Non c'è molto da aggiungere, se non che sciaguratamente la situazione è tale per cui poco mi riesca di fare, anche sul versante "cose pubblicabili sul blog".
Qualche notte fa, preso da un ghiribizzo di insondabile rimbecillimento notturno (ogni idea, di notte tarda, è ottima; non fosse altro che perché ti ci dedichi anziché dormire, e deve per forza essere buona), ho messo mano a un quaderno ricevuto in regalo per la laurea, un quaderno che per anni non avevo praticamente toccato. E ho preso anche una penna nuova, intenzionato ad associarli come mezzi per una espressione scrittoria che, avendo un qualcosa di "dedicato", sembrasse ai miei occhi qualcosina di più.
Qualche notte fa, preso da un ghiribizzo di insondabile rimbecillimento notturno (ogni idea, di notte tarda, è ottima; non fosse altro che perché ti ci dedichi anziché dormire, e deve per forza essere buona), ho messo mano a un quaderno ricevuto in regalo per la laurea, un quaderno che per anni non avevo praticamente toccato. E ho preso anche una penna nuova, intenzionato ad associarli come mezzi per una espressione scrittoria che, avendo un qualcosa di "dedicato", sembrasse ai miei occhi qualcosina di più.
Perché sì: se un tempo condividevo e usavo per inorgoglirmi qualsiasi vaccata scrivessi, ora come ora è altissimo il numero di parole e versi che scrivo e cestino.
Le riflessioni che ne sono nate, tuttavia, più che sulla scrittura di per se stessa si soffermavano sul supporto usato...
(specialmente perché era l'una del mattino quando ho preso in mano la penna, ecco)
(specialmente perché era l'una del mattino quando ho preso in mano la penna, ecco)
Che cosa, in questi due
anni? Polvere, nient'altro che polvere, quel modo un po' ambiguo in
cui preserviamo le cose importanti condannandole a una lenta
morte-in-vita, giudicandole troppo preziose per ricevere il modesto
onore del loro uso destinato.
L'uso, appunto: ha scopo
ciò che non viene usato, se tutto in esso è finalizzato all'uso?
Non è forse questo male inteso onore il modo più alto per privare
di importanza un oggetto?
Interrogativi, e menzogne
a me stesso. Perché non un mal riposto senso di rispetto, non una
sconfinata ammirazione mi hanno spinto – ti hanno spinto, quaderno
– verso questo baratro di risibile soprammobileria – è una
parola? Ora lo è.
È stato il ricordo di
cui è portatore, la persona a cui è associato, a destinare
l'oggetto alla solitudine di una mensola.
Keepsake, una parola
molto più adeguata del suo corrispettivo nostrano. Keep sake, for
sake's sake – e non sono del tutto persuaso che sia un caso se ciò suona come un'ode a un alcolico.
Può un dono divenire
autonomo rispetto al donatore? Può un quaderno non nuovo ma come
nuovo tenuto, intonso ancora – o quasi, c'è la tua firma dopotutto
–, può una penna nuova che fino ad oggi si incupiva nel cassetto
in preda all'inutilizzo, possono essi segnare un punto di svolta in
una china fatta di parole scritte e cancellate subito dopo,
vergognandosi talvolta di averle anche solo concepite?
Se fossi una persona differente, se non avessi reti sinaptiche di ricordi concatenati che mi inchiodano come un tonno da mattanza, questo sarebbe solo un quaderno. Un quaderno con una carta molto buona, un quaderno dalla copertina rigida forse appena un po' pacchiana, ma di quel pacchiano tutto sommato piacevole a vedersi.
E invece, invece no.
Perché sono quel che sono, perché sento ora il verso di una
cornacchia e di colpo è tutti i versi di tutte le cornacchie che ho
ascoltato e visto da che ho memoria, è tutte le sensazioni che ho
provato in tutti quei momenti, è tutti i ricordi di tutte quelle
esperienze legate all'idea di “cornacchia”.
Perciò no, questo
quaderno non è solo – né, forse, potrà mai essere – un
quaderno.
Riflessione contorta, ma chiara nella sua essenza e, perchè no? nella sua amarezza.
RispondiEliminaGrazie. Verissimo, sono molto contorto nei ragionamenti e ancor di più lo sono alle ore in cui ho scritto la riflessione (per quanto poi l'abbia riaggiustata in molti punti).
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