Conoscere il passato è uno dei pochi modi concreti per poter fare previsioni non troppo azzardate sul futuro.
Ma intuire il futuro senza poterlo cambiare è una delle cose peggiori, ed è la condanna dello storico; è stata la condanna di chi ha visto le varie dittature nascere seguendo gli stessi passi delle tirannidi passate, è stata la condanna di chi ha visto guerre pretestuose dichiarate in nome di qualche ideale scoppiare ancora una volta a secoli e millenni di distanza dalle prime del loro genere, e in un certo senso è la "condanna" che, da classicista, in questo momento sento essere in parte mia.
Chi studia la storia della Grecia classica si imbatte in tutta una serie di figure demagogiche. Il demagogo è "animale democratico", e dunque tende a scomparire come figura in tutti quei regimi nei quali le masse popolari hanno poca voce in capitolo sulla gestione della cosa comune. Ma l'Atene classica ci offre fin troppi esempi di individui deprecabili che hanno manovrato l'opinione pubblica, debilitando lo stato, mentre venivano incensati e osannati dal popolo, quello stesso popolo che riducevano alla fame.
Il demagogo è un retore, e un retore "scomposto", gesticolante: la sua arma retorica più forte è quella di non porsi come un retore, ma come uomo della strada sul quale il vero uomo della strada può fare affidamento. Il demagogo è l'uomo che esaspera il dibattito politico trasformandolo in conflitto aperto. Il demagogo prende le persone per lo stomaco, non per il cervello; il demagogo è un populista, e uno dei peggiori.
E il demagogo, purtroppo, sembra essere il sogno erotico-politico degli Italiani, l'uomo dal quale nel più intimo del loro cuore desiderano essere messi a 90° e riceverlo fra le chiappe.
Giovenale, ultimo grande autore satirico latino, scrisse che era l'indignazione stessa a comporre i suoi versi. E in questa situazione io sono parecchio indignato.
Vedo la gente pendere dalle labbra dell'ennesimo capopopolo, un retore consumato che fa leva sul ventre molle delle persone, persone che spesso lo incensano come in Italia, paese tendente al bigottismo cattolico, avevo pur a malincuore accettato di vedere incensate quantomeno solo le persone divine e i santi vari. Il bigottismo politico è molto più pericoloso: un bigotto religioso mi infastidisce, ma a meno che non sia un folle non mi provoca danni; un bigotto politico che vota senza pensare autonomamente, ma perché ipse dixit, invece, danneggia anche me col suo voto.
Sono vissuto nell'era di un demagogo, un demagogo che ora sembra avviarsi verso l'uscita di scena.
Ma, a quanto pare, il ricambio è già pronto. E in questo semplice cambio di santino c'è chi vede la nascita di una coscienza politica di massa, come se seguire in maniera acritica i dettami di questo o quello fosse veramente un gesto coscienzioso.
L'indignazione è troppa. Ed è così che è nata questa poesia, una vera e propria satira, e anche bella lunghetta. Forse pubblicarla è un passo azzardato, perché per la prima volta prendo direttamente posizione, e prendo posizione contro l'andazzo generale di quella che sembra essere la nuova moda del momento, ma in certi casi contenersi è impossibile.
Chissà se riceverò fior di critiche, o se semplicemente verrò ignorato. E chissà se quanti ce l'avranno con me avranno anche la costanza di leggere fino in fondo, capendo che il mio vero bersaglio satirico non è il demagogo di oggi, non quello di ieri, non quello di domani, ma semplicemente il popolo di imbelli che sente il bisogno di affidarsi alle cure di un demagogo.
Ma intuire il futuro senza poterlo cambiare è una delle cose peggiori, ed è la condanna dello storico; è stata la condanna di chi ha visto le varie dittature nascere seguendo gli stessi passi delle tirannidi passate, è stata la condanna di chi ha visto guerre pretestuose dichiarate in nome di qualche ideale scoppiare ancora una volta a secoli e millenni di distanza dalle prime del loro genere, e in un certo senso è la "condanna" che, da classicista, in questo momento sento essere in parte mia.
Chi studia la storia della Grecia classica si imbatte in tutta una serie di figure demagogiche. Il demagogo è "animale democratico", e dunque tende a scomparire come figura in tutti quei regimi nei quali le masse popolari hanno poca voce in capitolo sulla gestione della cosa comune. Ma l'Atene classica ci offre fin troppi esempi di individui deprecabili che hanno manovrato l'opinione pubblica, debilitando lo stato, mentre venivano incensati e osannati dal popolo, quello stesso popolo che riducevano alla fame.
Il demagogo è un retore, e un retore "scomposto", gesticolante: la sua arma retorica più forte è quella di non porsi come un retore, ma come uomo della strada sul quale il vero uomo della strada può fare affidamento. Il demagogo è l'uomo che esaspera il dibattito politico trasformandolo in conflitto aperto. Il demagogo prende le persone per lo stomaco, non per il cervello; il demagogo è un populista, e uno dei peggiori.
E il demagogo, purtroppo, sembra essere il sogno erotico-politico degli Italiani, l'uomo dal quale nel più intimo del loro cuore desiderano essere messi a 90° e riceverlo fra le chiappe.
Giovenale, ultimo grande autore satirico latino, scrisse che era l'indignazione stessa a comporre i suoi versi. E in questa situazione io sono parecchio indignato.
Vedo la gente pendere dalle labbra dell'ennesimo capopopolo, un retore consumato che fa leva sul ventre molle delle persone, persone che spesso lo incensano come in Italia, paese tendente al bigottismo cattolico, avevo pur a malincuore accettato di vedere incensate quantomeno solo le persone divine e i santi vari. Il bigottismo politico è molto più pericoloso: un bigotto religioso mi infastidisce, ma a meno che non sia un folle non mi provoca danni; un bigotto politico che vota senza pensare autonomamente, ma perché ipse dixit, invece, danneggia anche me col suo voto.
Sono vissuto nell'era di un demagogo, un demagogo che ora sembra avviarsi verso l'uscita di scena.
Ma, a quanto pare, il ricambio è già pronto. E in questo semplice cambio di santino c'è chi vede la nascita di una coscienza politica di massa, come se seguire in maniera acritica i dettami di questo o quello fosse veramente un gesto coscienzioso.
L'indignazione è troppa. Ed è così che è nata questa poesia, una vera e propria satira, e anche bella lunghetta. Forse pubblicarla è un passo azzardato, perché per la prima volta prendo direttamente posizione, e prendo posizione contro l'andazzo generale di quella che sembra essere la nuova moda del momento, ma in certi casi contenersi è impossibile.
Chissà se riceverò fior di critiche, o se semplicemente verrò ignorato. E chissà se quanti ce l'avranno con me avranno anche la costanza di leggere fino in fondo, capendo che il mio vero bersaglio satirico non è il demagogo di oggi, non quello di ieri, non quello di domani, ma semplicemente il popolo di imbelli che sente il bisogno di affidarsi alle cure di un demagogo.
Quindi mi tocca di viverci assieme,
Destino balordo,
Spalla con spalla e testicolo a palla,
Assieme a quei gonzi
Pronti a staccare la spina del cranio,
Spegnendo il cervello,
Ogniqualvolta qualcuno che gridi
Più forte degli altri
Faccia promesse d'impegni fumosi
Sparando vaccate?
Poco mi cambia che questo galletto
Vociante e scomposto
Parli dal video privato od impieghi
La rete: se faccio
Qualche rapina di giorno piuttosto
Che al buio, son forse
Meno ladrone? Ma certo qualcuno
Direbbe che fare
Furti di giorno denota un agire
Sincero e corretto,
Quasi che sono un onesto grand'uomo
- Mi basta pagarlo, o
Pure mi basta che parli un idiota.
Difatti oggigiorno
Sembra sia facile, e molto, trovare un
Idiota disposto a
Fare di te che cazzoli alla grande
Il proprio profeta.
Molti si incazzano, ed hanno ragione,
Son primo fra tutti
Quando si parla dell'ira indignata,
Di quella che spinge a
Grida sdegnate, ma voi, veramente,
Sapete soltanto
Fare da antenne per quello che dice
Quell'uno o quest'altro!
Ditemi, avete un cervello, un pensiero
Da voi ragionato,
Senza che qualche santone del bene
Comune piantasse il
Proprio semino nel vostro cranietto,
Fottendovi tutto,
Piedi e capoccia, passando dal culo?
Vi basta soltanto
Parli insultando i politici d'oggi,
Che levi a vessillo il
Medio, che dica “son ladri”, “dobbiamo
Mandarli affanculo”, ed
Altre bordate ben note, per farne
Il guru del vostro
Porre crocette e votare! In che cosa
Sarebbe diverso
Questo da quello che un tempo diceva
Le stesse parole, ed
Ora s'ingrassa coi soldi statali,
Pagando diplomi,
Lauree e viaggetti a parenti ed amici?
Ma certo in passato
Molti di voi gli correvano dietro,
E gli davano il voto.
Siete davvero costanti, se sempre
Sbagliate alla stessa
Vecchia maniera! Non dubito sembri
Diverso, per ora,
Ovvio, ma senza governo e potere
Nessuno ne abusa!
Questo, mi dite, non conta: difatti,
Sostiene il coretto,
Egli non s'è candidato, non posso,
Mi dite, chiamarlo,
Dunque, politico. Spero scherziate!
Non sono, difatti, i
Soli politici quelli che “scendon
In campo”: chi detta
Linee d'azione, propone un loghetto
Mettendoci il nome,
Parla di bene comune e di leggi
Da fare e votare,
Questo, mi dite, dovrei non chiamarlo
Politico? E dunque
Quanti son capi di mafie, padrini ed
Affini, che stanno a
Casa in poltrona e comandano agli altri
Le linee d'azione
Senza sparare né fare minacce,
Direste che questi
Qui, sciagurati, non sono mafiosi?
Ma spero scherziate,
Via, per davvero: gli eredi di tanto
Ben celebri e noti
Santi e poeti e scienziati e falsari
Non possono adesso
Credere a tali boiate. Vogliamo,
Fra l'altro, parlare un
Poco di quanto propone il maestro
Del “cazzo” e del “vaffa”?
Oltre alle cose scontate, che senti
Perfino dai muri,
Tanto son dette e ridette e volute
Da tutti, che cosa
Dice di saggio quest'uomo? Vi siete
Scordati di quando
Egli parlava dei sacri confini
di Patria, del sangue
Puro di Italiche genti, di come
Dovesse il paese
Chiuder le porte a chi viene dal mare?
L'avete scordato? O
Pure per voi tali cose non son da
Razzista, ma sante,
Vere e ricolme del vostro fascismo
Perbene? La mafia,
Ditemi, pure per voi non sarebbe
Spietata assassina,
Piaga d'Italia? L'ha detto quel vostro
Santone. E che dire
Poi della balla che lava, o di come il
Computer, strumento
Tramite il quale il potere controlla
Le masse, di colpo
Sia diventato per lui democrati-
Co, e pure per voi, ma
Solo da quando anche lui se ne serve
Per fare opinione?
Sì, lo conosco quel mantra che avete
Stampato nel cranio:
“Uno vale uno”. Ma allora perché vi
Levate in difesa,
Quali crociati ricolmi di zelo,
Appena qualcuno,
Spesso indignato per quello che dice
Parlando a sproloqui, un
Poco lo critica quando lui sbraita e
Proclama cazzate?
Basta talvolta soltanto astenersi
Dal tessergli lodi
Piene e totali, ed eleison e gloria,
Per farvi balzare
Ritti ed irsuti nel pelo, le bave
Schiumanti alla bocca,
Pronti a rispondere colpo su colpo a
Le ingiurie supposte,
Quasi che foste le guardie del papa
Compatte in falange
Quando di mezzo alla folla qualcuno
Gli spara o bestemmia
Contro. Credete che tutti, se sono
Ben poco propensi a
Fare l'inchino all'ennesimo dono
Del fato, al grilletto
Moscio che spara le stesse bordate
Da gran demagogo
Viste e riviste anche in salsa piccante,
Per questo credete
Siano dei servi di qualche partito? E
Davvero credete il
Vostro non sia per davvero un partito?
Sapete, anche il mulo
Spesso è convinto di andare lontano,
Girando la mola,
Quando non vede nient'altro che quello
Che vuole il padrone.
Forse ho capito: v'ha detto per caso
Qualcuno che quelle
Vostre appendici asinine sul capo
Vi rendono scaltri,
Popolo ricco e sovrano di pari al
Re Mida? Chissà. Se
Voi veramente volete cambiare
Qualcosa in Italia,
Fatelo subito, adesso: iniziate
Mandando affanculo
Quello che manda i profeti ed i capi a
Sturarsi le chiappe,
Dategli un cappio alla forca mordace
Da lui costruita.
Fatelo: in molti verranno alle vostre
Bandiere, vedendole
Libere e schiette. Ma temo che invece
Nell'intimo vostro
Voi non vogliate decidere nulla
Da soli: cercate
Sempre, da sempre, un dorato bugiardo
Che parli di miele
Mentre vi incula, e per quello,
Se quello lo vuole,
Siete disposti ad urlare che il sole
Non brilla, a chiamare
Fresco profumo la puzza di merda.
Vi basta soltanto
Offra certezze: che importa del vero e
Del falso, purché si
Mostri sicuro il profeta che parla?
Pensavo sepolto
L'ultimo re demagogo d'Italia,
Sepolto nel fango
Dove soleva danzar. Mi sbagliavo,
Italiche genti:
Subito avete trovato d'un altro
Sovrano allettante il
Comodo verbo. Tenetelo stretto, e
Chinate la testa
Verso il suo giogo per asini e porci:
L'avete voluto. E
Quando l'avrete deposto, capendo il
Marciume che dice, un
Altro profeta verrà, lo farete
Signore e padrone.
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