Causa viaggio e conseguente malattia sono rimasto fermo per un bel po' di tempo. Ma ho in lavorazione un enorme componimento basato proprio su tale viaggio.
Inoltre, negli ultimi tre giorni ho praticamente buttato giù quanto segue: un altro componimento vagamente goticheggiante, costituito attorno all'idea di una bestia che non so identificare neppure io, nella quale ho cercato di inserire tutta una serie di richiami orrorifici.
Non è un genere per il quale impazzisco, ma dopotutto è abbastanza riposante da comporre.
Ora vi chiedo, prestiate attenzione al
Contesto dei versi,
Questo provate a pensare: una bestia
Crudele, letale,
Figlia dell'uomo, può darsi, dotata
Di mente e pensiero.
Essa, nel dare la morte, riflette
Sul proprio sentire,
Pensa alla propria natura, e talvolta,
La testa chinata,
Piange, gemendo per quanti ella uccide,
Temuta ed odiata.
Questo, ritengo, potrebbe la bestia
Pensare, una notte,
Mentre la chiama l'istinto di caccia,
La sete di sangue.
“Corro su zampe veloci, con l'unghia
che fende la terra
Fredda, ghiacciata al mio tocco: la vita
Si spegne d'attorno,
Sempre procedo compagno di morte,
Le piante si seccan
Ogni qual volta, incurante, le sfioro
Col corpo possente.
Ora lo sento, m'inebria l'odore
Dell'uomo che fugge,
Quasi impazzito, sentendo nel cuore
La morte ed il gelo
Spandersi al solo passaggio di me che
L'inseguo, spietato.
Forse ha sentito le voci, le tetre
Leggende che in molti
Spesso raccontano attorno ad un fuoco, al
Sicuro, protetti,
Sulle mie cacce notturne. Di certo
Conosce, quest'uomo, il
Fato che adesso l'attende: per quanto
S'illuda, sperando
Possa sfuggirmi con passi veloci,
Nascondersi, forse,
Nulla di questo potrebbe salvarlo
Da me, dalla bestia.
Fiuto l'odore, perfino, di quello
Che prova, ne annuso,
Sempre più forte, il terrore. Ne sento il
Pulsare del sangue
Farsi più intenso man mano che fugge,
L'illuso. Da sempre
Son predatore dell'uomo, conosco
La preda: mi basta
Qualche secondo, ho raggiunto il mio pasto
Notturno, tremante.
Squarcio il suo collo con zanne affilate,
Un morso pietoso;
Sento il sapore, metallico e caldo,
Del sangue che sgorga
Scorrermi lungo la gola, assaporo
L'istante. Poi, quando
Guardo quel corpo pietoso, straziato ed
Esangue, mi cola
Lungo la faccia imbrattata di sangue u-
Na lacrima amara.
Certo quell'uomo, ridotto ad un corpo
Contorto, ha lasciato
Dietro di sé, nella morte, una vita
Trascorsa con altri,
Forse lo piange un'amore, od un figlio
L'attende alla casa.
Forse era un saggio, od un santo, o magari un
Poeta, oppure,
Spero, un crudele assassino che uccisi a
Ragione. L'ignoro:
Ora soltanto un cadavere, freddo,
Rimane di quello
Ch'era in passato. Di nuovo ho preteso il
Tributo dall'uomo,
Come ogni notte di caccia. La sete
Mi lascia, si placa.
Torno sui passi percorsi, mi colma il
Disgusto pestando
L'erba contorta e distrutta da me sul-
La terra gelata.
Sempre compagno di morte, da sempre as-
Setato di sangue.
Questa la vita che vivo da sempre, uc-
Cisore bestiale.
Spero che un giorno la sete si plachi
Per sempre, che possa
Smettere d'essere un empio terrore
Per l'uomo, ma so di
Certo che mai la condanna avrà fine
Per loro, per me.