venerdì 26 luglio 2013

Qualche vecchia promessa di Avventure per il mare

Cronologia del blog alla mano, sono passati praticamente due anni dall'ultima volta che ho creato qualcosa per questa ambientazione, e ancor più tempo è passato da quando per l'ultima volta ho aggiornato il manualetto dell'ambientazione.
In origine, il mio piano era quello di tirar fuori un piccolo compendio che, alla fine della mia campagna di Pathfinder, "aggiornasse" l'ambientazione. Tale compendio avrebbe dovuto comprendere fra le altre cose la mappa che a suo tempo avevo realizzato per le mie partite.

Ma, si sa, di piani e intenzioni mai compiuti si potrebbe riempire il mondo.
Pathfinder mi prese sempre peggio, diverse visioni del GdR da parte dei giocatori portarono a una campagna che non portava da nessuna parte e la voglia di lavorare ancora sull'ambientazione svanì; il gruppo, alla fine, si sciolse.

Però, già da qualche tempo un ragazzo manifestava l'interesse di ambientare una sua campagna per Pathfinder in questa mia ambientazione, e chiedeva la mia mappa. Il proposito di scannerizzarla e passargliela si era sempre arenato: dapprima davanti a uno scanner domestico che funzionava a schifo, quindi dinnanzi ai problemi logistici della laurea, quindi era proprio scomparso dalla mia mente.

Cosa è cambiato ora? Beh, gli impegni ci sono sempre, e sono sempre fastidiosi (praticamente, è da un paio d'anni che non mi "fermo" per più di una settimana, e ancora per un annetto dovrò tenere questo ritmo, temo); però il mio estimatore sta proprio iniziando la sua campagna, e la mappa gli serve urgentemente.
Perciò eccola qui.


La mappa era stata realizzata a suo tempo sulla quarta di copertina di un quaderno, nelle mie intenzioni originali il "quaderno della campagna"; prima avevo fatto i disegni a matita, quindi a penna, e solo in seguito avevo dato alla mappa il suo colore pergamenato mediante i fondi del caffè (essere un caffeinomane, a volte, paga).
Nella realizzazione, avevo cercato di tenere a mente non tanto i criteri dei vari portolani e delle mappe di navigazione, che non sarei riuscito a replicare, ma le convenzioni e le ingenuità cartografiche delle mappe di qualche secolo fa.


Inoltre, da che ho pubblicato il manualetto di Avventure per il mare, molto è cambiato in Pathfinder. Per dire, ora abbiamo un'edizione in lingua italiana tradotta e supportata decentemente; ma, soprattutto, ora abbiamo le regole per le armi da fuoco, le "grandi escluse" nella mia ambientazione piratesca.
Grandi escluse, ma ora non più.
Non sarà un compendio d'avventura molto ricco, non sarà niente di che, non sarà un manualetto, ma una raccolta di spunti e aggiornamenti della mia ambientazione basata in parte sulla mia campagna la posso fornire, o no?


Avventure per il mare: cinque anni dopo...

Molto è cambiato nell'orbe nel corso degli ultimi anni. In bene o in male, ancora non è dato saperlo, ma i precari equilibri di un tempo sono ormai fragili fili ancorati sul nulla.

Tutto cominciò quasi dieci anni fa, quando un ordinarius dabhatiano di nome Divya Dharmani, un agente diretto del magister fidei maximus, diede il via a un progetto molto ambizioso volto a dotare l'Ordo Orbis di servitori di nuova natura; il suo obiettivo era mischiare il sangue degli uomini con quello delle creature soprannaturali che si riteneva abitassero ancora il mondo, quegli enormi rettili alati a cui le leggende attribuivano facoltà incredibili.
Dharmani si immerse nello studio dei draghi, e dai più antichi documenti riuscì a tracciare una mappa del luogo di riposo di uno di essi, il luogo stesso dove il dragone aveva collocato la sua tana e presumibilmente deposto le sue uova. Egli riuscì a impossessarsi delle uova, e dopo un parziale fallimento fu in grado di creare un ibrido drago-uomo – o meglio, un ibrido drago-donna. Mentre la primogenita veniva fatta crescere a velocità accelerata, tuttavia, Divya Dharmani entrò in contatto con un altro frammento di leggenda legato ai draghi: si diceva che, in tempi ormai lontani, essi avessero combattuto una guerra contro gli umani, una guerra che aveva devastato il mondo; e si diceva che, nel corso di tale guerra, le fortezze dei draghi fossero enormi castelli volanti, veri e propri castelli che si libravano in aria e da cui era possibile tempestare di morte i propri avversari. Lo scaltro ordinario fece subito il collegamento con le voci circolanti su Nugar Dobadi. Questi era stato uno dei luogotenenti di Vigon Asrigue, un ex-schiavo proveniente dalle Isole Vergini capace di scatenare contro i suoi nemici la furia dei cieli; le imprese del ribelle, si diceva, erano spesso state accompagnate dalla visione terrificante dell'ombra di una enorme nuvola nera che oscurava la terra sotto di essa, una nube che sembrava spostarsi secondo la sua volontà: era chiaro che egli conosceva il modo per controllare una delle antiche fortezze dei draghi.
Poco dopo la caduta della Furia Rivoluzionaria, Dobadi era stato catturato dall'Ordo Orbis e rinchiuso nel Carcer Aeternus, ma suo figlio Aaron ne aveva ereditato la nave e, presumibilmente, i segreti. Il nuovo obiettivo di Dharmani, dunque, divenne impossessarsi della fortezza, strappandone il segreto dal cadavere di Aaron Dobadi.
Questi, pur non essendo mai formalmente entrato nella Armata della Libertà, restava comunque un confratello delle coste di chiara fama. Nondimeno, Divya Dharmani riuscì con l'inganno ad avere la meglio su di lui: facendosi passare per un semplice mercante in viaggio con la propria “figlia” affetta da albinismo (in realtà il primo ibrido umano-drago, col corpo completamente celato dai vestiti onde non suscitare sospetti), l'ordinarius venne a trovarsi su una nave abbordata da Aaron Dobadi. Offrendo la promessa di un perdono ufficiale da parte dell'Ordo Orbis, Dharmani scatenò un ammutinamento all'interno della nave; solo un manipolo di pirati, rimasti fedeli a Dobadi, riuscì a trarsi in salvo scappando su una seconda nave da poco catturata.
Divya Dharmani aveva ormai posto le mani sull'anello magico che permetteva ai Dobadi di controllare la cittadella volante, ma ancora non sapeva come rintracciarla. Poco si curava dei pirati che gli erano sfuggiti, ma costoro in futuro sarebbero stati la causa della sua rovina.
A quel piccolo gruppo di sbandanti, infatti, si era da poco unito un vecchio alchimista, uno dei pochi studiosi rimasti di quell'arte tanto antica e ormai soppiantata dalla tecnomagia, uno strano vecchio che non ricordava nulla del proprio passato. Né, dopotutto, egli aveva un passato che potesse essere ricordato: egli, infatti, non era altri che uno dei cloni predisposti dal più grande alchimista della storia, colui che aveva ottenuto il segreto dell'immortalità, il prodigioso Wilhelm Von Meister. Von Meister aveva trovato il modo di ingannare la morte grazie, appunto, ai suoi numerosi cloni: quando il suo corpo fisico moriva, l'anima si trasferiva in uno dei corpi mantenuti in stasi dentro un laboratorio (e proprio di uno di tali laboratori, ormai abbandonati, si era servito Divya Dharmani per effettuare i propri esperimenti). La rovina di “Mastro Guglielmo”, come veniva chiamato nella Talia, giunse per mano del suo apprendista William Fuger, colui che era divenuto il magister mercatorum maximus; temendo l'unico alchimista più capace di lui, Fuger fece rinchiudere Von Meister all'interno del Carcer Aeternus, l'unico luogo in cui il suo corpo non sarebbe mai morto e l'anima non si sarebbe mai ricongiunta con un clone.
Tuttavia, durante una battaglia fra le forze dell'Ordo Orbis e l'Armata della Libertà uno dei laboratori venne danneggiato, risvegliando il clone al suo interno; privo di ricordi, animato dallo spirito ma non dalle memorie di Mastro Guglielmo, il clone finì per unirsi alla ciurma pirata di Dobadi e si ritrovò a far parte del manipolo di sopravvissuti.
Sulle tracce di quei pirati, però, si era da tempo messo il temibile Roderick Astaroth, il cane da guardia dell'Ordo Orbis, il più temibile fra gli allievi del magister militum maximus nonché suo probabile successore. Inaspettatamente, in soccorso dei pirati intervenne l'enigmatico Outis; egli conosceva le ambizioni di Divya Dharmani, e si rendeva conto del rischio che rappresentavano per il mondo intero; e, nel contempo, sperava che in quel gruppo di spiriti liberi potesse nascondersi il degno erede di un artefatto che da tempo custodiva presso di sé, la maschera che era stata di Vigon Asrigue.
Il gruppo di pirati compì numerose missioni su istanza di Outis: si incontrò col temibile maestro pirata Zekyle il Nero, l'Arcitraditore che aveva abbandonato sia la Militia Marium, sia l'Armata della Libertà, riuscendo a ottenere il suo aiuto; si intrufolò in Talia, nella città di Aeletiae, venendo a scoprire un complotto ordito contro Salvo Bardi, il più prestigioso capofamiglia della “sacrosanta”, da parte del suo stesso fratello Luciano; penetrò nel laboratorio di Divya Dharmani, convertendo alla propria causa la primogenita della nuova razza di uomini-drago. Ma due furono le imprese per cui quel gruppo di pirati passò alla storia: l'uccisione di Roderick Astaroth, catturato e impiccato pubblicamente nel principale porto dell'Ardania, e l'ardita missione mai tentata prima di intrufolarsi nel Carcer Aeternus per interrogare Nugar Dobadi.
Questa ultima missione, purtroppo, non si concluse nel modo sperato: il gruppo, pur essendo riuscito a interrogare Dobadi, correva il rischio concreto di venir sterminato dai guardiani del carcere. Costoro commisero però due errori fondamentali.
Il primo errore è abbastanza indicativo dei disastri a cui può portare la fede cieca nella Legge assoluta: catturato il vecchio alchimista, gli immortali carcerieri lo “registrarono” come un evaso, e lo riportarono nel luogo da cui secondo loro doveva essere scappato, il luogo in cui ancora era incatenato il corpo semicosciente di Wilhelm Von Meister. L'anima dell'antico alchimista poté finalmente occupare il proprio clone, e Mastro Guglielmo riuscì così a scappare dal Carcer.
Per combattere i suoi compagni, intanto, i carcerieri avevano deciso di far ricorso a uno dei detenuti più antichi e temibili, un dragone delle ombre che da tempo immemore giaceva là. Skhotos, questo il suo nome, venne istigato contro uno dei pirati, colpevole di aver usato oltraggio alla mezza-drago che accompagnava il gruppo. Ma, una volta liberato dai vincoli, il dragone decise sì di punire l'umano che aveva avuto tale ardire, ma anche di vendicarsi dei propri carcerieri.
E fu così che la compagnia di pirati, orfana dell'alchimista, uscì dal Carcer Aeternus in compagnia del possente dragone; costui, non appena poté riassaporare l'aria del mondo, pose immediatamente fine all'esistenza dell'umano che aveva osato oltraggiare un membro della sua razza, e reclamò quindi per sé la mezza-drago, frutto dei folli esperimenti di Dharmani, per ripristinarla alla sua antica gloria draconica.
Dharmani stesso fu il successivo obiettivo della furia di Skhotos. Ironia della sorte, venne ucciso proprio quando aveva finalmente raggiunto la fortezza volante dei draghi, fortezza che venne reclamata dal dragone d'ombra.
Intanto, Wilhelm Von Meister reclamò una atroce vendetta contro William Fuger, l'apprendista che l'aveva tradito. Al suo posto, il Consortium Mercatorum elesse quale suo magister maximus un ricco nobiluomo taliano, il marchese Genuario Collodiano, un uomo pesantemente implicato con la Sacra Unione delle Famiglie (in cui il peso dei Bardi si fece minore, pochi mesi dopo, con la morte senza eredi del vecchio Salvo). Né, dopotutto, poteva essere diversamente: il vecchio alchimista, a coronamento della sua vendetta, aveva deciso di far avere a tutte le fazioni in qualche modo avverse al governo mondiale la formula alchemica per preparare una prodigiosa polvere esplosiva, destinata in breve tempo a rivoluzionare l'arte della guerra. L'Ordo Orbis è ancora oggi costretto ad acquistare tale sostanza dai fabbricatori affiliati alla Sacrosanta, la qual cosa ne sta minando ogni giorno di più la credibilità. In ogni caso, la Militia Marium possiede le migliori armi a polvere nera, seconde solo a quelle della ciurma di cui un tempo faceva parte il clone di Von Meister – che egli stesso ha generosamente fornito loro.
I pochi superstiti di quella banda di pirati, dopo l'ultima impresa nel Carcer Aeternus, interruppero la loro collaborazione con Outis; recuperato il vascello che era stato di Astaroth, il temuto Flagello, si diedero alla razzia pura e semplice, facendo talvolta scalo nei porti di Skannort e dell'Ardania. Ma le loro azioni hanno modificato pesantemente il mondo...

Voci dai porti del mondo

Dei semplici pirati non posso aver ucciso Roderick, non possono. Quella feccia non ce l'avrebbe mai fatta da sola. È stato lui, lui è ancora lì fuori, lo so; vuole nascondersi? Allora gli darò io un buon motivo per farlo! Infangherò il suo nome e la sua memoria, farò in modo che il dannatissimo nome di Vigon Asrigue venga maledetto in ogni singola isola!”
Testimonianza diretta della reazione di Victor Torquezar alla notizia della morte di Roderick Astaroth, il suo protetto. Poco dopo, egli istituì il corpo speciale degli “Insanguinatori”, ordinarii adibiti a svolgere veri e propri attentati terroristici contro la popolazione facendosi passare per discepoli della Furia Rivoluzionaria.

Sì, sono stato nella ciurma di Zekyle Nero. Come mai ho smesso di navigare al fianco del Maestro Pirata più potente dei mari? Perché mi faceva paura, ecco perché! C'è qualcosa di inumano in lui, si dice che abbia stretto un patto con le stesse forze del Caos. Ah, sono solo superstizioni? Ridi, ridi... tu non hai visto la sua spada brillare di luce oscura, tu non hai visto le sue vittime contorcersi come se stessero strappando loro l'anima istessa...”
Memorie di un vecchio lupo di mare. Le voci sulla spada di Zekyle sono numerose, tanto che viene difficile considerarle semplici “voci”. Si dice che pure l'enigmatico Outis porti appresso un'arma del genere, inastata come una lancia, un'arma che avrebbe ricevuto in eredità da un compagno d'armi.

Una sola canna, amico? Aggiornati! Guarda questa meraviglia: l'ho strappata dal cadavere di un ufficiale, che ti credi? Sì, peserà un pochino, ma almeno non devo ricaricare ad ogni colpo.”
Dal dialogo fra due confratelli.

Una enorme nuvola nera, avvolta di tempeste, che proiettava l'ombra di un castello. E, tutto attorno, sagome di enormi ali nere che oscuravano il cielo.”
Testimonianza di un folle.

L'abbiamo ripescato poco al largo dell'Ardania. Alcuni uomini non volevano nemmeno trattenersi a tirarlo su, che avevano paura di vedere arrivare il Flagello. Il poveraccio era a malapena in vita, ha tirato le cuoia prima che arrivassimo in porto. Non veniva da nessuna isola che conoscessi, continuava a parlare di un duca Dorich, o Dovrich, o qualcosa di simile; e il suo accento, poi, qualcosa che non avevo mai sentito prima. Ce ne sono di cose strane in questi mari...”
Frammento di conversazione in una taverna del porto.

Ecco qui, il nuovo libro di Romeo Saligarum: “La Spada Nera e il Gioiello Maledetto”. E questo è anche migliore de “Il Castello del Barone Corrotto”, credimi. No, non posso dirti come me li procuro, mi dispiace. Chi me li fa avere? Nessuno, credimi, Nessuno.”
Dal reclamo di un venditore ambulante, che ancora oggi smercia i libri proibiti dello scrittore Saligarum; ivi comprese alcuni le cui avvincenti trame sono ambientate in veri e propri mondi di fantasia.

Vigon era un debole e uno sciocco: avrebbe potuto dominare i mari, ma ha preferito allentare la presa. Pure, non permetterò a quei dannati schiavi della Legge di infangare la sua memoria... Torquezar e i suoi cani bastardi non sono degni neppure di pronunciare il nome di Vigon Asrigue!”
Dichiarazione di Zekyle il Nero, l'Arcitraditore, poco prima di mettere una copiosa taglia sulla testa di ogni singolo “insanguinatore”.

Gli umani sono sciocchi, fratelli: si combattono e si sterminano fra loro, senza badare alle conseguenze. Aspetteremo, ci risveglieremo dal nostro sonno millenario e attenderemo che i nuovi nati siano cresciuti. Poi, quando una delle due fazioni sarà riuscita ad annientare l'altra, faremo la nostra mossa; prederemo i sopravvissuti, resi deboli dal lungo conflitto, e la terra tornerà a essere nostra, come in passato apparteneva ai nostri padri.”
Discorso di Skhotos delle Ombre, tradotto dalla lingua dei draghi.

Ordinario Johnath Greysk, usi la massima cautela. Se davvero questa isola di Doverich esiste, è certo che si tratti di un luogo come il Carcer Aeternus, una sacca di realtà alternativa circondata dall'essenza del nostro mondo. Dalle testimonianze raccolte, sembra in ogni caso che il duca dell'isola potrebbe diventare un comodo alleato, entrando a far parte dell'Ordo Orbis senza porre troppi problemi. In caso contrario, con la presente la autorizziamo a usare ogni mezzo a sua disposizione per completare la missione assegnatale.”
Dagli ordini a Johnath Greysk, ordinarius dell'Ordo Orbis, attualmente irreperibile.



PS: spero che abbiate notato le numerose citazioni. Alcune sono divenute più palesi, altre sono semplicemente autoreferenziali. E, dal punto di vista dell'autoreferenzialità, anticipo che fra un po se ne vedranno delle belle... sempre che riesca a completare quel che ho iniziato, sigh.

martedì 16 luglio 2013

Le salse lacrime del tempo che scorre

Due settimane senza un aggiornamento.
E' tanto, lo so, ma mai quanto è stato in passato. Ed è estate, il che vuol dire che come studente universitario ho tanto da fare e tanta poca voglia per farlo (perché no, non aver ancora visto la spiaggia a metà luglio è deprimente alla fin fine: non mi piace andare al mare, ma non per questo gradisco l'essere impossibilitato ad andarci, eccheddiavolo... devo essere *io* a decidere di fare lo snob, non gli impegni a costringermi alla reclusione domestica).
Poca la voglia, molti gli impegni.

Ma, nonostante tutto, è comunque nato qualcosina. Dico "qualcosina" perché, dati i loro tempi di gestazione, questi versi sono dannatamente pochi: li ho rimuginati, scritti e riscritti per diverso tempo, e temo si veda che la conclusione della poesia è stata scritta in un secondo tempo.



Sento le gocce del tempo, un sudore
Ghiacciato che scorre
Lungo la schiena, e si porta lontano i
Ricordi ed i sogni,
Scioglie ambizioni e speranze, disperde il
Ritratto di me che un
Tempo facevo, e mi plasma di nuovo
In forme più dure e,
Forse, mature. Ho provato ad oppormi,
Talvolta, al mutare
Dentro di me, ma non posso fermare
La danza dei mesi, i
Giorni perduti a studiarmi, annoiato
Da quello che prima, un
Tempo, poteva donarmi piacere.
Gli amici, i compagni e
Complici in mille avventure di sogno,
Non sembrano quasi
Esser scalfiti dal tempo: le stesse
Bravate, gli stessi
Scherzi, le stesse illusioni, lo stesso
Sorriso sul volto, il
Volto che ancora distoglie lo sguardo
Dal proprio orizzonte.
Sono cambiato, non posso cantare
Le vostre canzoni, il
Vento mi soffia lontano dal porto,
Da quelle taverne e
Bettole dove andavamo a parlare
Di niente, ubriachi
Senza che il calice fosse levato.
Addio, fratelli: il
Vento m'ha preso e mi porta lontano
Sul mare del tempo,
Oltre le vecchie ambizioni, lontano
Dai sogni passati, il
Vento che soffia, impietoso e crudele,
Da dentro di me.


Si tratta di una poesia triste, quasi amara, come sono amare le riflessioni che nascono quando ormai non ci si "trova" più con gli amici; non parlo di "trovarsi bene" anziché "trovarsi male", ma proprio di "trovarsi", "ritrovarsi", poter scorgere in loro qualcosa del nostro essere che possa mantenere saldo il legame. Viene il tempo in cui la crescita diventa maturazione, e certi abiti vanno dimessi; non certe abitudini, ché il giorno in cui smetterò di giocare sarà il giorno in cui i miei futuri eredi diventeranno tali, ma certi abiti, certi modi di fare spensierati, certi modi di divertirsi.
E allora si deve abbandonare il porto, ovvero quel luogo in cui ci si può illudere di esser naviganti stando ancora sulla terraferma, e darsi al mare. Eventualmente, con rammarico, dovendosi distaccare dagli amici che preferiscono restare a far baldoria, o che devono seguire una rotta diversa e con i quali ci si poteva incontrare solo nel porto.
La conclusione a cui si arriva, in buona è sostanza, è dura e secca come il verso tronco con monosillabo finale con cui ho concluso la poesia: ti aspetteresti altro, ma non ci può essere altro. Il cambiamento è avvenuto.

lunedì 1 luglio 2013

Dieci cagnoloni di Khorne pronti all'avventura, ed ora?

Ieri finalmente, mentre il loro ispiratore se la dormiva della grossa, ho finito i miei segugioni di Khorne.


Conan che dorme; in realtà i pezzi li ho finiti verso l'una del mattino, ma all'una del mattino io non vado fuori a fotografare il segugio.

Purtroppo ho dovuto usare catenelle diverse con giri diversi, dato che quella grossa era praticamente finità, però devo dire che l'effetto è davvero di grande caoticità e variazione.

Gli intrepidi cagnacci di Khorne pronti a essere vomitati dal warp, meglio noto come la scrivania tuttofare del sottoscritto.

I cani di fronte. Forse ho un po' esagerato con alcune luci.




Khornocagnolumine conanispirato vario.


 Ed ora il grande dubbio: di che cosa mi occupo dopo i cagnoloni di Khorne?
 A quale dei due gruppi di miniature mi suggerireste di dedicarmi?

Da un lato, ancora Khorne: il carro e un simpatico araldo demoniaco.

Dall'altro, tante miniature fantasy varie, in diverse fasi di pittura.