mercoledì 7 dicembre 2011

Dalla mitologia a me

L'ennesima, seria ma non troppo, poesia da innamorato autorepresso e timido.

In questo caso, però, ai soliti temi ho aggiunto un riferimento mitologico (con rovesciamento finale) che viene chiarito solo nel quartultimo verso.
Intanto, il grande componimento del quale parlo ormai da un mese non è ancora stato concluso. Son lento, lo so, ma sono tanti, tanti versi.



Narrano i miti che solo il Signore,
L'Asceta Divino,
Unico in tutti i tre mondi del cosmo,
Poté senza affanno
Rendersi immune alle frecce d'Amore.
Lo vinse, si dice,
Solo la Figlia del Monte, quand'ella
decise di darsi al
Duro patire d'ascesi, impietosa,
Per rendersi degna,
Simile in tutto al bramato compagno,
D'essergli sposa.
Questo si narra. Ma come potrebbe
Un uomo comune, in
Preda ai tumulti del cuore, riuscire
Laddove soltanto
Uno poté di siffatta natura?
E come, mi chiedo,
Posso resistere essendo qual sono,
Sensibile e stolto,
Lesto a bruciarmi col fuoco provato
Nell'animo? E come
Posso resistere all'anima pura
Di lei, lei radiosa
D'ogni sognata virtù, della grazia
Bramata da sempre,
Giovane fiore di loto dal volto
Di luna? Ma lei non
Prova per me la passione che sento
Nel solo a pensarle ,
Lei certamente non m'ama, lo vedo.
Ma donami allora,
Figlia del Monte, una salda fortezza
Nell'animo, dammi,
Grande signora, la forza interiore
Di spirito saldo
Grazie alla quale potesti, soffrendo
Con gioia l'ardore,
Renderti simile ai sogni di Śiva,
Che possa anche io stesso
Rendermi simile ai sogni di lei,
Che mi prese nel cuore.

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