Ci siamo, ecco la cronica pentadiendiara della seconda sessione di gioco.
Qui la cronaca della prima sessione.
ATTO IIQui la cronaca della prima sessione.
Abbiamo lasciato i nostri eroi intenti a godersi un bel bivacco di gallette e frutta secca dopo la loro prima vittoria in una battaglia ti-piace-vincere-facile.
Snikko ha finalmente smesso di lamentarsi, complice una randellata in faccia prima di appenderlo a mo' di salame ad un albero, e tutti sono pronti a riposare...
... quando il suddetto goblin - odioso anche per la vocetta che il vostro da master gli ha attribuito - inizia a urlare di paura.
Nete, Shamash e Quarion si precipitano verso l'infido umanoide per scoprire che ci sono ben quattro volverine (1) - o ghiottoni, quei simpatici animali tanto feroci quanto il loro nome italiano è ridicolo - che cercano di spolparselo.
Questa volta la battaglia si preannuncia più difficile, dato l'alto numero di avversari, ma in qualche modo gli eroi sottovalutano la minaccia.
Quarion apre lo scontro con un incantesimo di sonno, che riesce però a far addormentare soltanto uno dei ghiottoni a terra - oltre ovviamente a Snikko, che almeno smette di urlare per iniziare a russare come una segheria. Unico problema è l'attivarsi della magia selvaggia, che rende il povero mezz'elfo incapace di parlare: per un minuto buono dalla sua bocca continuano a uscire solo bolle violacee, il che rende difficile coordinare gli attacchi.
Quarion apre lo scontro con un incantesimo di sonno, che riesce però a far addormentare soltanto uno dei ghiottoni a terra - oltre ovviamente a Snikko, che almeno smette di urlare per iniziare a russare come una segheria. Unico problema è l'attivarsi della magia selvaggia, che rende il povero mezz'elfo incapace di parlare: per un minuto buono dalla sua bocca continuano a uscire solo bolle violacee, il che rende difficile coordinare gli attacchi.
Le altre tre volverine identificano il gruppo come una minaccia però, e si fiondano ad attaccare un avventuriero ciascuno; basta un singolo colpo per mettere in crisi il povero stregone, e il soffio velenoso di Shamash riesce a danneggiare seriamente uno solo dei ghiottoni.
Se non altro, questo vuol dire che gli animali riconoscono nel dragonide la minaccia maggiore, e lasciano dunque in pace il povero stregone dimezzato - che non potendo parlare non può neppure usare i suoi incantesimi. Fra le martellate del guerriero, lo stocco di Nete e la balestra del povero Quarion si riesce finalmente ad aver ragione dei tre ghiottoni, e quello addormentato viene finito nel sonno. Inutile dire che i quattro animali finiscono per essere la cena di Shamash, lieto per avere qualcosa di sanguinolento da poter mettere sotto i denti.
E qui, non appena il goblin si sveglia e lo stregone riprende a poter parlare, iniziano i problemi: che fare di Snikko? Nete prova a intimargli di parlare con una voce meno lagnosa, ma è tutto inutile e il miserabile essere non fa altro che pregare di aver salva la vita e di essere liberato. Quarion propone di ucciderlo seduta stante, ma la barda è più benevola e decide piuttosto di liberarlo pur di levarselo di mezzo ai piedi. (2)
Si ritorna al bivacco, e si decide di fare ciascuno turni di guardia di quasi quattro ore (l'esigenza di dover riposare otto ore ciascuno pesa, ma dopotutto il sole si alzerà tardi e c'è tutto il tempo per riposarsi).
Il primo turno tocca al dragonide, e non sembra accadere nulla di strano; né capita al mezz'elfo di notare qualcosa di particolare. E' solo quando viene svegliata per svolgere la sua veglia che la nobile infernale scopre di aver perso la sua sacchetta del denaro, rubata nottetempo da un abile ladro.
Le tracce parlano chiaro, piccoli piedini nudi: è stato Snikko. Sfortuna vuole che nessuno sia molto bravo a seguire le tracce, per cui il lestofante è libero di allontanarsi senza essere inseguito. Dopotutto, pensa Nete, sono solo 13 monete d'oro: bazzecole per una nobildonna come la contessina.
All'alba, finalmente, gli avventurieri si mettono in marcia verso est, diretti verso le rovine che tanto hanno spaventato Francois Palagini.
Ben presto si rendono conto di due cose: delle piccole impronte di piedi nudi e artigliuti, le impronte di un goblin, vanno nella loro stessa direzione; e nel bosco non si sente nessun rumore. Né il ronzare di una mosca, né il cinguettare di un uccello, né lo strisciare rapido e furtivo di una biscia, niente di niente.
Qui qualcosa ci cova, e che quel qualcosa sia non del tutto normale appare chiaro non appena il gruppo raggiunge le rovine.
Esse sorgono in una conca del terreno, un avvallamento emisferico dalla forma perfettamente regolare, e a prima vista si tratta di un rozzo edificio a base ottagonale.
Quel che lo rende strano e in qualche modo inquietante sono le grosse aperture sulle pareti, così come le pietre con cui è realizzato. Ogni lato dell'edificio è infatti dotato di una sorta di grosso portale a sesto acuto, ma l'apertura è ribaltata rispetto a quanto ci si aspetterebbe: il vertice dell'arco si trova alla base, e la base dell'arco è posta a poco meno di un metro dal soffitto, ormai parzialmente crollato.
I muri della struttura poi sono realizzati con tutta una serie di pietre differenti, dal marmo bianco fino al granito rosa, accostate fra loro senza alcun criterio preciso eppure tutte perfettamente lavorate e incastrate senza alcuna regolarità. Dall'interno della struttura fuoriesce poi un forte ronzio, in netto contrasto con il silenzio tombale dei boschi circostanti.
Le stranezze di queste rovine lasciano interdetti gli aspiranti eroi, che decidono di mandare in avanscoperta l'agile e percettivo Quarion prima di addentrarsi nella misteriosa struttura.
Pur non essendo questo il suo forte, il mezz'elfo riesce ad avvicinarsi abbastanza furtivamente da sbirciare dentro la struttura senza essere visto a sua volta. La stanza, priva di qualsiasi ornamento, è ingombra delle macerie del tetto e presenta un buco al centro; una piccola sagoma umanoide è stesa a terra nelle vicinanze di tale grosso foro, e poco distante c'è un'altra figura simile. Entrambe sono coperte da un vero e proprio stuolo di mosche e vespe, la fonte del misterioso ronzio.
Lo stregone fa cenno di avvicinarsi ai suoi compari, ma sebbene l'infernale riesca a muoversi in silenzio il dragonide non ha la sua grazia e, complice la pesante armatura, riesce ad allertare gli sciami di insetti che si levano immediatamente in volo per sistemare chi ha disturbato il loro pasto. E' il momento di un altro combattimento, e stavolta i nostri se la vedranno molto brutta.
Shamash prova ad aprire col suo temibile soffio draconico velenoso, ma deve avere un fastidioso attacco di tosse perché riesce a malapena a far fuori una manciata di insetti (3), insetti che si arrabbiano e puntano decisamente sui due avventurieri in prima fila: le mosche infastidiscono Quarion, le vespe puntano lo stesso Shamash.
In un mezzo minuto di vero e proprio terrore le cose iniziano a farsi pesanti: ficcandosi in ogni pertugio dello stregone e mordendo ogni parte del suo corpo le mosche rischiano di farlo schiattare, mentre le vespe si dimostrano capaci di dare problemi anche alla pelle scagliosa del guerriero. Quarion, con comica prontezza di riflessi, trasforma la sua mano in una paletta folgorante per mosche ma non riesce a colpirne nessuna, restando con in mano meno di un pugno di mosche; Nete deve provvedere a curarlo, mentre Shamash tenta inutilmente di prendere le vespe a randellate con il suo martello da guerra ed è ben presto costretto a riprendere fiato per evitare di restarci secco.
Finalmente Quarion riesce a indebolire alcune mosche, e mentre la barda fa del suo meglio per rendere innocue le vespe (e il dragonide prende più punture di quante ne abbia mai ricevuto in tutta la sua vita) lo stregone può arrischiarsi a lanciare un incantesimo di sonno, che mette a nanna le mosche residue. A questo punto tutti gli sforzi del gruppo possono concentrarsi solo sui dannati insetti a strisce gialle e nere, che vengono rapidamente abbrustoliti, schiacciati e confusi. Protagonista dello scontro è Nete: con le magiche parole della sua musica bardica riesce infatti a confondere lo sciame, rendendogli più difficile attaccare il povero Shamash, e sarà proprio la sua voce a disperdere definitivamente gli insetti residui.
L'infernale, tronfia della sua vittoria, vorrebbe perdere tempo per bruciare singolarmente ogni singola mosca coi suoi poteri innati, ma i compagni preferiscono piuttosto darsi da fare e schiacciare gli insetti residui prima che ritornino a essere pericolosi.
La battaglia, per quanto più ardua del previsto, è vinta, e i nostri sono pronti a esplorare le rovine. (4)
Esse sorgono in una conca del terreno, un avvallamento emisferico dalla forma perfettamente regolare, e a prima vista si tratta di un rozzo edificio a base ottagonale.
Quel che lo rende strano e in qualche modo inquietante sono le grosse aperture sulle pareti, così come le pietre con cui è realizzato. Ogni lato dell'edificio è infatti dotato di una sorta di grosso portale a sesto acuto, ma l'apertura è ribaltata rispetto a quanto ci si aspetterebbe: il vertice dell'arco si trova alla base, e la base dell'arco è posta a poco meno di un metro dal soffitto, ormai parzialmente crollato.
I muri della struttura poi sono realizzati con tutta una serie di pietre differenti, dal marmo bianco fino al granito rosa, accostate fra loro senza alcun criterio preciso eppure tutte perfettamente lavorate e incastrate senza alcuna regolarità. Dall'interno della struttura fuoriesce poi un forte ronzio, in netto contrasto con il silenzio tombale dei boschi circostanti.
Le stranezze di queste rovine lasciano interdetti gli aspiranti eroi, che decidono di mandare in avanscoperta l'agile e percettivo Quarion prima di addentrarsi nella misteriosa struttura.
Pur non essendo questo il suo forte, il mezz'elfo riesce ad avvicinarsi abbastanza furtivamente da sbirciare dentro la struttura senza essere visto a sua volta. La stanza, priva di qualsiasi ornamento, è ingombra delle macerie del tetto e presenta un buco al centro; una piccola sagoma umanoide è stesa a terra nelle vicinanze di tale grosso foro, e poco distante c'è un'altra figura simile. Entrambe sono coperte da un vero e proprio stuolo di mosche e vespe, la fonte del misterioso ronzio.
Lo stregone fa cenno di avvicinarsi ai suoi compari, ma sebbene l'infernale riesca a muoversi in silenzio il dragonide non ha la sua grazia e, complice la pesante armatura, riesce ad allertare gli sciami di insetti che si levano immediatamente in volo per sistemare chi ha disturbato il loro pasto. E' il momento di un altro combattimento, e stavolta i nostri se la vedranno molto brutta.
Shamash prova ad aprire col suo temibile soffio draconico velenoso, ma deve avere un fastidioso attacco di tosse perché riesce a malapena a far fuori una manciata di insetti (3), insetti che si arrabbiano e puntano decisamente sui due avventurieri in prima fila: le mosche infastidiscono Quarion, le vespe puntano lo stesso Shamash.
In un mezzo minuto di vero e proprio terrore le cose iniziano a farsi pesanti: ficcandosi in ogni pertugio dello stregone e mordendo ogni parte del suo corpo le mosche rischiano di farlo schiattare, mentre le vespe si dimostrano capaci di dare problemi anche alla pelle scagliosa del guerriero. Quarion, con comica prontezza di riflessi, trasforma la sua mano in una paletta folgorante per mosche ma non riesce a colpirne nessuna, restando con in mano meno di un pugno di mosche; Nete deve provvedere a curarlo, mentre Shamash tenta inutilmente di prendere le vespe a randellate con il suo martello da guerra ed è ben presto costretto a riprendere fiato per evitare di restarci secco.
Finalmente Quarion riesce a indebolire alcune mosche, e mentre la barda fa del suo meglio per rendere innocue le vespe (e il dragonide prende più punture di quante ne abbia mai ricevuto in tutta la sua vita) lo stregone può arrischiarsi a lanciare un incantesimo di sonno, che mette a nanna le mosche residue. A questo punto tutti gli sforzi del gruppo possono concentrarsi solo sui dannati insetti a strisce gialle e nere, che vengono rapidamente abbrustoliti, schiacciati e confusi. Protagonista dello scontro è Nete: con le magiche parole della sua musica bardica riesce infatti a confondere lo sciame, rendendogli più difficile attaccare il povero Shamash, e sarà proprio la sua voce a disperdere definitivamente gli insetti residui.
L'infernale, tronfia della sua vittoria, vorrebbe perdere tempo per bruciare singolarmente ogni singola mosca coi suoi poteri innati, ma i compagni preferiscono piuttosto darsi da fare e schiacciare gli insetti residui prima che ritornino a essere pericolosi.
La battaglia, per quanto più ardua del previsto, è vinta, e i nostri sono pronti a esplorare le rovine. (4)
Grazie anche ai sensi acuti di Quarion, al quale è momentaneamente spuntato un terzo occhio in mezzo alla fronte, il gruppo capisce subito che le due figure a terra sono dei cadaveri di goblin, e uno dei due è senz'ombra di dubbio Snikko: deve aver interrotto il pasto delle vespe, e questa l'hanno ricompensato regalandogli un bellissimo shock anafilattico. Nete recupera con modesta soddisfazione la sua borsa del denaro, ma è l'altro corpo quello che si rivela più interessante.
Sebbene in alcune parti le vespe abbiano mangiato la sua carne e le mosche abbiano iniziato a deporre le loro larve nel suo corpo, è chiaro che il goblin è morto per qualche altra ragione: a tratti sembra quasi che la sua figura sia rattrappita, e nella sua pelle ci sono alcune macchie ingrigite che non lasciano presagire nulla di buono. In una mano il malcapitato stringe ancora una fiaschetta di vetro, e ne porta una simile legata alla cintola; sempre dalla cintura gli sporge un ornamento ben più insolito, una collana chiaramente femminile.
Si tratta di un bellissimo pezzo di metallurgia, un sottile gioiello in oro in oro fatto per essere portato in modo che le catenelle anteriori ricadano sul seno dell'indossatrice. Mentre ancora il gruppo cerca di capire che cosa contengano le due bottigliette, la vanitosa contessina si impossessa della collana e la indossa seduta stante.
Mettendo assieme le loro conoscenze, Shamash e lo stregone riescono a capire che si tratta di due pozioni. La prima, un'infusione di amanita muscaria e funghi mangerecci in un liquido cristallino, sembra essere una pozione di cura; l'altra al contrario è piuttosto torbida, densa, e contiene delle amanite falloidi: è probabile che si tratti di un veleno.
Ancora mal messo dallo scontro precedente, Quarion decide di trangugiare immediatamente la pozione di cura, ritornando al pieno delle forze.
E' il momento di esplorare la strana apertura circolare, che si rivela subito essere una scala decisamente insolita: al centro del foro, largo circa due metri, si trova un piccolo pilastro centrale; il buco, che scende per diversi metri nel pavimento della stanza, presenta diverse profonde e ampie scanalature lungo le pareti, scanalature affini a quelle che si trovano lungo il pilastro centrale. Sembra quasi che si tratti di una scala, una peculiare scala a chiocciola in cui al posto dei gradini ci sono delle rientranze a cui appoggiarsi.
Dopo un breve riposo i nostri decidono di vedere che cosa si cela più in fondo nelle rovine.
Mentre Nete e il mezzelfo riescono a vedere al buio, Shamash ha bisogno di tenere in mano una torcia; forse è proprio per questo motivo che, unico fra gli avventurieri, precipita miseramente dalle "scale". Riesce a evitare di farsi eccessivamente male, e l'unica cosa a uscirne ammaccata è il suo orgoglio.
Anche questo piano sotterraneo si mostra alquanto strano: il soffitto è rivestito da lastroni perfettamente lisciati di pietre dai vari colori, come le pareti del piano superiore, mentre il pavimento è realizzato a cassettoni; le otto pareti sono dotate di piccole aperture di forma analoga a quelle viste in precedenza, e ognuna di esse è coperta di elaborati affreschi.
Le aperture, chiuse da uno spesso vetro, sembrano vere e proprie finestre; da esse è possibile vedere dei macabri ossari, dove sono stati composti e assemblati in maniera più o meno disordinata i resti di innumerevoli creature. Spicca, ad esempio, lo scheletro di un giovane drago sul quale è stato montato il cranio di un nano.
Gli affreschi sulle pareti sono altrettanto inquietanti, specialmente perché nonostante la stanza sia ingombra di polvere e palesemente molto antica essi si conservano ancora in perfetto stato. Sono accompagnati da delle scritte in lingue e grafie molto diverse fra loro, e sembrano narrare una qualche storia.
Grazie alle loro rispettive conoscenze linguistiche, Quarion e Nete sono in grado di mettere assieme i dati per decifrare quello strano linguaggio.
Il ciclo di affreschi pare narrare le vicende di Agarrex e della sua compagna Lamisha (5). Il nome del primo suona familiare alla barda: si tratta di un famigerato negromante che visse durante l'Era Del Caos Inarrestabile. Questo collegamento col Caos, il cui simbolo è appunto la stella a otto punte, sembrerebbe spiegare la forma ottagonale delle rovine nonché le numerose stranezze e follie della loro struttura.
Stando al ciclo di affreschi, Lamisha era una giovane rifiutata da tutti che divenne l'amante di Agarrex, ed egli le donò grazie alla sua magia una bellezza quasi ultraterrena; ma la donna provava nostalgia della sua famiglia, e per far sì che il suo cuore non fosse diviso fra più affetti lo spietato Agarrex decise di radere al suolo la città natia di Lamisha.
Sconvolta da tanta perfidia, la giovane tradì il suo amante e cercò di farlo assassinare, ma il piano venne scoperto e l'aspirante assassino ucciso. In un ultimo amplesso d'amore e odio, Agarrex trafisse a morte Lamisha. Particolare inquietante, negli affreschi l'amante del perfido servitore del Caos è ritratta con indosso diversi gioielli, fra i quali spicca la collana che ora è indossata dalla barda.
Sebbene in alcune parti le vespe abbiano mangiato la sua carne e le mosche abbiano iniziato a deporre le loro larve nel suo corpo, è chiaro che il goblin è morto per qualche altra ragione: a tratti sembra quasi che la sua figura sia rattrappita, e nella sua pelle ci sono alcune macchie ingrigite che non lasciano presagire nulla di buono. In una mano il malcapitato stringe ancora una fiaschetta di vetro, e ne porta una simile legata alla cintola; sempre dalla cintura gli sporge un ornamento ben più insolito, una collana chiaramente femminile.
Si tratta di un bellissimo pezzo di metallurgia, un sottile gioiello in oro in oro fatto per essere portato in modo che le catenelle anteriori ricadano sul seno dell'indossatrice. Mentre ancora il gruppo cerca di capire che cosa contengano le due bottigliette, la vanitosa contessina si impossessa della collana e la indossa seduta stante.
Mettendo assieme le loro conoscenze, Shamash e lo stregone riescono a capire che si tratta di due pozioni. La prima, un'infusione di amanita muscaria e funghi mangerecci in un liquido cristallino, sembra essere una pozione di cura; l'altra al contrario è piuttosto torbida, densa, e contiene delle amanite falloidi: è probabile che si tratti di un veleno.
Ancora mal messo dallo scontro precedente, Quarion decide di trangugiare immediatamente la pozione di cura, ritornando al pieno delle forze.
E' il momento di esplorare la strana apertura circolare, che si rivela subito essere una scala decisamente insolita: al centro del foro, largo circa due metri, si trova un piccolo pilastro centrale; il buco, che scende per diversi metri nel pavimento della stanza, presenta diverse profonde e ampie scanalature lungo le pareti, scanalature affini a quelle che si trovano lungo il pilastro centrale. Sembra quasi che si tratti di una scala, una peculiare scala a chiocciola in cui al posto dei gradini ci sono delle rientranze a cui appoggiarsi.
Dopo un breve riposo i nostri decidono di vedere che cosa si cela più in fondo nelle rovine.
Mentre Nete e il mezzelfo riescono a vedere al buio, Shamash ha bisogno di tenere in mano una torcia; forse è proprio per questo motivo che, unico fra gli avventurieri, precipita miseramente dalle "scale". Riesce a evitare di farsi eccessivamente male, e l'unica cosa a uscirne ammaccata è il suo orgoglio.
Anche questo piano sotterraneo si mostra alquanto strano: il soffitto è rivestito da lastroni perfettamente lisciati di pietre dai vari colori, come le pareti del piano superiore, mentre il pavimento è realizzato a cassettoni; le otto pareti sono dotate di piccole aperture di forma analoga a quelle viste in precedenza, e ognuna di esse è coperta di elaborati affreschi.
Le aperture, chiuse da uno spesso vetro, sembrano vere e proprie finestre; da esse è possibile vedere dei macabri ossari, dove sono stati composti e assemblati in maniera più o meno disordinata i resti di innumerevoli creature. Spicca, ad esempio, lo scheletro di un giovane drago sul quale è stato montato il cranio di un nano.
Gli affreschi sulle pareti sono altrettanto inquietanti, specialmente perché nonostante la stanza sia ingombra di polvere e palesemente molto antica essi si conservano ancora in perfetto stato. Sono accompagnati da delle scritte in lingue e grafie molto diverse fra loro, e sembrano narrare una qualche storia.
Grazie alle loro rispettive conoscenze linguistiche, Quarion e Nete sono in grado di mettere assieme i dati per decifrare quello strano linguaggio.
Il ciclo di affreschi pare narrare le vicende di Agarrex e della sua compagna Lamisha (5). Il nome del primo suona familiare alla barda: si tratta di un famigerato negromante che visse durante l'Era Del Caos Inarrestabile. Questo collegamento col Caos, il cui simbolo è appunto la stella a otto punte, sembrerebbe spiegare la forma ottagonale delle rovine nonché le numerose stranezze e follie della loro struttura.
Stando al ciclo di affreschi, Lamisha era una giovane rifiutata da tutti che divenne l'amante di Agarrex, ed egli le donò grazie alla sua magia una bellezza quasi ultraterrena; ma la donna provava nostalgia della sua famiglia, e per far sì che il suo cuore non fosse diviso fra più affetti lo spietato Agarrex decise di radere al suolo la città natia di Lamisha.
Sconvolta da tanta perfidia, la giovane tradì il suo amante e cercò di farlo assassinare, ma il piano venne scoperto e l'aspirante assassino ucciso. In un ultimo amplesso d'amore e odio, Agarrex trafisse a morte Lamisha. Particolare inquietante, negli affreschi l'amante del perfido servitore del Caos è ritratta con indosso diversi gioielli, fra i quali spicca la collana che ora è indossata dalla barda.
Gli avventurieri, scossi da tante rivelazioni e dai crudi particolari con cui sono narrate le vicende nel ciclo di affreschi (6), stanno sostanzialmente valutando il da farsi: Nete teme che attraverso la collana possa venir posseduta dallo spirito di Lamisha, mentre Shamash cerca qualche particolare in più alla luce della torcia.
Solo Quarion, percettivo come sempre, si accorge di una testa femminile che sembra sbucare dal pavimento in un'area in ombra; tuttavia, poco avvezzo com'è al contatto con le altre persone e introverso come solo un eremita sa essere, non lancia nessun grido di avvertimento ai compagni (7).
Ed è così che un attimo dopo, cogliendo tutti meno il mezz'elfo di sorpresa, dal pavimento sotto il dragonide salta fuori una figura femminea ignuda e diafana, facilmente riconoscibile come lo spettro della sventurata Lamisha.
Al semplice tocco dell'essere il guerriero sente la forza vitale defluire dal suo corpo, e la pelle si ingrigisce là dove l'anima tormentata l'ha attraversato. Lo stregone ha la prontezza per agire colpendo lo spirito con un incantesimo, ma Nete preferirebbe interrogare con lo spettro della ragazza. Sfortunatamente, Lamisha non sembra voler parlamentare e anzi si dirige verso l'infernale; la barda evita il tocco gelato della creatura, ma là dove i suoi capelli l'hanno sfiorata una ciocca perde ogni colore diventando bianca come un teschio. Shamash, sfruttando la sua tempra superiore, riesce a riprendersi dagli effetti dell'attacco subito e sono subito botte, e botte da orbi.
L'essenza ultraterrena dello spirito sembra resistere sia agli incantesimi di Quarion che alle martellate del dragonide, mentre il sottile incantesimo mentale di Nete (che la dileggia facendo riferimento alla collana che ora fa bella mostra di sé sul décolleté della contessina) riesce a indebolire e confondere Lamisha. Alla fine il guerriero butta a terra lo scudo, afferra il martello a due mani e lo cala con forza sul nemico, facendo dissolvere in una nebbia opalescente l'anima in pena.
Anche questo scontro è superato, ma ora è chiaro che nelle fisime di Francois Palagini c'era qualcosa di vero: queste sono effettivamente antiche rovine caotiche, e c'è sul serio qualcosa di losco che si nasconde in esse.
Anche al centro di questa stanza c'è un foro in tutto e per tutto analogo a quello nel piano superiore, e i nostri decidono di scendere ancora. Il guerriero si cala per primo, e stavolta non mette alcun piede in fallo... ma resta nondimeno scosso e piuttosto scioccato quando, poggiato il piede sul pavimento e lasciata andare la presa sul muro, si rende conto che la strana "scala" è in aria a quasi tre metri d'altezza sopra di lui.
Anche la barda e lo stregone, che vengono dopo di lui, sembrano scomparire dalle pareti della "scala" e ricomparire immediatamente a terra. E nel contempo, quando Shamash prova a raggiungere nuovamente il pilastro per salire di sopra, gli basta muoversi in quel verso per ricomparire immediatamente qualche metro più in alto. Nelle rovine c'è *decisamente* qualcosa di innaturale, strano e caotico.
Fra vedere e non vedere Quarion usa un incantesimo per tracciare un marchio arcano sul pavimento in corrispondenza del punto di passaggio.
Al semplice tocco dell'essere il guerriero sente la forza vitale defluire dal suo corpo, e la pelle si ingrigisce là dove l'anima tormentata l'ha attraversato. Lo stregone ha la prontezza per agire colpendo lo spirito con un incantesimo, ma Nete preferirebbe interrogare con lo spettro della ragazza. Sfortunatamente, Lamisha non sembra voler parlamentare e anzi si dirige verso l'infernale; la barda evita il tocco gelato della creatura, ma là dove i suoi capelli l'hanno sfiorata una ciocca perde ogni colore diventando bianca come un teschio. Shamash, sfruttando la sua tempra superiore, riesce a riprendersi dagli effetti dell'attacco subito e sono subito botte, e botte da orbi.
L'essenza ultraterrena dello spirito sembra resistere sia agli incantesimi di Quarion che alle martellate del dragonide, mentre il sottile incantesimo mentale di Nete (che la dileggia facendo riferimento alla collana che ora fa bella mostra di sé sul décolleté della contessina) riesce a indebolire e confondere Lamisha. Alla fine il guerriero butta a terra lo scudo, afferra il martello a due mani e lo cala con forza sul nemico, facendo dissolvere in una nebbia opalescente l'anima in pena.
Anche questo scontro è superato, ma ora è chiaro che nelle fisime di Francois Palagini c'era qualcosa di vero: queste sono effettivamente antiche rovine caotiche, e c'è sul serio qualcosa di losco che si nasconde in esse.
Anche al centro di questa stanza c'è un foro in tutto e per tutto analogo a quello nel piano superiore, e i nostri decidono di scendere ancora. Il guerriero si cala per primo, e stavolta non mette alcun piede in fallo... ma resta nondimeno scosso e piuttosto scioccato quando, poggiato il piede sul pavimento e lasciata andare la presa sul muro, si rende conto che la strana "scala" è in aria a quasi tre metri d'altezza sopra di lui.
Anche la barda e lo stregone, che vengono dopo di lui, sembrano scomparire dalle pareti della "scala" e ricomparire immediatamente a terra. E nel contempo, quando Shamash prova a raggiungere nuovamente il pilastro per salire di sopra, gli basta muoversi in quel verso per ricomparire immediatamente qualche metro più in alto. Nelle rovine c'è *decisamente* qualcosa di innaturale, strano e caotico.
Fra vedere e non vedere Quarion usa un incantesimo per tracciare un marchio arcano sul pavimento in corrispondenza del punto di passaggio.
Questa stanza, comunque, è decisamente diversa dalle altre. Infatti non ha più la forma di un ottagono, ma sembra piuttosto la parte inferiore di una cupola a bulbo; sotto il pavimento, fatto di vetro piuttosto spesso, è possibile scorgere il resto della struttura. Anche qui vi sono otto "finestre" ad arco capovolto, ma sono più piccole delle precedenti e hanno decorazioni alquanto più disturbanti: dietro i vetri scheletri variamente deformi e riassemblati sono accostati in pose decisamente sconce, rese grottesche dalla totale mancanza di carne.
Il "pezzo forte" si trova però al centro della stanza: si tratta di un gruppo statuario che riproduce l'ultimo abbraccio fra Agarrex e Lamisha. Il di lei corpo, nudo, è realizzato in marmo candido come la neve e decorato con polvere di rubino, come di rubino sembrano essere i suoi occhi; sulla statua fanno mostra di sé numerosi gioielli, fra i quali manca la collana degli affreschi sgraffignata poco tempo prima dal goblin. Il ruolo di Agarrex è invece svolto da una armatura integrale in metallo cangiante che stringe in mano due spade affilate e letali; le armi sembrano penetrare all'interno della statua, perfetta in ogni dettaglio anatomico.
Proprio in corrispondenza della grottesca decorazione, nel vertice della cupola capovolta, è possibile intravvedere uno scheletro umano incatenato alle pareti. (8)
E qui gli avventurieri sono pesantemente in dubbio su che cosa fare: quelle statue hanno uno strano modo di restare immobili, e nessuno dà per scontato che lo rimarranno a lungo, e nel contempo forse rimettere a posto la collana di Lamisha potrebbe dar pace al suo spirito. Ma d'altro canto son bei gioielli, so' soldi; e anche l'armatura non è malaccio. E di chi potrebbe essere il cadavere incatenato? E se ci scappa un'altro scontro bello tosto?
Mentre riflettono su queste pregnanti problematiche, i nostri decidono di concedersi un altro riposo breve: fra i tarocchi di Nete e gli scacchi di Shamash, che nel frattempo sgranocchia qualche resto di ghiottone, l'ora di attesa trascorre rapida.
Per provare a dirimere la questione, la nobile barda ha l'idea di fare ricorso a un incantesimo che le riveli la magia nel luogo; un vero e proprio coro cacofonico invade la sua testa, perché l'intero luogo è saturo di magia caotica. Ma, in particolare, due cose attraggono la sua attenzione: la potente aura necromantica che proviene dallo scheletro sotto il pavimento di vetro, e la forte carica di trasmutazione presente in spade e armature. Più che dare risposte, in sostanza, la magia di Nete ha sollevato nuovi interrogativi.
E alla fine i nostri si decidono: proveranno a portar via i gioielli, la razzia al primo posto!
Il solito, agile Quarion (9) viene sentenziato ladro ad honorem, e con una grazia e una fortuna magistrale riesce a sfilare un orecchino dalla statua senza provocare danni... ma, immediatamente, l'armatura di fianco si scuote, rompe l'amplesso con la suddetta statua, distende le braccia e lascia andare le spade, che iniziano a fluttuare a mezz'aria come le sinistre code di uno scorpione. E' di nuovo giunto il momento che siano le armi e gli incantesimi (e i dadi) a cantare.
Il primo bersaglio delle lame incantate sembra essere il povero mezz'elfo, reo di aver rubato un orecchino. Per sua fortuna Shamash gli è vicino, e frappone il suo scudo agli attacchi contro lo stregone mentre si dà da fare a sua volta per martellare l'armatura e ridurla a più miti consigli. Nete, i cui incantesimi di ammaliamento sono inutili contro degli oggetti privi di mente, si ritrova costretta a tirare di scherma contro una spada volante senza ottenere risultati degni di nota; purtuttavia le sue parole di incoraggiamento, rivolte al guerriero, gli saranno utili in seguito.
E' in questa situazione che la magia di Quarion può veramente brillare, e rapidamente un suo dardo incantato manda in frantumi una delle spade volanti. Sempre difeso dal guerriero, lo stregone usa quindi un dardo di fuoco contro l'armatura animata, danneggiandola pesantemente e permettendo al successivo colpo del dragonide, che ancora una volta molla lo scudo per afferrare a due mani il proprio martello, di mandare in frantumi tutte le giunture e far crollare a terra anche il secondo ostacolo.
Ma ora Shamash non può più difendere il mezz'elfo, e questi subisce una brutta ferita dalla spada superstite; quasi animata da un genio malevolo, questa evade ancora i colpi degli avventurieri, fino a che non è una magia dello stesso Quarion a scioglierla definitivamente.
E' tempo di recuperare i gioielli - e gli occhi di rubino - dalla statua, e il dragonide mette da parte anche l'armatura che, ne è certo, Rufio Salvi saprà rimettere in sesto.
Tutto compreso i gioielli paiono valere qualche centinaio di monete d'oro, anche se Nete ha in mente di tenere per sé la collana.
Il problema che si pone, però, è un altro: come dimostrare agli abitanti di Ponte Nuovo che la minaccia è stata sventata? Shamash non ha dubbi: basterà l'armatura in frantumi e la prova della propria onestà. Ma qual è il segreto dello scheletro incatenato? Urge controllare, e dunque bisogna frantumare il pavimento di vetro. Inutile dire che, imbracciato il martello da guerra a due mani e usufruendo di un incantesimo di luce, gentile concessione di Quarion, per non aver bisogno di una torcia, è il dragonide a occuparsi del compito; è abbastanza preciso da far sì che solo una data sezione vada in frantumi, salvando quanto basta del pavimento originale.
Con una corda gli avventurieri scendono di sotto, dove si accorgono subito che lo scheletro sembra essere femminile. Esaminandolo con cura poi, il guerriero realizza che in corrispondenza delle costole ci sono delle lesioni compatibili con le ferite sulla statua di Lamisha: devono essere i suoi resti.
Di primo acchito i nostri provano a rompere le catene che imprigionano il cadavere, ma essere resistono a qualsiasi sollecitazione esterna; sostenuto dalla musica bardica di Nete Shamash prova a staccare una catena dal muro, ma dati i mille paradossi che questo provoca appare sempre più chiaro che le catene non sono tanto qualcosa di materiale quanto piuttosto la rappresentazione concreta di una prigionia metafisica. Forse ciò che vincola(va?) lo spettro di Lamisha?
C'è un'unica soluzione, o la va o la spacca: gli eroi svuotano una fiasca d'olio sui miseri resti, e coi suoi poteri innati l'infernale vi dà fuoco. Mentre lo scheletro viene consumato dalle fiamme, è possibile sentire una flebile voce che sussurra "grazie".
L'anima della sventurata che amò il perfido Agarrex è finalmente libera. Mentre gli avventurieri risalgono in superficie, dove nel frattempo si è fatta sera, scoprono che la foresta circostante non è più così silenziosa, segno che anche gli animali hanno percepito la scomparsa dello spettro. Fortificati dalle esperienze che hanno vissuto, Nete, Quarion e Shamash si godono il meritato riposo davanti al fuoco di bivacco. Domani si dirigeranno nuovamente verso Ponte Nuovo... ma questa è un'altra storia, e un'altra avventura.
Il "pezzo forte" si trova però al centro della stanza: si tratta di un gruppo statuario che riproduce l'ultimo abbraccio fra Agarrex e Lamisha. Il di lei corpo, nudo, è realizzato in marmo candido come la neve e decorato con polvere di rubino, come di rubino sembrano essere i suoi occhi; sulla statua fanno mostra di sé numerosi gioielli, fra i quali manca la collana degli affreschi sgraffignata poco tempo prima dal goblin. Il ruolo di Agarrex è invece svolto da una armatura integrale in metallo cangiante che stringe in mano due spade affilate e letali; le armi sembrano penetrare all'interno della statua, perfetta in ogni dettaglio anatomico.
Proprio in corrispondenza della grottesca decorazione, nel vertice della cupola capovolta, è possibile intravvedere uno scheletro umano incatenato alle pareti. (8)
E qui gli avventurieri sono pesantemente in dubbio su che cosa fare: quelle statue hanno uno strano modo di restare immobili, e nessuno dà per scontato che lo rimarranno a lungo, e nel contempo forse rimettere a posto la collana di Lamisha potrebbe dar pace al suo spirito. Ma d'altro canto son bei gioielli, so' soldi; e anche l'armatura non è malaccio. E di chi potrebbe essere il cadavere incatenato? E se ci scappa un'altro scontro bello tosto?
Mentre riflettono su queste pregnanti problematiche, i nostri decidono di concedersi un altro riposo breve: fra i tarocchi di Nete e gli scacchi di Shamash, che nel frattempo sgranocchia qualche resto di ghiottone, l'ora di attesa trascorre rapida.
Per provare a dirimere la questione, la nobile barda ha l'idea di fare ricorso a un incantesimo che le riveli la magia nel luogo; un vero e proprio coro cacofonico invade la sua testa, perché l'intero luogo è saturo di magia caotica. Ma, in particolare, due cose attraggono la sua attenzione: la potente aura necromantica che proviene dallo scheletro sotto il pavimento di vetro, e la forte carica di trasmutazione presente in spade e armature. Più che dare risposte, in sostanza, la magia di Nete ha sollevato nuovi interrogativi.
E alla fine i nostri si decidono: proveranno a portar via i gioielli, la razzia al primo posto!
Il solito, agile Quarion (9) viene sentenziato ladro ad honorem, e con una grazia e una fortuna magistrale riesce a sfilare un orecchino dalla statua senza provocare danni... ma, immediatamente, l'armatura di fianco si scuote, rompe l'amplesso con la suddetta statua, distende le braccia e lascia andare le spade, che iniziano a fluttuare a mezz'aria come le sinistre code di uno scorpione. E' di nuovo giunto il momento che siano le armi e gli incantesimi (e i dadi) a cantare.
Il primo bersaglio delle lame incantate sembra essere il povero mezz'elfo, reo di aver rubato un orecchino. Per sua fortuna Shamash gli è vicino, e frappone il suo scudo agli attacchi contro lo stregone mentre si dà da fare a sua volta per martellare l'armatura e ridurla a più miti consigli. Nete, i cui incantesimi di ammaliamento sono inutili contro degli oggetti privi di mente, si ritrova costretta a tirare di scherma contro una spada volante senza ottenere risultati degni di nota; purtuttavia le sue parole di incoraggiamento, rivolte al guerriero, gli saranno utili in seguito.
E' in questa situazione che la magia di Quarion può veramente brillare, e rapidamente un suo dardo incantato manda in frantumi una delle spade volanti. Sempre difeso dal guerriero, lo stregone usa quindi un dardo di fuoco contro l'armatura animata, danneggiandola pesantemente e permettendo al successivo colpo del dragonide, che ancora una volta molla lo scudo per afferrare a due mani il proprio martello, di mandare in frantumi tutte le giunture e far crollare a terra anche il secondo ostacolo.
Ma ora Shamash non può più difendere il mezz'elfo, e questi subisce una brutta ferita dalla spada superstite; quasi animata da un genio malevolo, questa evade ancora i colpi degli avventurieri, fino a che non è una magia dello stesso Quarion a scioglierla definitivamente.
E' tempo di recuperare i gioielli - e gli occhi di rubino - dalla statua, e il dragonide mette da parte anche l'armatura che, ne è certo, Rufio Salvi saprà rimettere in sesto.
Tutto compreso i gioielli paiono valere qualche centinaio di monete d'oro, anche se Nete ha in mente di tenere per sé la collana.
Il problema che si pone, però, è un altro: come dimostrare agli abitanti di Ponte Nuovo che la minaccia è stata sventata? Shamash non ha dubbi: basterà l'armatura in frantumi e la prova della propria onestà. Ma qual è il segreto dello scheletro incatenato? Urge controllare, e dunque bisogna frantumare il pavimento di vetro. Inutile dire che, imbracciato il martello da guerra a due mani e usufruendo di un incantesimo di luce, gentile concessione di Quarion, per non aver bisogno di una torcia, è il dragonide a occuparsi del compito; è abbastanza preciso da far sì che solo una data sezione vada in frantumi, salvando quanto basta del pavimento originale.
Con una corda gli avventurieri scendono di sotto, dove si accorgono subito che lo scheletro sembra essere femminile. Esaminandolo con cura poi, il guerriero realizza che in corrispondenza delle costole ci sono delle lesioni compatibili con le ferite sulla statua di Lamisha: devono essere i suoi resti.
Di primo acchito i nostri provano a rompere le catene che imprigionano il cadavere, ma essere resistono a qualsiasi sollecitazione esterna; sostenuto dalla musica bardica di Nete Shamash prova a staccare una catena dal muro, ma dati i mille paradossi che questo provoca appare sempre più chiaro che le catene non sono tanto qualcosa di materiale quanto piuttosto la rappresentazione concreta di una prigionia metafisica. Forse ciò che vincola(va?) lo spettro di Lamisha?
C'è un'unica soluzione, o la va o la spacca: gli eroi svuotano una fiasca d'olio sui miseri resti, e coi suoi poteri innati l'infernale vi dà fuoco. Mentre lo scheletro viene consumato dalle fiamme, è possibile sentire una flebile voce che sussurra "grazie".
L'anima della sventurata che amò il perfido Agarrex è finalmente libera. Mentre gli avventurieri risalgono in superficie, dove nel frattempo si è fatta sera, scoprono che la foresta circostante non è più così silenziosa, segno che anche gli animali hanno percepito la scomparsa dello spettro. Fortificati dalle esperienze che hanno vissuto, Nete, Quarion e Shamash si godono il meritato riposo davanti al fuoco di bivacco. Domani si dirigeranno nuovamente verso Ponte Nuovo... ma questa è un'altra storia, e un'altra avventura.
Fuor di narrazione, con questa sessione i PG hanno raggiunto il 2° livello. Come Dungeon master non posso che essere contento dell'aumento dei loro punti ferita, dato che durante gli scontri lo stregone ha rischiato diverse volte di restarci secco. Al di là di questo, però, i combattimenti sono andati via in scioltezza e in circa quattro ore siamo riusciti a gestire ben quattro scontri senza considerare le numerose parti di semplice esplorazione, interpretazione e drammatici dubbi amletici sulle perfide idee del sottoscritto. La 5^ edizione, per ora, piace a tutti.
(1) antefatto:
"Master, se ti regalo la matita di Wolverine mi fai salire di livello?"
"No, ma non ti farò attaccare dai ghiottoni crudeli."
"Eh, allora me la tengo."
Mai negarmi il mio Wolverine, mai. \|/^__^\|/
"Master, se ti regalo la matita di Wolverine mi fai salire di livello?"
"No, ma non ti farò attaccare dai ghiottoni crudeli."
"Eh, allora me la tengo."
Mai negarmi il mio Wolverine, mai. \|/^__^\|/
(2) questo nonostante in precedenza si fosse parlato di tenere Snikko come "risorsa trappola". Il giocatore di Shamash in quel momento non era ancora arrivato, reduce da una serata alcolica, e quindi non ha potuto dire la sua. L'ha fatto poi...
En passant, il caotico buono ha fatto il neutrale e la neutrale ha fatto la buona.
(3) 1 e 1 sui dadi per i danni; e ovviamente uno degli sciami passa il tiro salvezza per dimezzare; quella che doveva essere una vincente mossa d'apertura si rivela una barzelletta.
(4) più o meno in questo momento arriva il giocatore di Shamash; inutile dire come ha apostrofato i suoi compari per aver lasciato andare Snikko.
(5) scritto लमीशा, poi non ditemi che non è dannatamente sexy anche a livello di grafia.
(6) tanto se seguite il blog già sapete che gioco demoni del Caos in WH40K, che ve lo dico a fare che so essere disturbante quando voglio?
(7) magistrale interpretazione dei suoi tratti e del suo background, ma gli altri stavano per linciarlo.
(8) ovviamente l'immagine con Malek il Sarafan è puramente indicativa, e niente ha a che vedere col mio essere uno scimmiatissimo fanboy della Legacy of Kain.
(9) il cui giocatore era nel frattempo andato via... che coincidenza bizzarra, vero?
En passant, il caotico buono ha fatto il neutrale e la neutrale ha fatto la buona.
(3) 1 e 1 sui dadi per i danni; e ovviamente uno degli sciami passa il tiro salvezza per dimezzare; quella che doveva essere una vincente mossa d'apertura si rivela una barzelletta.
(4) più o meno in questo momento arriva il giocatore di Shamash; inutile dire come ha apostrofato i suoi compari per aver lasciato andare Snikko.
(5) scritto लमीशा, poi non ditemi che non è dannatamente sexy anche a livello di grafia.
(6) tanto se seguite il blog già sapete che gioco demoni del Caos in WH40K, che ve lo dico a fare che so essere disturbante quando voglio?
(7) magistrale interpretazione dei suoi tratti e del suo background, ma gli altri stavano per linciarlo.
(8) ovviamente l'immagine con Malek il Sarafan è puramente indicativa, e niente ha a che vedere col mio essere uno scimmiatissimo fanboy della Legacy of Kain.
(9) il cui giocatore era nel frattempo andato via... che coincidenza bizzarra, vero?