984 o quantomeno ispirati al modo di giocare diffuso prima di allora) e i numerosi retrocloni, quasi-cloni, non-sono-cloni-ma-voglio-chiamarli-old-school-per-agganciarmi-al-treno-visto-che-il-mio-si-è-disperso-nel-nulla e compagnia cantante, l'OSR è certamente un fenomeno vivo, di nicchia ma vivo. I primi regolamenti di D&D sono stati rigirati e tradotti in tutte le salse, per cui anche un non anglofono potrà disporre, senza neanche bisogno di spendere un centesimo, di tutto l'oldschoolumine di cui possa sentire il bisogno. Viene quasi da chiedersi se ci sia bisogno di creare nuovi giochi del genere, o se non sia piuttosto più proficuo dedicarsi a espandere le regole di un gioco già esistente e diffuso.
E con “viene da chiedersi” intendo dire che io per primo mi sono fatto questa domanda. Ci ho pensato a lungo, e alla fine mi sono dato una risposta: non esiste alcun motivo per cui io tiri fuori l'ennesimo retroclone appena un poco diverso dagli altri, ma forse non sarebbe male se creassi un gioco “vecchio stile” studiato appositamente per integrare alcune regole interessanti che mi sono venute in mente.
Quali sarebbero queste regole è presto detto.
  • Una meccanica di base che incentivi il gioco di ruolo old school (esplorazione libera del sotterraneo finalizzata al far bottino, combattimento letale da evitare il più possibile) attraverso un regolamento snello e facilmente adattabile alle diverse esigenze che si possono presentare durante una partita.
  • Un metodo di creazione del personaggio fatto di scelta di caratteristiche, razza, classe e livelli, in cui la razza e la classe indichino quel che il personaggio può fare, e le caratteristiche e il livello quanto bene lo sa fare.
  • Un sistema di magia completamente diverso da quello classico di D&D, il cosiddetto sistema “vanciano” per cui ogni incantesimo è una cartuccia. Un sistema di magia che non renda gli incantatori imbattibili, ma che li leghi piuttosto a degli oggetti materiali, le pergamene e le rune di magia, permettendo loro una maggiore libertà nell'utilizzo dei propri poteri.
  • Delle regole apposite per la creazione di oggetti magici e non che trasformino ogni mostro abbattuto in una occasione di crearsi nuovi equipaggiamenti, rendendo veramente l'idea degli avventurieri “accattoni” per i quali anche la pelle del nemico può diventare un buon tesoro.
  • Infine, una meccanica che consenta ai personaggi di ripetere alcuni tiri di dado grazie alla dubbia benedizione di potenti creature immortali la cui natura sarà pesantemente legata anche ai dungeon in cui gli avventurieri si muoveranno.
Riuscirò a completare questo mio progetto, decisamente molto ambizioso e ancor di più per qualcuno come me, che di tempo libero non ne ha poi tanto ma che sguazza nella pigrizia? Non lo so, ma so che ci proverò.

3 commenti:

  1. ottimo :)

    mi ero perso il manifesto del gioco

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    1. Grazie. :)
      Rispetto al manifesto qualcosa (la creazione degli oggetti) è un po' cambiata, ma altri aspetti come vedi ci sono sempre, e gli Arconti c'erano già da allora. :)

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