lunedì 13 giugno 2016

Tantum religio potuit suadere malorum

Oggi avrei dovuto pubblicare l'ultimo aggiornamento del blog prima di partire per una bella vacanza, la mia prima vacanza extraeuropea e transoceanica, dritto a New York City.
Poi è capitata la giornata di ieri. Non penso di dover annunciare niente sulla strage che c'è stata.
Minuscola ciliegina sulla torta di sangue, mentre portavo il cane a fare la sua passeggiata notturna ho visto il cadavere della gatta che era di una mia zia, morta alcuni anni fa; non più tardi di due ore prima era venuta da me, come faceva spesso, a mangiare qualcosa e a farsi coccolare, talvolta anche a farsi spazzolare. E, per quanto mi vergogni quasi ad ammetterlo, la morte di una gatta mi ha colpito sul personale più di 50 esseri umani sterminati da un coglione braccio armato degli stronzi.
Perché 50 persone sono una cifra, un numero; anche dei volti, ma dei volti che non conosci, dei volti che non hanno sorriso assieme a te. La morte ci colpisce più forte quanto più ci è vicina, e per questo motivo, in epoche di animali domestici visti come amici e non come risorse, ci indigniamo molto di più per la morte di un gatto che non per quella di decine di persone.
Questo a un livello emotivo. Ma, se recuperiamo quel livello razionale che ci dovrebbe essere proprio in quanto esseri umani, ci rendiamo conto dell'enormità di anche una sola vita umana spezzata, e dell'incommensurabile lutto di tante vite strappate. Sì, rispetto a tempi andati e più barbarici oggi l'uso della violenza è, almeno in certe aree del mondo, più limitato, ma l'abbandono della violenza, la riscoperta del nostro essere simili ai nostri simili, l'empatia che ci lega, tutti questi dovrebbero essere obiettivi da consolidare sempre più.
Purtroppo non è ancora così.
Il gesto di un pazzo, si dice così talvolta; altre volte il criminale diventa subito un terrorista. La differenza, di fatto, sta solo nell'auto-assoluzione di chi, avendo tuonato contro il diverso in nome di una qualche accozzaglia di leggende o raccolta di aforismi assurta a religione, sente il bisogno di pararsi il culo quando il suo odio diventa l'ideologia dietro l'azione di un pazzo, un pazzo la cui follia probabilmente sarebbe esplosa comunque ma, senza avere alle spalle così tanti guru e maestri e profeti e istigatori, di certo non sarebbe stata così sanguinaria.
Stranamente, nei libri sacri si trovano messaggi di fratellanza come di odio, eppure diventano capaci di dividere molto più che di unire gli uomini.
Secoli fa, un poeta latino scrisse così: tantum religio potuit suadere malorum, a tanti mali poté condurre la religione.



PS: forse qualche scaltro latinista locale, di questa dimensione “locale” dove distinguiamo nazismo e fascismo per pararci le chiappe e la coscienza, potrebbe obiettare che nel passo di Lucrezio “religio” è la superstizione e non la religione. Ma, guardando il mondo reale, non vedo come si possa onestamente sostenere che le due pratiche siano distinte fra loro.  

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