Dopo quasi tre mesi, mi decido nuovamente a pubblicare degli haiku sul blog.
In realtà, più che non aver pubblicato poesie, in questi mesi non ne ho proprio scritto nessuna. Quello trascorso non è stato un periodo molto tranquillo, decisamente no; e la cosa non ha fatto esattamente bene alla mia vena poetica: fra fisime, delusioni, depressioni e lutti in famiglia i versi sono passati non dico in secondo, ma forse anche in quinto o sesto piano.
Questi tre haiku, di fatto, sono le prime poesie che ho scritto nel 2013. Ho deciso di pubblicarle oggi, assieme all'altro post, perché mi sono deciso a cambiare un aspetto fondamentale del modo in cui aggiorno il blog: in passato cercavo di darmi delle date fisse, il che mi ha portato spesso a bloccarmi o a pubblicare boiate tirate via pur di rispettare una supposta scaletta; ora, invece, pubblicherò quel che avrò quando l'avrò pronto. Il che vuol dire pubblicare le poesie non appena sono pronte.
E questo ci porta agli haiku di oggi. Come è mia abitudine (sempre sia lode al cellulare con tastiera qwerty!) li ho scritti in pullman, ispirato da alcune sensazioni o immagini.
Il primo mi è stato ispirato da uno scorcio del porto di Cagliari, una visione del cielo che filtrava fra le nubi cariche di pioggia.
Il secondo, invece, è nato da una delle tante situazioni di vita quotidiana, quegli istanti che si concludono in se stessi e che forse sarebbero potuti, chi lo sa, diventare qualcosa di più. Il che è un modo altisonante, pomposo e nobilitante per dire che oggi ho tenuto aperte le portiere del pullman per far salire una ragazza straniera; lei mi ha ringraziato, e l'abbiamo finita per fare il viaggio seduti su posti affiancati. La tipica situazione che in un romanzetto o in un film porterebbe a chissà cosa, ma che nella vita reale si spegne in se stessa.
Infine, il terzo haiku è scritto ripensando alla giornata di ieri: si dice che marzo sia un mese "pazzo", e il passare da un freddo quasi invernale al caldo primaverile ieri è stata una sorpresa decisamente poco gradita per quanti erano vestiti in "modalità inverno". Come a dire che anche qualche goccia di sudore è degna della poesia; o, forse, che la mia poesia non vale più del sudore stesso.
In realtà, più che non aver pubblicato poesie, in questi mesi non ne ho proprio scritto nessuna. Quello trascorso non è stato un periodo molto tranquillo, decisamente no; e la cosa non ha fatto esattamente bene alla mia vena poetica: fra fisime, delusioni, depressioni e lutti in famiglia i versi sono passati non dico in secondo, ma forse anche in quinto o sesto piano.
Questi tre haiku, di fatto, sono le prime poesie che ho scritto nel 2013. Ho deciso di pubblicarle oggi, assieme all'altro post, perché mi sono deciso a cambiare un aspetto fondamentale del modo in cui aggiorno il blog: in passato cercavo di darmi delle date fisse, il che mi ha portato spesso a bloccarmi o a pubblicare boiate tirate via pur di rispettare una supposta scaletta; ora, invece, pubblicherò quel che avrò quando l'avrò pronto. Il che vuol dire pubblicare le poesie non appena sono pronte.
E questo ci porta agli haiku di oggi. Come è mia abitudine (sempre sia lode al cellulare con tastiera qwerty!) li ho scritti in pullman, ispirato da alcune sensazioni o immagini.
Il primo mi è stato ispirato da uno scorcio del porto di Cagliari, una visione del cielo che filtrava fra le nubi cariche di pioggia.
Il secondo, invece, è nato da una delle tante situazioni di vita quotidiana, quegli istanti che si concludono in se stessi e che forse sarebbero potuti, chi lo sa, diventare qualcosa di più. Il che è un modo altisonante, pomposo e nobilitante per dire che oggi ho tenuto aperte le portiere del pullman per far salire una ragazza straniera; lei mi ha ringraziato, e l'abbiamo finita per fare il viaggio seduti su posti affiancati. La tipica situazione che in un romanzetto o in un film porterebbe a chissà cosa, ma che nella vita reale si spegne in se stessa.
Infine, il terzo haiku è scritto ripensando alla giornata di ieri: si dice che marzo sia un mese "pazzo", e il passare da un freddo quasi invernale al caldo primaverile ieri è stata una sorpresa decisamente poco gradita per quanti erano vestiti in "modalità inverno". Come a dire che anche qualche goccia di sudore è degna della poesia; o, forse, che la mia poesia non vale più del sudore stesso.
Il grigio, il bianco,
E l'azzurro velato.
Eccoti, marzo.
Solo una breve
Gentilezza, un sorriso.
Vite sfiorate.
Cala, furtivo,
Questo abbraccio di sole
Stritola il fiato.
questo
RispondiEliminaSolo una breve
Gentilezza, un sorriso.
Vite sfiorate.
mi è piaciuto molto :)
Grazie. E' stato quell'episodio che mi ha spinto a scrivere qualche nuovo verso, mi fa piacere essere riuscito a renderlo così bene.
Eliminacome sensazioni mi ricorda un po' "le passanti" di de andrè (traduzione della canzone francese ecc ecc)
Eliminahttp://www.youtube.com/watch?v=XFT29VuKLkw
Faber è *decisamente* una delle mie fonti di ispirazione principali. ;)
RispondiElimina^____^
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