lunedì 22 dicembre 2014

Croniche pentadiendiare: atto V

Domenica scorsa (sì, sono in temibile ritardo) abbiamo giocato la quinta partita della nostra campagna. Avrei dovuto in teoria avere la Guida del Dungeon Master, ma a causa di quella distesa d'acqua nota come Tirreno, infame rallentatore di viaggi e spedizioni, la mia copia è arrivata solo il giorno dopo.
Anche con questo problema, tuttavia, è stata una giocata molto intensa, ricca di azione e soddisfazioni per i giocatori: hanno infatti raggiunto il 3° livello di esperienza, mica balle!


ATTO V


I due briganti stanno ancora danzando il ballo della corda quando attorno al villaggio di Ponte Nuovo si levano gli ululati minacciosi di innumerevoli lupi. In pochi istanti si scatena il panico fra la folla venuta ad assistere all'esecuzione, mentre le guardie e gli avventurieri si preparano a fronteggiare la nuova minaccia.
Nel fuggi-fuggi generale, nove bestie si scagliano contro i nostri, e nel loro agire c'è qualcosa di troppo metodico per far pensare al semplice disegno di un animale. Tre dei lupi, in particolare, hanno le dimensioni di piccoli cavalli e hanno nei loro occhi uno scintillio di intelligenza fuori dal comune.




Per fortuna gli aspiranti eroi/approfittatori avevano con sé il proprio equipaggiamento da combattimento (ma non le pozioni alchemiche strappate di mano ai banditi, purtroppo per loro), e hanno la prontezza di reagire con tempismo: mentre le guardie cittadine si danno da fare per eliminare i lupi che stanno attaccando il resto della folla, Nete scaglia un dardo della sua nuova balestra contro uno dei lupi giganti ancora in avvicinamento; Shamash le fa eco con una delle sue fide accette da lancio. Grande è la gioia degli avventurieri nello scoprire che, a differenza dell'esemplare incontrato in precedenza, queste bestie possono essere ferite dalle loro armi.
Dal canto suo Quarion preferisce piuttosto proteggere se stesso con un incantesimo di armatura magica.

I lupi più grandi sono ancora fuori dalla mischia, quasi che abbiano usato gli altri membri del branco come *avanguardia*, ma gli altri canidi attaccano in massa e riescono a colpire e buttare a terra sia il guerriero che la contessina, quest'ultima colpita in maniera alquanto grave.
Rialzatasi, dunque, la barda provvede a curare le proprie ferite con un incantesimo, mentre due dei lupi più piccoli cadono in preda al sonno magico dello stregone; (1) alzatosi da terra con il corpo e l'orgoglio alquanto ammaccati, il dragonide soffia la sua velenosa ira contro buona parte del branco: vengono colpiti tre dei lupi più piccoli, e uno dei lupi giganti sopraggiunti nel frattempo.
Ma quando arriva il loro turno le bestie non si fanno certo pregare, tempestando Shamash di morsi e buttandolo ancora una volta a terra. Anche Nete subisce diversi danni dai lupi, anche se riesce a evitare di essere buttata nuovamente a terra.
Lo stocco dell'infernale e il martello del dragonide lacerano le carni delle belve, mentre il mezz'elfo sfrutta l'erratico potere del Caos per rendere più preciso un dardo di fuoco. Purtroppo il guerriero, divenuto il bersaglio d'elezione del branco di canidi forse davvero molto ghiotti di carne draconica, cade a terra privo di sensi.


Nete e Quarion lo sanno bene: senza Shamash sono spacciati, e ci sono alte probabilità che vedendolo a terra i lupi decidano di pasteggiare con i suoi resti - una prospettiva per niente allettante.
Perciò la barda si inchina sul compagno caduto, e con una melodia mistica rimargina le sue ferite; dopo quello che passerà alla storia come uno dei più brevi svenimenti del mondo, nel giro di qualche secondo il dragonide riapre gli occhi, quasi abbagliati dalla luce scarlatta del tramonto, rossa come il sangue che sgorga ancora copioso dalle sue numerose ferite.
Così il quasi-risorto guerriero riprende a maciullare i lupi col suo martello da guerra, ma è il dardo incantato del mezz'elfo a porre fine alla vita di tre lupi, trafitti da proiettili invisibili ma non per questo meno letali; ironia della sorte, il Caos dei flussi magici riempie di rinnovato vigore lo stregone, l'unico del gruppo a non aver subito ferite. (2)
Questo però fa sì che il branco percepisca Quarion come un pericolo, e così anche lui deve difendersi, fortunatamente con successo, dalle fauci delle belve.
Ora che rimangono tre lupi giganti è su di essi che i nostri, fra un morso (a Shamash) e l'altro, concentrano le loro attenzioni: un ultimo dardo incantato sancisce la fine di uno di tali mostri, mentre gli altri vengono consumati a poco a poco da stoccate, martellate e dardi di fuoco.
Ma i lupi non si danno per vinti: in condizioni normali un branco si sarebbe già ritirato, non così questo, che anzi continua ad attaccare il guerriero e lo stregone con rinnovato vigore. I nemici cadono uno ad uno, mentre ormai i fratelli Sei Dita hanno smesso di contorcersi e pendono mestamente dalle loro corde. Sfortunatamente anche il dragonide, vero e proprio manicaretto della cucina lupesca o forse semplicemente identificato come il più grosso e minaccioso, cede alle ferite subite e chiude di nuovo gli occhi in preda a quel dolce oblio che precede la morte. Sta ancora una volta a Nete, cornuta infermiera del gruppo, strapparlo dalle braccia dell'oltretomba con un incantesimo di cura ferite.
E alla fine, anche se per poco Shamash non ci lasciava la pelle, la battaglia è vinta.

Anche gli altri lupi sono stati respinti o uccisi, con perdite tutto sommato limitate per la comunità. Ma i nostri non hanno neanche il tempo di rinfoderare le armi, perché subito arriva una guardia a chiedere rinforzi contro un animale che sembra invulnerabile a qualsiasi arma. Sarà lo stesso lupo incontrato giorni prima o esistono più bestie con quella strana facoltà?
Gli avventurieri fanno una rapida sosta alla magione di Lucilio Corsi, dove hanno lasciato le loro pozioni, e si preparano a combattere contro la nuova minaccia, ma sopraggiungono troppo tardi: lo strano lupo si è allontanato poco dopo aver ucciso una guardia e averne ferito un'altra; sembrava possedere un'intelligenza fuori dal comune, e dal collo gli pendeva uno strano collare. Rufio Salvi e il borgomastro, sopraggiunti poco dopo, non possono fare altro che ringraziare ancora una volta il gruppo e chiedere loro di fare il possibile per risolvere anche questa minaccia. Ma se ne riparlerà al mattino, dato che per quanto la notte sia tutto sommato luminosa il sole è ormai tramontato.
Tutti i feriti vengono radunati nella taverna, riaperta per l'occasione, dove vengono somministrate cure e la musica soprannaturale di Nete li aiuta a riprendersi più rapidamente dallo scontro. I nostri si fanno però sospettosi, e in qualche modo scaramantici, quando Caterina Fogliarossa, la già plurisospettata figlia del locandiere Atarasso, raccomanda loro di stare attenti quando affronteranno nuovamente i lupi. Che sappia qualcosa? Che sia collegata alle belve? Che gli "eroi" siano semplicemente molto, molto paranoici? (3)

Com'è come non è il giorno successivo, ripresisi dallo scontro, rifocillatisi e portandosi dietro le pozioni e le sostanze alchemiche saccheggiate dal covo dei briganti (rubare a un ladro non è un furto, vero?), gli avventurieri si preparano a esplorare il bosco. Il piano d'azione concordato è quello di recarsi in prima battuta dall'anziano eremita elfico che abita a mezza giornata di cammino da Ponte Nuovo, facendosi accompagnare da una guida locale.
Viene loro assegnato un cacciatore che conosce i territori circostanti, e sono ormai pronti a partire quando, fra vedere e non vedere, Shamash decide di trattenersi un attimo in più e va da Corsi a chiedergli di avere in prestito la mazza da guerra in argento che fu di suo padre: diverse creature soprannaturali sono vulnerabili alle armi in argento dopotutto, e il borgomastro non può negare questo favore a uno degli eroi che hanno sconfitto i banditi e difeso il villaggio più volte. L'idea piace alla barda che, sempre fra vedere e non vedere, chiede a Rufio di forgiare alcune delle sue monete d'argento in punte di quadrello da balestra.

Alfonso, il cacciatore quarantenne che accompagna i nostri, rivela in realtà di non aver mai parlato a tu per tu con l'eremita ma di averlo comunque incontrato un paio di volte. E' usanza comune presso gli elfi, raggiunta una certa età, ritirarsi a praticare forme più o meno dure di ascesi in zone lontane dalla civiltà. Mudras, (4) il vecchio in questione, ha stabilito la sua dimora presso le sorgenti dell'affluente meridionale del Limeo, una zona di piacevole bellezza e quiete ad alcune ore di camminata dai Guadi Dei Teschi.



Dopo una camminata mattutina e pomeridiana lungo il corso d'acqua il gruppo arriva in vista delle sorgenti, una polla d'acqua che sgorga naturalmente dal terreno al centro di una radura; là l'eremita ha edificato la sua dimora, una capanna di legna e frasche dignitosa nella sua semplicità. Si bussa sulla porta dell'umile dimora, e poco dopo da essa fuoriesce un elfo molto anziano, con lunghi capelli bianchi (5), il volto segnato da alcune rughe e il corpo rivestito da una semplice tela bianca; la mano destra dell'asceta è però avvolta da bende imbrattate di sangue.
Ben presto, fatte le dovute presentazioni al vegliardo, lo si informa della situazione a Ponte Nuovo e dei misteriosi attacchi da parte dei lupi. Egli non sembra sorpreso della cosa, dato che a quanto afferma persino il lupo che era riuscito ad addomesticare (6) gli si è recentemente rivoltato contro mordendolo alla mano. Mudras però non sembra sapere altro riguardo all'origine di questo branco selvaggio, sebbene gli avventurieri trovino in lui un sapiente che, pur ignorando l'esistenza della tomba di Lamisha, era a conoscenza della sua storia e dell'antica minaccia di Agarrex.
Tutto considerato, l'incontro non l'eremita non ha portato ai nostri nessuna illuminazione, ma se non altro l'elfo sta bene - mano a parte. Presa da un impeto di generosità, Nete si offre di curarlo con la sua magia bardica; Mudras le è grato, ma preferirebbe che l'incantesimo venisse eseguito all'interno della capanna per non esporre a troppi occhi la vergogna della sua ferita.
Inquietata ma non troppo la contessina accetta di ritirarsi con lui nella dimora. L'interno è tutto sommato piuttosto angusto e poveramente adornato, ma una scala seminterrata conduce a un piano sotterraneo dove si trova la stanza da letto del vegliardo. La barda avanza lentamente in direzione delle scale, quando all'improvviso un coltello manca di pochi millimetri la sua testa; girandosi di scatto vede alle sue spalle una perfetta copia di sé stessa vestita con gli abiti dell'eremita.

Mentre la vera (?) Nete è visibilmente e comprensibilmente stupita e terrificata, la Nete-Seconda la colpisce con un pugno violentissimo, quasi che nell'arto ci fosse una massa ben superiore a quella visibile. L'infernale, con l'occhio nero e lampanti crisi d'identità, leva un grido d'aiuto all'indirizzo dei suoi compagni, grido che la magia trasforma in una vera e propria onda di tuono. La replicante viene allontanata violentemente dall'esplosione di rumore, mentre le pareti di legno scricchiolano; poco dopo la porta si apre, e agli occhi si Alfonso, Quarion e Shamash si presenta la alquanto improbabile scena di due barde che si combattono fra loro. (7)

Il povero cacciatore è troppo sconvolto dalla scena per intervenire, ma lo stregone e il guerriero sono lesti a intervenire per proteggere l'infernale: una fiala di fuoco alchemico e un dardo di fuoco "accendono" il replicante, che pure continua a malmenare la contessina. Il dragonide cerca di frapporre il suo scudo fra la Nete-Seconda e la vera Nete, ma non riesce a evitare che quest'ultima venga colpita ancora una volta da quei pugni innaturalmente duri e violenti e costretta a curare se stessa con la propria magia: è come se l'aggressore non si curasse delle fiamme sul suo corpo. Il mezz'elfo lo colpisce con un dardo incantato, ma la sua caotica magia sembra provocare danni maggiori a Quarion stesso dato che i suoi capelli si staccano dal cranio per intrecciarsi e andare a colpire l'avversario. Quasi incurante dei colpi, quasi insensibile alle ferite, quasi che ora il suo unico scopo sia provocare quanto più turbamento possibile negli avventurieri, il replicante continua a bersagliare di insulti la barda mentre la tempesta con i suoi pugni innaturali; sembra conoscere su di lei particolari che nessuno a parte lei dovrebbe conoscere, e sfrutta tutte queste conoscenze per turbarla ancor di più. (8)


La situazione è per lei disperata, ma l'infernale dà fondo alla sua risoluzione e riesce a scuotere dal torpore il cacciatore Alfonso, che finalmente sfodera le armi per attaccare la creatura; e, sebbene poco dopo Nete crolli a terra priva di sensi, la Nete-Seconda la segue poco dopo. Non appena il respiro e la vita abbandonano il suo corpo, mentre i suoi compagni si stanno ancora chinando per somministrare alla barda una pozione di cura, il replicante assume la sua vera forma: quella di una creatura androgina e senza lineamenti, dalla pelle grigia e gommosa.
Ancora scossi dall'accaduto, i nostri si mettono a ispezionare la capanna, una capanna molto povera di tesori. Quel che balza subito agli occhi, piuttosto, è lo strano orecchino indossato dal replicante attorno al suo padiglione auricolare, un orecchino d'oro liscio con al suo interno il disegno stilizzato di un dito sollevato a intimare silenzio.
Ben più importante appare subito essere quel che gli avventurieri trovano nel piano interrato, nascosto in uno stanzino dietro a una porta chiusa a chiave: il vero eremita Mudras, legato e imbavagliato.
L'elfo è grato agli avventurieri per averlo liberato dalle grinfie del replicante, sulle cui facoltà è in grado di svelare qualcosa agli eroi: quegli esseri sono dotati di forti poteri telepatici, e sono in grado di leggere i pensieri di chi sta loro attorno; è così che la creatura ha interpretato il ruolo dell'asceta, è così che ha potuto conversare col gruppo dando l'aria di essere un grande saggio. (9)
Il mostro ha preso il posto dell'elfo alcune settimane prima, in concomitanza coi primi attacchi dei lupi, e ha eliminato il lupo dell'eremita che era riuscito tramite l'olfatto a vedere oltre i suoi inganni. Ma la vittoria del gruppo è poca cosa dinnanzi alla minaccia che si para loro davanti... poiché il replicante operava in combutta con una seconda creatura, un mostro che ha infettato Mudras col suo morbo e che è la vera guida del branco di lupi: un licantropo, un lupo mannaro. (10)
Il grosso problema è che mancano poche ore al tramonto, giusto il tempo di tornare in tutta fretta a Ponte Nuovo, e dopo sarà notte... una notte di luna piena, una notte in cui il licantropo attaccherà di nuovo. L'eremita lo sa bene, poiché il piano originale prevedeva che anche lui, caduto in preda alla frenesia sterminatrice del morbo, venisse sguinzagliato contro il villaggio.  E gli avventurieri, così, si trovano davanti a un enorme enigma: possono lasciare Mudras nella sua capanna, legato saldamente in modo che non possa far male a nessuno, e affrettarsi a difendere il villaggio, oppure possono portarlo con sé per difenderlo da eventuali rivalse del lupo mannaro. Ma così Ponte Nuovo rischierebbe un doppio attacco.
D'altro canto, esiste secondo l'anziano elfo un modo per combattere la licantropia, un'erba che se somministrata entro la fine della prima trasformazione permette di eliminare il contagio dal proprio corpo: la belladonna, un potente veleno, è in grado di ammazzare il lupo mannaro all'interno di un infetto. Data la tossicità della sostanza, tuttavia, serve un bravo erborista per somministrarla a dovere, senza che sia inefficace ma senza nel contempo avvelenare mortalmente il paziente; e vuole il caso che Quarion sia un discreto erborista, e che la pianta in questione sia tutto sommato frequente in quella zona.

Si decide dunque che il mezz'elfo (ringraziato diverse volte da Mudras, che arriva a chiamarlo "fratello") vada a cercare la pianta col cui distillato curare l'asceta e poter in futuro affrontare il lupo mannaro con maggiore tranquillità. Ma, dato che le sue energie magiche sono ormai quasi esaurite, Nete lo accompagnerà. Shamash resterà alla capanna, per difendere Alfonso e il vegliardo nel caso in cui il licantropo dovesse attaccare lì.
Dopo circa mezz'ora di attente ricerche la barda e lo stregone trovano quello che stavano cercando, una pianta di belladonna ricca di bacche e fiori; con circospezione Quarion la preleva e la mette al sicuro in un barattolo, in modo da non rischiare alcun avvelenamento accidentale.
Ma, presi dalle loro ricerche, gli avventurieri non si sono accorti di qualcuno che li ha seguiti nel fitto del bosco, qualcuno che li seguiva fin da quando, la mattina, hanno lasciato Ponte Nuovo.
Cogliendo entrambi i nostri alla sprovvista ecco che dal folto della vegetazione salta fuori un umanoide possente, una creatura muscolosa e scattante alta più di due metri e col corpo irto di pelliccia, dalla testa ferina e bestiale: il lupo mannaro ha trovato Nete e Quarion, e senza Shamash né l'arma d'argento i due sono ufficialmente nei guai fino al collo.


I due, a corto di risorse e di coraggio, si gettano in una fuga disperata. Ma l'essere, mutato in forma di lupo, corre ben più in fretta di loro e li raggiunge in poche manciate di secondi. E' fatta, o la va o la spacca: la barda dà fondo alle sue riserve magiche con un'onda di tuono, e lo stregone fa del suo meglio per far valere ogni singolo dardo di fuoco. Si dice che la fortuna aiuti gli audaci, e forse è vero: una fortuna soprannaturale sembra aver benedetto i nostri, poiché ogni loro colpo va a segno mentre il licantropo riesce a colpire con le sue fauci infette unicamente l'infernale, senza peraltro provocarle gravi danni.
L'impossibile si avvera: gli incantesimi di Quarion e Nete hanno infine ragione del lupo mannaro che, una volta morto, torna ad assumere le fattezze di un normale essere umano. (11) Dal collo gli pende una corda, alla quale è appeso un anello in tutto e per tutto uguale a quello indossato dal replicante, mentre sul suo petto è incisa l'impronta di una zampa mediante quelle che sembrano cicatrici di violente artigliate. Come verrà poi stabilito, questi segni identificano i membri del Branco, una confraternita di mercenari la cui origine risalirebbe all'Era Del Caos Inarrestabile.
Stanchi, malconci, feriti eppure vincitori i due compagni trascinano il cadavere del licantropo fino alla capanna di Mudras, dove intanto Shamash ha fatto una scoperta interessante.

Fra i pochi effetti personali del replicante si trovano infatti alcune carte con un sigillo molto particolare, un sigillo che identifica gli agenti scelti del vicino Regno Di Nuova Igniger (12). Dalle carte emergerebbe che la creatura sarebbe stata mandata a Ponte Nuovo per creare dei disordini, disordini tanto gravi da spingere il piccolo ma strategicamente importante villaggio a chiedere l'aiuto del vicino avamposto regale - sancendone così la secessione dal granducato. La notizia sconvolge sia gli avventurieri che l'eremita, che anni fa scelse di ritirarsi in quella zona proprio in virtù della pace che vi regnava. Ma non c'è tempo da perdere, si avvicina il tramonto ed è prioritario che Quarion prepari quanto prima un decotto a base di belladonna per rimuovere la licantropia che affligge Nete e Mudras.
Il problema, però, è che questo preparato necessiterebbe di alcool, mentre nella capanna del vegliardo non c'è neppure una bottiglia di vinello. Preoccupata dalle ricadute estetiche del trasformarsi in una lupaccia pelosa, la contessina decide di sacrificare uno dei suoi profumi, quello che porta sempre con sé: è a base alcolica dopotutto. Per quanto non sia la base migliore, il mezz'elfo decide che se la farà andare bene; così le sue mani esperte selezionano e lavorano le parti della pianta necessarie a preparare la sostanza, che viene poi somministrata all'elfo e all'infernale; quest'ultima ne accusa particolarmente gli effetti, rimanendo pesantemente debilitata mentre il piccolo licantropo dentro di lei muore di morte sofferta.

Armati di ulteriore belladonna e della mazza d'argento, gli avventurieri decidono di arrischiarsi a tornare a Ponte Nuovo viaggiando anche dopo il calar del sole. Anche l'eremita viene con loro, preoccupato dalla piega che hanno preso gli eventi.
Ma quando tornano al villaggio trovano ad accoglierli una sorpresa amara: la guardia che il giorno precedente era stata ferita dal lupo, non appena è calato il sole, si è trasformata a sua volta in un licantropo. Il mostro è scappato dai suoi alloggi senza fortuitamente ferire nessuno, ma si sta ancora aggirando per la città mentre altre guardie, armate delle frecce d'argento forgiate per la contessina, lo stanno cercando per tutto l'abitato.
Spossati dalla fatica, Mudras e Nete trovano ricovero nella locanda, e Quarion approfitta degli alcolici lì presenti per creare nuove dosi di estratto di belladonna. Shamash invece si unisce a Rufio Salvi, che catene in mano sta cercando il lupo mannaro per ridurlo all'impotenza e cercare, se gli riesce, di guarire il giovane.

Dopo qualche tempo il dragonide trova le tracce del licantropo, che conducono dritte a un recinto di animali: la bestia è lì che fa strage di manzi. E qui ha inizio la sagra del virile corpo a corpo con il lupo, poiché il possente fabbro e il muscoloso dragonide si buttano a mani nude contro l'avversario, schivando strenuamente i suoi morsi e riuscendo dopo duro e sofferto scontro a immobilizzarlo a terra, dove viene prontamente legato e incatenato, il suo muso tenuto fermo da legacci. (13)
Quando poco prima dell'alba il borgomastro e gli avventurieri arrivano da loro, portando con sé la belladonna, trovano Shamash e Rufio che tengono il licantropo inchiodato a terra col proprio peso. E quando questi tramontata la scena riassume le sue fattezze umane si assiste alla non troppo bella scena di un uomo nudo legato come un salame con un poderoso lucertolone e un omaccione nero seduti su di lui. Anche al giovane viene somministrata la cura, ponendo così fine alla minaccia dei lupi che per quasi un mese ha attanagliato il pacifico villaggio di Ponte Nuovo.
E per i nostri è venuto il tempo di godersi un po' di meritato riposo.

Sempre ospiti a casa di Lucilio Corsi, che naturalmente dona definitivamente al gruppo la sua mazza in argento, gli avventurieri passano il tempo a meditare su quel che hanno appreso in questi frenetici giorni. Il guerriero in particolare trascorre molto tempo col fabbro, che ripara per lui l'armatura (non più) animata rinvenuta nella tomba di Lamisha mentre gli trasmette i rudimenti della sua arte. 
E, quando ormai gli Eroi Di Ponte Nuovo stanno per rimettersi in cammino, ecco che nel villaggio arriva un viaggiatore inaspettato: un altro dragonide, il primo della sua razza che Shamash ha potuto vedere da quando, anni prima, ha abbandonato gli Imperi Draconici posti nelle lontane terre oltre i deserti occidentali...


(1) lupi, preda. E' una battuta, ridere.

(2) con gran gioia dei suoi sanguinanti compagni d'avventura.

(3) ma paranoici molto, vi giuro. Ora come ora, se Caterina si rivelasse un avversario non ci sarebbe nessuna suspense, ma se non si rivelasse un avversario i giocatori penserebbero che così abbia stabilito perché ormai sgamato.

(4) aneddoto divertente. Mentre io pensavo a un nome elfico (=hindu in questa ambientazione) adeguato, un giocatore commenta come lui, dovendo far da master, la finisca sempre per usare come nomi dei PNG i nomi ribaltati di cose che ha sotto gli occhi. Ora, "Mudras" al contrario è "sardum". E i giocatori erano convintissimi che anch'io l'avessi inventato sul momento. ^^'
In realtà Mudras sarebbe un maschile a partire da Mudra, uomini e donna di poca fede.


(5) e qui il problema: io vorrei gli elfi barbuti, i giocatori forse no. Tocca discuterne.

(6) secondo la tradizione hindu la presenza di un asceta rende pacifiche le bestie selvagge; con lupi e agnelli che pascono assieme non si è inventato nulla.

(7) catfight!

(8) "Ti ucciderò e prenderò il tuo posto, nessuno piangerebbe la tua morte. Neppure la tua amante."
Impagabile la faccia della giocatrice.

(9) e questa, devo ammetterlo, è una rivelazione che attorno al tavolo da gioco è piaciuta molto assai.

(10) il giocatore di Shamash ha detto che, bene o male, se lo aspettava. Gli altri un po' meno. Però diamine:
- lupi che attaccano come se guidati da una mente razionale (ed essere invulnerabili ai loro morsi è il miglior modo per diventare il maschio alfa del branco);
- lupo intelligente invulnerabile alle armi comuni;
- master che sottolinea la presenza di armi d'argento;
- recinto dei cavalli dei banditi aperto e cavalli spolpati dai lupi...
... non vorrei dire, ma era volutamente palese. ^^'

(11) a volte sono i tiri di dado a tessere la storia.

(12) ho trovato un nome al regno da cui si è staccato il Granducato Di Aquavernalis. Nuova Igniger, in origine Nova Igniger, è il nome della capitale sorta sulle rovine dell'antica Ignis Niger, capitale dell'impero da cui la nobiltà degli infernali si oppose in passato alle orde del Caos Inarrestabile.

(13) anche qui i tiri di dado hanno generato un ridanciano carosello.

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