L'idea mi è venuta, così com'è, mentre finivo di chiudere i bagagli per partire in vacanza. L'ho covata nel corso delle due settimane di (niente affatto) riposo, e ora ho quantomeno una bozza degna di tale nome. Ma mi rendo conto io per primo di un paio di cose: in primo luogo di come molti aspetti di questa "cosa" li avessi e covassi in testa già da tempo, in secondo luogo di come ci sia ancora tanta strada da fare per rendere la "cosa" un qualcosa di utile e fruibile.
Di che si tratta? Ma di un gioco di ruolo, ovviamente.
Un gioco di ruolo che vuole, innanzitutto, ricollegarsi all'Old
School Renaissance, ovvero al recupero dei primissimi giochi di
ruolo, le prime edizioni di Dungeons & Dragons, che stanno
finalmente venendo portate fuori dalla loro piccola caverna e
apprezzate anche da chi, come me, era troppo non ancora nato per
apprezzarle quando uscirono. Questo recupero, in origine, è passato
attraverso i retrocloni, ovvero le riproposizioni di vecchie
incarnazioni di D&D, ma molto presto è nata la tendenza a creare
dei "neo-cloni", o più semplicemente dei giochi che
riproponessero con meccaniche moderne alcuni dei temi fondamentali
dell'OSR.
Distogliete, se potete, l'attenzione dal mio comodino e dallo sfondo in generale e osservate la scena: una sexi-shaolin che si prepara a combattere contro una possente entità soprannaturale, altrettanto sexy se non fosse per il terzo braccio cheluto, sulla cima di un fortino a forma di teschio. Ecco, questo non è old school.
Tre avventurieri contro un bestio gigante; due di essi si preparano a ingaggiarlo in mischia, mentre il terzo rimane dietro e lo attacca a distanza - e intanto un ratto gigante sguscia alle sue spalle. Ecco, questo è decisamente più old school.
Che cosa caratterizza il GdR "vecchia scuola" rispetto
alle più moderne incarnazioni di D&D? La risposta più ovvia è
che, come ricorda il nome, il primo Dungeons & Dragons era un
gioco ambientato esclusivamente in labirinti sotterranei, dove si
affrontavano draghi e mostri di varia natura; ma molti gruppi di
gioco continuano a usare allo stesso modo anche le nuove edizioni di
D&D: è chiaro che le differenze sostanziali sono altre. Quali
sarebbero secondo me?
In primo luogo, il fatto che i personaggi giocanti non siano
"eroi" ma "avventurieri"; un "eroe" ha
una missione da compiere, un cammino da percorrere e un malvagio da
sconfiggere, mentre l'avventuriero va semplicemente all'avventura
senza alcun percorso prefissato, con fini prettamente egoistici quali
il profitto personale - non dimentichiamocelo: "avventuriero",
nella lingua italiana, si qualifica come un insulto. Un eroe non può
morire per un accidente del fato, un avventuriero sì, sono i rischi
della carriera. Poi un avventuriero sufficientemente potente potrà
anche decidere di diventare un eroe, ma sarà una sua libera scelta
del giocatore e non certo un requisito fondamentale dell'avventura.
Perché la libertà di scelta costituisce un altro aspetto
fondamentale del GdR old school. Apparentemente, un gioco dove i
personaggi devono farsi strada in un dungeon arraffando quanti più
tesori possibile è l'antitesi della libera scelta. Ma questo vale
solo se si parte con la mentalità chiusa che qualche decade di
videogiochi incentrati sul dungeon crawling ci ha abituato ad avere.
L'obiettivo è uno, i metodi per raggiungerlo sono tanti; il dungeon
stesso, con le sue cento stanze e i suoi mille corridoi contorti, è
una bella similitudine di come ci siano più vie per arrivare al
premio. In più, i giochi "vecchia scuola" incentivavano e
incentivano i personaggi a pensare molto di più con la propria testa
e a trovare le soluzioni più disparate ai propri problemi: bisogna
prendere il tesoro protetto dal troll? Far fuori il mostro è solo
una soluzione; si potrebbe sgusciare alle sue spalle, ad esempio; o
lo si potrebbe attirare in trappola, magari sfruttando quella fossa
con spuntoni trovata nell'altra stanza; oppure si potrebbe convincere
la tribù di goblin a dare una mano, promettendo loro una parte del
tesoro - che poi la promessa venga mantenuta è tutto un altro paio
di maniche. Nei GdR della vecchia scuola, il combattimento non è mai
l'opzione preferibile.
Come mai? Perché il combattimento è pericoloso, potenzialmente
letale, e ci sono già troppi rischi di lasciarci le penne
nell'avventurarsi in un sotterraneo irto di trappole. Ma questo vuol
dire che la morte del personaggio va presa con filosofia;
ricollegandosi a quanto dicevo prima, se nelle più recenti edizioni
di D&D la morte del proprio PG è la compianta e
fumettisticamente reversibile morte di un eroe, per quanti seguono
l'OSR la morte del personaggio è un accidente previsto, che non fa
piacere ma che di certo non si trasforma in una sciagura accompagnata
da prefiche e peana per la dipartita dell'infelice destinato a
sconfiggere il perfido signore dei demoni.
Osservate come vicino al gigantesco troll ci siano i resti dello scudo di qualche sfortunato avventuriero; e osservate come i suoi avversari non siano certo protetti da una scintillante armatura. Osservate anche come lo scontro si svolga in un dungeon (sistemato sopra un lussuoso letto a una piazza e mezza nella mia camera nuova, ma questi son dettagli...), e come l'atmosfera sia nel complesso più cupa (è bastato chiudere la persiana).
Questi aspetti vanno di pari passo con certe consuetudini del
regolamento originale di D&D, presenti in praticamente tutti i
giochi dell'Old School Renaissance: 6 caratteristiche, razze, classi
e livelli, e spesso razze come classi, punti esperienza (ottenuti
rigorosamente con la conquista dei tesori) e punti ferita
(drammaticamente pochi, dimenticate i sacchi di carne che possono
fare il bagno nella lava), classe armatura (preferibilmente negativa:
più è bassa e meglio è) e naturalmente il famigerato "tiro
per colpire classe armatura 0". Nei giochi old school
tipicamente mancano tutte le tracce di abilità e affini: se il
giocatore sa descrivere a dovere l'azione, allora è probabile che il
suo personaggio sappia compierla; interpretazione, ingegno e
plausibilità bastano a gestire buona parte delle situazioni esterne
al combattimento.
Contando i veri e propri GdR della “vecchia scuola” (secondo i
più, quelli nati prima del 1984 o quantomeno ispirati al modo di
giocare diffuso prima di allora) e i numerosi retrocloni,
quasi-cloni,
non-sono-cloni-ma-voglio-chiamarli-old-school-per-agganciarmi-al-treno-visto-che-il-mio-si-è-disperso-nel-nulla
e compagnia cantante, l'OSR è certamente un fenomeno vivo, di
nicchia ma vivo. I primi regolamenti di D&D sono stati rigirati e
tradotti in tutte le salse, per cui anche un non anglofono potrà
disporre, senza neanche bisogno di spendere un centesimo, di tutto
l'oldschoolumine di cui possa sentire il bisogno. Viene quasi da
chiedersi se ci sia bisogno di creare nuovi giochi del genere, o se
non sia piuttosto più proficuo dedicarsi a espandere le regole di un
gioco già esistente e diffuso.
E con “viene da chiedersi” intendo dire che io per primo mi
sono fatto questa domanda. Ci ho pensato a lungo, e alla fine mi sono
dato una risposta: non esiste alcun motivo per cui io tiri fuori
l'ennesimo retroclone appena un poco diverso dagli altri, ma forse
non sarebbe male se creassi un gioco “vecchio stile” studiato
appositamente per integrare alcune regole interessanti che mi sono
venute in mente.
Quali sarebbero queste regole è presto detto.
- Una meccanica di base che incentivi il gioco di ruolo old
school (esplorazione libera del sotterraneo finalizzata al far
bottino, combattimento letale da evitare il più possibile)
attraverso un regolamento snello e facilmente adattabile alle
diverse esigenze che si possono presentare durante una partita.
- Un metodo di creazione del personaggio fatto di scelta di
caratteristiche, razza, classe e livelli, in cui la razza e la
classe indichino quel che il personaggio può fare, e le
caratteristiche e il livello quanto bene lo sa fare.
- Un sistema di magia completamente diverso da quello classico
di D&D, il cosiddetto sistema “vanciano” per cui ogni
incantesimo è una cartuccia. Un sistema di magia che non renda gli
incantatori imbattibili, ma che li leghi piuttosto a degli oggetti
materiali, le pergamene e le rune di magia, permettendo loro una
maggiore libertà nell'utilizzo dei propri poteri.
- Delle regole apposite per la creazione di oggetti magici e
non che trasformino ogni mostro abbattuto in una occasione di
crearsi nuovi equipaggiamenti, rendendo veramente l'idea degli
avventurieri “accattoni” per i quali anche la pelle del nemico
può diventare un buon tesoro.
- Infine, una meccanica che consenta ai personaggi di ripetere
alcuni tiri di dado grazie alla dubbia benedizione di potenti
creature immortali la cui natura sarà pesantemente legata anche ai
dungeon in cui gli avventurieri si muoveranno.
Riuscirò a completare questo mio progetto, decisamente molto
ambizioso e ancor di più per qualcuno come me, che di tempo libero
non ne ha poi tanto ma che sguazza nella pigrizia? Non lo so, ma so
che ci proverò.
ottimo :)
RispondiEliminami ero perso il manifesto del gioco
Grazie. :)
EliminaRispetto al manifesto qualcosa (la creazione degli oggetti) è un po' cambiata, ma altri aspetti come vedi ci sono sempre, e gli Arconti c'erano già da allora. :)
ma poi sei andato avanti?
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